Scusate il ritardo, come diceva Massimo Troisi: la serie in sei episodi, Antonia diretta da Chiara Malta, è in onda su Amazon Prime dal 4 marzo. Ne parliamo oggi a beneficio di coloro che non l’avessero ancora intercettata sui piccoli schermi: fatelo il prima possibile.
Antonia racconta le vicende della sua protagonista, ricalcata sulla falsariga dell’attrice che la interpreta: Chiara Martegiani, che prima d’ora colpevolmente non conoscevo. O meglio, la conoscevo in quanto “compagna di Valerio Mastandrea”, di cui nel 2018 aveva interpretato il debutto da regista, Ride. Ne sono rimasto folgorato: interpreta una donna risoluta e fragile, che fatica a fare i conti coi fantasmi del suo passato, e col rimosso della sua psiche; opponendo a ogni tentativo di catarsi un pragmatismo prosaico e ostile, piuttosto bellicoso. Una credibile figlia dei nostri tempi, che incarna tutte le responsabilità, le nevrosi e le fragilità che la sostanziale compiutezza del processo di emancipazione del genere al quale appartiene le attribuisce. Il tutto complicato da quella fase cruciale della vita – ha da poco superato i 30 anni – in cui deve decidere se essere “pollo o gallina”, come suggerisce un’indovinata allegoria del film; ovvero se accettare fuor di metafora la sfida della maternità.
Nel suo caso poi (ed è questo l’innesco narrativo dell’opera, il primo decisivo punto di svolta) il coefficiente di difficoltà di questa scelta decisiva, che produce una crisi di coppia col suo compagno, è elevato a dismisura dalla scoperta di soffrire di endometriosi, una malattia cronica invalidante; che potrebbe essere superata – così per lo meno le spiega il suo ginecologo – diventando mamma adesso, oppure stimolando una menopausa indotta rinunciandoci per sempre. Pollo o gallina, appunto. Gallina che appare in scena in carne e piume, ritornando nel corso del plot ad assediare la vita di Antonia come un’ossessione ricorrente, simbolo freudiano, allegoria del perturbante, che rimanda a quel rimosso col quale prima o poi occorrerà fare i conti.
Questa è la fabula, che sarebbe già pregnante così come viene esposta; anche perché utile a rappresentare in maniera non istericamente ideologica l’attuale “guerra dei sessi”. In cui troviamo un Mastandrea eccezionale, capace di suonare in sottrazione le corde dell’understatement caratteriale; disegnando un maschio tollerante, lontano anni luce dal modello patriarcale oggetto delle plausibili critiche del neo-femminismo (il modello del citato Troisi sembra esser stato qui consapevolmente considerato).
Ma ciò che fa di Antonia una serie a mio parere eccezionale è che tale fabula è ricavata in maniera quasi speculare dalla vera vita della Martegiani: come Chiara, Antonia è un’attrice in crisi di identità cui viene diagnosticata quella malattia in ragione della quale forse deciderà di avere un figlio col compagno con cui condivide una relazione tempestosa e che – come detto – è proprio lo stesso Mastandrea. Nella realtà la coppia ha avuto Ercole nel 2021, quando la Martegiani aveva 33 anni; e proprio come nella serie, l’attore romano ha un altro figlio avuto da una precedente relazione. Una successione di coincidenze speculari che conferisce alla serie una intrinseca cifra metalinguistica, foriera di spunti creativi felicissimi, di fronte ai quali non si riesce a restare indifferenti. Per chi scrive il riferimento è ovviamente all’opera di Nanni Moretti, che ha edificato la sua poetica – capace di rappresentare e influenzare almeno un paio di generazioni – ricavandola dalla propria biografia.
Dunque, Antonia è Chiara, o almeno il frutto di un’elaborazione narrativa della sua persona: una presenza scenica formidabile. Lo sguardo ficcante che buca lo schermo, declinando una gamma amplissima di sentimenti, che va dalla rabbia alla vulnerabilità. Una furia iconoclasta e autolesionista, che pare ricalcare certe eroine punk come Siouxsie Sioux dei “Siouxsie and the Banshees” e PJ Harvey (o forse solo la citazione che ne fa la Thony in Tutti i santi giorni di Paolo Virzì, guarda caso un’altra Antonia). Un andamento erratico e dinoccolato che la fa assomigliare alla goffaggine poetica di icone mitiche come Charlot o Monsieur Hulot. Una miscela micidiale di autenticità realistica e rielaborazione fantastica che faticheremo a dimenticare.
Menzione speciale, da tale punto di vista, la meritano le due sceneggiatrici che hanno aiutato la Martegiani a rimettere le mani in questa ribollente materia intima: Elisa Casseri e Carlotta Corradi, due donne colte e sensibili, con un curriculum ricco di esperienze plurime e pluridisciplinari nel campo della narrativa, del teatro, del documentario e ovviamente della serialità. Si deve a loro, e anche alla supervisione artistica del solito Mastandrea, se da un soggetto così spudoratamente autobiografico la serie assurge a vette di narrazione onirica persino surreale; con echi che provengono dal teatro eduardiano, pirandelliano e da un totem ineludibile come 8 e ½ di Federico Fellini.
Sì perché, difronte a una sfida esistenziale così decisiva, Antonia accetta di seguire i percorsi d’indagine interiore più disparati, dalla psicoterapia scuola gestalt allo psicodramma, passando pure per un’esperienza con una sciamana interpretata efficacemente da Giselda Volodi. Percorsi terapeutici che qui diventano straordinari strumenti di messinscena sognante, in cui la protagonista vive episodi di sintomatica visionarietà, durante i quali le capita di interloquire (appunto fellinianamente) con tutti i “personaggi” della sua vita tra cui spicca sua mamma, interpretata da Chiara Caselli, oltre che con la sé stessa bambina. Insomma, in un fertile rapporto tra cinema e psicoanalisi, il setting dell’analista diventa qui set cinematografico, in cui si palesano una serie di figure fantasmatiche provenienti dalla vita di Antonia, a guisa di personaggi in cerca d’autore.
Non solo: grazie a questo stratagemma drammaturgico, la serie diretta da Chiara Malta assume un andamento rapsodico assai peculiare, fitto di flash-back, visioni, esperienze metafisiche e premonizioni. Una narrazione errabonda, che scende negli abissi della psiche scartando continuamente di lato rispetto ai canoni di una normale plot-line. Un gorgo onirico nel quale si finisce per perdere la percezione della centralità cronologica della narrazione, come in un caleidoscopio affastellato di presenze immaginarie o troppo reali (qui il cortocircuito più originale). Una diegesi “in trance”, tra annegamenti in metaforici liquidi amniotici nel triste mare d’inverno di una Rimini da incubo e giulivi tormentoni estivi sixties di Riccardo Del Turco. Un “dramedy”, come si dice oggi, nel quale come nei summenzionati esempi di Troisi e Fellini, non manca l’ironia; che sempre accompagna le svolte più drammatiche della vicenda e stempera opportunamente gli spunti più concettuali, rendendone la fruizione godibilissima.
In onda dal 4 marzo su Prime Video
CREDITS & CAST
Antonia – Regia: Chiara Malta; soggetto e sceneggiatura: Elisa Casseri, Carlotta Corradi, Chiara Martegiani, (supervisore creativo Valerio Mastandrea); fotografia: Luigi Martinucci; montaggio: Natalie Cristiani, Federico Mascolini; musica: Tom Chichester-Clark; scenografia: Elisabetta Zanini; costumi: Marija Tosic; interpreti: Chiara Martegiani, Valerio Mastandrea, Barbara Chichiarelli, Leonardi Lidi, Emanuele Linfatti, Chiara Caselli; produzione: Fidelio e Groenlandia in collaborazione con Prime Video e Rai Fiction; origine: Italia, 2024; durata: 6 episodi da circa 30 minuti; distribuzione: Amazon Prime Video.