Bellaria Film Festival (10 – 14 maggio 2023 ): Le grand Chariot di Philippe Garrel (Film d’Apertura)

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Inizia oggi  10 maggio la 41a edizione del Bellaria Film Festival (10 – 14 maggio 2023) per la direzione artistica di Daniela Persico. Qui il programma della manifestazione  aperta dall’anteprima italiana di Le grand Chariot di Philippe Garrel che alla passata edizione della Berlinale 2023 aveva vinto il Premio per la Regia. Riproponiamo qui la nostra recensione.

È un film che si può tranquillamente definire di famiglia e in famiglia quello che ci ha consegnato Philippe Garrel, tornato al Concorso della Berlinale, a tre anni di distanza dal precedente Le sel des larmes (Il sale delle lacrime, 2020) – mai uscito nelle sale italiane (ma presentato in Rai). Per chi non lo ricordasse Garrel è uno dei grandi registi francesi del periodo della seconda ondata della “Nouvelle Vague” – il suo primo lungometraggio si intitolava Marie pour mémoire e risaliva al lontano 1967 ma dovrà attendere, dopo un decennio di sperimentazione, il 1982 per raggiungere la notorietà con lo struggente e più narrativo L’Enfant secret.

Si diceva di un film altamente familiare, dato che tale componente è estremamente forte, diremmo decisiva, in Le grand Chariot già a partire dal tema che affronta, quello del mondo del teatro dei burattini ai tempi d’oggi. Il padre di Philippe, infatti, Maurice Garrel era un burattinaio della troupe di Gaston Baty e il suo padrino Alain Recoing era il fondatore del “Théâtre aux mains nues” a Parigi. Dunque un’infanzia vissuta e segnata  dal teatro delle marionette.
Ma non è finita dato che bisogna ricordare un altro e altrettanto decisivo aspetto di legami familiari: oltre all’ormai celebre figlio Louis Garrel, nel film recitano anche le altre due figlie, Esther e Léna, mentre sua moglie la regista Caroline Deruas-Garrel – che è entrata nella vita di Philippe dopo suoi dieci anni passati con la cantante Nico – ha scritto il film insieme ad Arlette Langmann e al sommo sceneggiatore francese Jean-Claude Carrière, morto nel febbraio 2021 e con il quale Garrel ha fatto quattro film.

Entriamo però, finalmente, nel merito di che cosa tratta Le grand Chariot: Louis (Louis Garrel), Martha (Esther Garrel) e Lena (Lena Garrel) sono tre fratelli che costituiscono l’ultima generazione di una famiglia di burattinai illuminata dalla passione dal padre e dei suoi testi. Sono dei veri maghi degli spettacoli e delle mani nell’uso delle marionette, ma riescono a malapena a sbarcare il lunario, lavorando soprattutto per amore del loro mestiere o meglio della loro arte scenica. Anche la nonna, una vecchia compagna comunista contribuisce, non solo come sarta ma anche come depositaria di ricordi e saggezza alla vita della troupe. Ma le morti del padre e della nonna (al lei viene tolta la croce sulla bara in onore delle sue convinzioni atee) e gli eventi della vita metteranno a dura prova il desiderio di andare avanti in quel mestiere – tra l’altro ai personaggi già descritti si aggiunge quello dell’inquieto Pieter (Damien Mongin), prima loro aiutante a teatro poi pittore sempre insoddisfatto della suo lavoro sino a sfiorare la pazzia. D’altronde come si dice a un certo punto nel film il tempo di Hans Wurst – il celebre personaggio comico del teatro popolare tedesco, un po’ l’equivalente del nostro Pulcinella – ormai è passato e ci vogliono dei nuovi testi e non più quelli del padre per sopravvivere e andare avanti nell’attuale mondo dello spettacolo che ormai ha intrapreso vie tanto diverse.
Partendo da questo struggente sentimento di tenere viva la memoria di una tipologia d’intrattenimento artistico in lenta via di estinzione – quella appunto del mondo del teatro di marionette (quelle recitate con le mani, non quelle con i fili) – Philippe Garrel torna ad esplorare temi a lui cari (e legati alla sua formazione nella Nouvelle Vague francese) come, innanzitutto, l’amore (personale e per l’arte) con i suoi detour, l’amicizia, i lutti, la natura autodistruttiva e maudit dell’artista ma anche la volontà di andare avanti anche quando tutto sembra perduto.

A tratti tragico, a tratti leggero, insieme tenero e romantico ma anche parecchio nostalgico nei confronti di una epoca diversa d’attuale, quella del seconda metà del Novecento, Le grand Chariot sarà un film che piacerà soprattutto ai nostri lettori più cinefili, quando raggiungerà anche gli schermi italiani.
Non ci è sembrato, a dir la verità, il film più perfetto del regista francese, ad esempio personalmente preferiamo altre sue prove precedenti come, ad esempio, il già ricordato  Le sel des larmes – proprio l’aspetto intimo, autobiografico e personale della storia forse ha costituito un freno psicologico nel raccontare più spassinatamente questa metafora dell’evoluzione dell’arte, che rappresenta anche, al tempo stesso, una riflessione un po’ amara e vagamente nostalgica sull’evoluzione del cinema in sé e per sé, oggi nell’era del mondo digitale.
D’altronde Garrel, lui stesso gran burattinaio di sé, della sua famiglia e del lavoro di cineasta analogico, rivendica con orgoglio questo legame con il passato: il film è girato in pellicola, in 35 mm ed è fotografato dal grande Renato Berta (che lo presenterà alla manifestazione di Bellaria) uno dei grandi maestri della mdp dai tempi della Nouvelle Vague. Come aveva raccontato con ironia alla conferenza stampa del film a Berlino: “io odio tablet, digitale, internet, la rivoluzione di Silicon Valley ecc. sono un uomo low-tech”.
Altamente consigliato a chi si trova su questa lunghezza d’onda.

 


Le grand Chariot Regia: Philippe Garrel; sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Arlette Langmann, Philippe Garrel, Caroline Deruas Peano; fotografia: Renato Berta;  montaggio: Yann Dedet; musica: Jean-Louis Aubert;  interpreti: Louis Garrel (Louis), Damien Mongin (Pieter), Esther Garrel (Martha), Lena Garrel (Lena), Francine Bergé (la nonna), Aurélien Recoing (il padre),Mathilde Weil (Hélène), Asma Messaoudene (Laure); produzione: Edouard Weil, Laurine Pelassy per Rectangle Productions; origine: Francia/Svizzera, 2023; durata: 95 minuti.

 

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