La cultura giapponese ha una predisposizione naturale all’ordine che per il capitalismo si è rivelata terreno fertile. Inaspettatamente? La stessa società che si veste di bianco per la morte è anche quella che ha nella ricerca della perfezione uno dei suoi capisaldi. I treni arrivano in perfetto orario. I giardini sono curati alla giapponese, appunto al millimetro. Le persone possono scegliere di morire a 75 anni per evitare di essere un peso sociale. Quest’ultima, almeno, nel Giappone quotidiano e geometrico di Chie Hayakawa. Plan 75 ci porta in un Giappone distopico nel quale il valore economico dell’individuo supera quello morale: lo si racconta con placidità, simile nei tempi al documentario, cioè osservando piuttosto che narrando, e con una ricerca della luce del sole che fa narrazione. Alla fine questo mondo nuovo risulta credibile, e a noi tanto vicino, che si guardi al passato, che si guardi al futuro.
Sfocatura sullo sfondo, un fucile in primo piano. Un uomo ha appena fatto una strage in una casa di riposo perché la quantità di vecchi e il calo delle nascite piaga il Giappone. Il Welfare è al collasso. Il Governo cerca di metterci una pezza con il “Plan75”: chiunque abbia raggiunto i 75 anni può chiedere l’eutanasia gratuita e legale, in cambio una somma di denaro da spendere prima della morte. C’è chi è ben felice di scegliere il finale della propria vita, c’è chi lo è meno ma è comunque costretto: Michi (Chieko Baishô) non trova lavoro e nessuno pare disposto a darglielo per l’età, così il Plan75 pare l’unica opzione, ma dall’altra parte della cornetta del numero di assistenza c’è una voce gentile. E umana. Hiromu (Hayato Isomura) è invece un impiegato del programma governativo capace di fare il suo lavoro. Un giorno lo contatta un uomo per accedere al Plan75 e l’uomo è suo zio. Maria (Stefanie Arianne) lavora come infermiera e riceve un’offerta per un nuovo lavoro. La pagheranno il doppio, però i pazienti tra le sue mani non saranno più vivi.
Ordine e ricerca della perfezione, è vero, ma anche tanto tatto. La capacità di gestire il materiale umano senza strappi o sforzi, ma anzi, prendendosi il tempo e il ritmo perché sia la straordinarietà della quotidianità a essere registrata e non lo straordinario nella quotidianità. Chie Hayakawa si rifà al maestro Kore’eda e ci parla di un Giappone periferico che è fatto di interni ed esterni opachi nei quali il sole quando splende rivolta le giornate. La luce stessa è così ricercata dall’inizio fino alla fine, tanto nella luminosità quanto nel calore che può dare. A creare lastre a raggi x di corpi prossimi alla fine, voluta o meno. Alla spontaneità degli elementi fa contrasto la geometria delle inquadrature di un Paese nato quadrato e a cui il capitalismo ha dato la misura dei lati. A scapito dell’umano.
Perché le soluzioni più semplici sono anche quelle più drastiche. È ovvio che se in una società hai più anziani che giovani, e i giovani devono pagare la vita dei primi, allora è togliendo la vita agli anziani che la società torna sana. Ma quale peso ha questa ovvietà, nonché sanità. In un Occidente che sempre più sente sul collo il fiato di se stesso, si scopre ben presto quale sia il difetto di avere una coperta corta chiamata capitalismo che ha una sua logica e che alla mancanza di tessuto non reagisce con l’allungamento dello stesso, e neppure con il taglio ulteriore della coperta, bensì con il taglio definitivo degli arti di chi sotto ci sta.
Chie Hayakawa ci mostra il taglio di questi arti, con metodo e con un ritmo placido. Si prende il suo tempo, a rischio di annoiare nella parte centrale in termini narrativi, mentre in qualità cinematografica parla con un linguaggio fotografico e una registrazione dei singoli dettagli che è lodevole. Bravi gli interpreti, ottima la scenografia e il dosaggio di vita e morte. È dopotutto lì, nel passaggio legalizzato e normalizzato da l’uno stato all’altro, che si gioca l’intero film. Quando la morte diventa parte di un processo e la data di morte fissata, il Governo diventa boia e condivide l’arma con chi giustiziato lo è. Si ha così il tempo di pesare gli ultimi attimi e gli ultimi raggi. Prima che tramonti il sole.
In sala dall’11 maggio.
Plan 75 – regia: Chie Hayakawa; sceneggiatura: Chie Hayakawa; fotografia: Hideho Urata; montaggio: Anne Klotz; musica: Rémi Boubal; interpreti: Chieko Baisho, Hayato Isomura, Stefanie Arianne, Taka Takao, Yumi Kawai, Hisako Ôkata, Kazuyoshi Kushida, Yusaku Mori; produzione: Dongyu Club, Fusee, Happinet Phantom Studios, Loaded Films, Urban Factory, WOWOW; origine: Giappone, Francia, Filippine, 2022; durata: 108’; distribuzione: Tucker Film.