Chroniques fidèles survenues au siècle dernier à l’hôpital psychiatrique Blida-Joinville, au temps où le Docteur Frantz Fanon était chef de la cinquième division entre 1953 et 1956 di Abdenour Zahzah (Festival di Berlino – Forum)

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Con questo nuovo film di finzione (tranne per alcune sue scene montate nel finale con materiale d’archivio), il regista algerino Abdenour Zahzah ritorna a raccontare gli anni in cui lo psichiatra e grande intellettuale del secolo scorso, Frantz Fanon, fu responsabile di un reparto dell’ospedale (manicomio) della città di Blida, in Algeria, dal 1953 al 1956. Infatti, già nel 2002, Zahzah realizza (in collaborazione con il professore Bachir Ridouh) Frantz Fanon, mémoire d’asile, documentario che si affida sia a riprese dell’epoca sia alle testimonianze raccolte oggi tra storici e addetti ai lavori. Queste sue recenti Chroniques fidèles sono prima di tutto un inno alla vita, alla possibilità di non lasciare soli “i dannati della terra”, di non abbandonarli a sé stessi e alle loro disfunzioni che altro non sono, in termini generali, che gli effetti noti della psicopatologia della vita quotidiana (da Freud in poi). In quello che in particolare fu lo scenario che fa da sfondo all’esperienza di Fanon nell’ospedale, c’è un aspetto che questo lavoro di Zahzah mette fortemente in luce. Proprio attraverso la sua pratica clinica di tutti i giorni con i suoi pazienti, Fanon misurò, rendendosene evidentemente conto, le disuguaglianze e le ingiustizie generate dal colonialismo, che tanto andarono a determinare quelle forme di repressione, di emarginazione, di disumanizzazione, di alienazione socio-politico-culturale nei confronti dei cosiddetti malati e non, in questo caso algerini durante il periodo caldo del protettorato francese. Emergono in tutta la loro modernità i metodi psico-terapeutici di Fanon, così rivoluzionari dato il periodo storico, che ad esempio coinvolgevano nella terapia ospedaliera pazienti e personale infermieristico. Avviò inoltre la stampa di un giornale per la pubblicazione di poesie e contributi diversi a firma dei pazienti stessi, fece allestire un caffè dove poter incontrarsi e confrontare, fece predisporre un campo da calcio e aiutò a far restaurare la moschea.

Ma il film non si risolve nel mostrare il non poco e indaffarato lavoro di Fanon. È nel scene più intime, quelle serali di lui insieme alla moglie mentre cenano a casa da soli e si raccontano lo svolgersi della giornata. In quei loro scambi di idee e ideali, come anche di dubbi e incertezze, che oscillano tra speranze per una società diversa e sconforti originati dalla cruda realtà, dell’ultimo libro letto, del figlio che sta per nascere. È nei primi piani del bravissimo attore Alexandre Desane (Fanon), con quel suo volto come sospeso di fronte l’orrore che trova al suo arrivo nell’ospedale, che si compendia tutto il senso del film. In quei suoi momenti di ricercata solitudine che, se da un lato servono a mettere meglio a fuoco la situazione che lo circonda, dall’altro sembrano un indispensabile raccogliersi prima di riprendere il da farsi. Dolcissime quelle sequenze che vedono Fanon e la moglie aprire le porte di casa loro per ospitare una paziente, Julienne (interpretata dalla bravissima Amal Kateb), che ormai guarita viene come rifiuta dai suoi genitori adottivi. Ecco: distacco e accoglienza. Chi si sente rifiutato, è facilmente destinato a perdersi. Julienne invece, trovando il benvenuto da parte di Fanon è come se ritrovasse il piacere di vivere, è come se s’accorgesse che il mondo la sta aspettando a braccia aperte. Questo mancava a Julienne, e grazie a Fanon lo recupera. Bisogna inoltre dire che quest’opera di Zahzah non rischia neppure di scivolare in una possibile e facile retorica. Termina proprio quando Fanon deciderà di abbracciare la causa della lotta di liberazione, dando domicilio e prendendosi cura di diversi combattenti algerini; e dunque, costretto poi a dimettersi, continuò la lotta unendosi al Fonte di Liberazione Nazionale a Tunisi. Questa non a caso sarà infatti tutt’altra storia. Lasciamo Fanon che con la moglie discute su cosa sia ormai giusto da fare per il futuro. E qui il film s’interrompe, e così partono le immagini d’archivio che riprendono Fanon al lavoro insieme ai pazienti durante i festeggiamenti (per una ricorrenza religiosa, sembra) con tanto di musica dal vivo e banchetti. Molto inteso, questo film, ridà all’animo buon umore; in alcuni passaggi anche commuovente. Assolutamente da vedere.


Chroniques fidèles survenues au siècle dernier à l’hôpital psychiatrique Blida-Joinville, au temps où le Docteur Frantz Fanon était chef de la cinquième division entre 1953 et 1956 – Regiasceneggiatura: Abdenour Zahzah; fotografia: Aurélien Py; montaggio: Abdenour Zahzah, Youcef Abba; scenografia: Maya Mancer; interpreti: Alexandre Desane, Gérard Dubouche, Nicolas Dromard, Omar Boulakirba, Amal Kateb, Catherine Boskowitz, Chahrazad Kracheni, Kader Affak; produzione: Abdenour Zahzah per Atlas Film Production; origine: Algeria/ Francia, 2024; durata: 90 minuti.

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