Favoriten è il nome del decimo distretto di Vienna, verso sud, quello vicino alla stazione. Con 200.000 abitanti è il distretto più popoloso della capitale austriaca, ed è quello che presenta una maggior densità di popolazione multietnica o come si dice in tedesco “mit Migrationshintergrund” (“con retroterra migratorio”). In una scuola elementare di Favoriten (il nome deriva dalla Favorita, un castello di caccia degli Absburgo) la grande documentarista austriaca Ruth Beckermann ha ambientato un film che rientra nella categoria di quelli più difficile da farsi, ossia quelli di osservazione di lungo periodo. La regista ha infatti accompagnato una classe elementare per circa due anni e mezzo, dalla seconda alla quarta, fra il 2020 e il 2023, un esperimento filmico non troppo diverso da quello compiuto dalla sua collega bavarese Maria Speth nel mirabile Mr. Bachmann e la sua classe del 2021. Anche qui si tratta di uno straordinario studio pedagogico-antropologico-sociale, se possibile ancora più delicato e complesso perché ne sono protagonisti dei bambini e – sembra incredibile – TUTTI i bambini non sono di madrelingua tedesca, o sono emigrati di seconda generazione o sono neo-emigrati, a un certo punto, addirittura, arriva in classe una ragazzina appena emigrata da uno dei numerosi fronti di guerra che non sa neanche una parola di tedesco. Nessun bambino di madrelingua tedesca, nessun bambino di religione cattolica o protestante (ce ne sono solo un paio di confessione ortodossa), al punto che la visita al Duomo di Santo Stefano con la tipica e imponente iconografia cristiana, col Crocefisso, visto dalla prospettiva di questi bambini abituati alle moschee prive di immagini, appare clamorosamente straniante e perché no anche divertente.
Bisogna dirlo subito: divertente è la parola giusta, Beckermann è stata abilissima a cogliere tutto la straordinaria e involontaria vis comica di questi bambini, la loro naturale dolcezza, ingenuità, anche nei momenti potenzialmente più drammatici (e vi assicuro, ce ne sono, ce ne sarebbero a bizzeffe). Se tutti questi focolai finiscono invece per spegnersi, lo si deve ancora una volta, come nel caso del film citato, a una insegnante che definire straordinaria è dire poco, una donna poco più che trentenne che risponde al nome di Ilkay Idiskut, essa stessa emigrata di seconda generazione, di origine turca, una maestra capace di rassicurare, di scherzare, ma anche di dire le cose come stanno, sia sul piano del profitto che su quella della condotta (giusto per usare due parole antiche), un’Educatrice, con la lettera maiuscola, dotata di capacità maieutiche, in senso stretto, poiché la tecnica alla quale più spesso ricorre per sopire potenziali conflitti è quella di avanzare domande, e attraverso queste istillare dubbi, mettere in discussioni convinzioni consolidate, per lo più ereditate in modo acritico da casa.
Il film è diviso in tre parti, delle quali la seconda (quella corrispondente alla classe terza) è la più lunga, durando quasi un’ora, mentre la prima e la terza durano ciascuno mezz’ora. L’ultimo anno (l’ultima parte) che corrisponde alla quarta elementare è, in Austria come in Germania, particolarmente rilevante e delicata perché, a differenza di ciò che accade in Italia, è in quarta elementare che si decide il futuro dei bambini: se andranno al ginnasio oppure in una scuola professionale, e la decisione (o, più precisamente, il suggerimento) spetta alla maestra, a cui viene conferito un potere immenso nel determinare i futuri destini dei suoi allievi. Ma per i bambini di Favoriten la quarta elementare diventa un momento altamente drammatico perché Ilkay resta incinta e deve andarsene anzitempo in maternità, gettando nello sconforto gli allievi; la scena in cui tutti, senza eccezione, si addossano a lei stringendosi, è straziante, commovente.
Come dicevo poco sopra: il film è a tratti divertentissimo, anche perché, al di là di tutto, le metodologie utilizzate dalla maestra sono divertenti, sono moderne: si gioca (c’è un biliardino in classe!), si canta, si balla. Sarà così anche in Italia? Mah, non saprei, a naso direi proprio di no, ma forse mi sbaglio.
Unico dato sorprendente: se ho contato bene, il primo dei tre anni scolastici scelti da Beckermann era il 2020-2021, e non si scorge, in Favoriten, traccia alcuna della pandemia, mascherine, paura di contatto, per tacere della didattica a distanza, ma non so come siano state gestite le cose con i bambini austriaci.
Fra i moltissimi meriti Favoriten funziona a meraviglia sul piano del ritmo, ma la cosa non stupisce affatto, considerata la qualità dell’autrice, tornata a grandissimi livelli, dopo MUTZENBACHER, anch’esso presente a Berlino nella stessa sezione Encounters (vinse addirittura il premio), che non ci aveva convinto del tutto. Quest’anno il premio Beckermann lo ha ricevuto dalla Giuria Ecumenica. Mi pare il minimo.
Favoriten; regia: Ruth Beckermann; sceneggiatura: Ruth Beckermann, Elisabeth Menasse; fotografia: Johannes Hammel; montaggio: Dieter Pichler; sound design, suono: Andreas Hamza; interprete: Ilkay Idiskut; produzione: Ruth Beckermann Filmproduktion; origine: Austria 2024; durata: 118 minuti.