Una coppia-artistica inossidabile capace di tramandarci un bagaglio culturale enorme il cui messaggio è stato recepito da artisti attori e giovani, compagnie in tutto il mondo capaci di vedere, nei testi di Fo, assonanze e similitudini con la difficile situazione dei loro paesi e con il disagio dei tempi attuali.
Un messaggio trasversale, quello veicolato dal duo Dario Fo- Franca Rame, capace di penetrare nelle coscienze dei più.
Il documentario di Gianluca Rame, presentato in anteprima alla scorsa Festa del Cinema di Roma 2022 (sezione Freestyle) e in onda il 10 marzo alle 21,25 su Rai Tre, è un interessante percorso di novanta minuti in grado di mostrare, attraverso due straordinari esempi artistici extra europei , amalgamati sapientemente con immagini di repertorio e varie interviste, l’eredità immensa lasciata da questa eccezionale coppia artistica.
Attraverso interviste ai due artisti, materiale d’archivio e voci di attori intrecciate a testimonianze di giornalisti (Paolo Mieli e Vincenzo Mollica, tra i tanti), si ripercorrono le tappe non tanto biografiche quanto teatrali e culturali dei due, accentuando la valenza attoriale e drammaturgica di coloro che hanno saputo riportare il teatro nei luoghi dove è nato. Non (o non necessariamente ) in luoghi chiusi e circoscritti, ma nelle piazze, nelle fabbriche, nelle strade, a contatto stretto col popolo allo scopo di essere compresi dai più.
Il loro immenso contributo ha una valenza quindi non solo innovativa da un punto di vista artistico-attoriale, ma un ruolo culturale e politico fondamentale, capace di risvegliare la coscienza dei più in anni molto difficili da un punto di vista sociale e politico, in Italia ma non solo (Fine anni Sessanta – Settanta).
Come si percepisce nel documentario, i due si completano a vicenda e si incastrano perfettamente, da ogni punto di vista. Lui, naturalmente abile nel costruire universi letterali giocando sapientemente con le parole; capace lei, di restituire e trasmettere tutto quell’immenso castello di parole al mondo. Un mondo, il loro, distante da regole e convenzioni comunemente accettate come tali. Un modo di vivere l’arte costantemente in evoluzione con uno sguardo e un’attenzione particolare alle istanze sociali prioritarie e alle richieste dei più deboli e “degli oppressi”.
La coppia Fo-Rame, sempre molto critica in modo costruttivo nei confronti del teatro “borghese” dopo una parentesi nel celebre programma televisivo “Canzonissima”, per la quale il duo arrangia una serie di brevi pezzi sui quali interviene pesantemente la censura, comincia a sperimentare, come anticipato, di esibirsi in luoghi alternativi al teatro, quali piazze, fabbriche, strade: luoghi affollati di un pubblico composto soprattutto dalle classi subalterne alle quali far arrivare il loro messaggio. Insieme per quasi sessant’anni, la coppia condivide con passione quindi, impegno professionale e civile. Lui è l’eclettico artista, il regista del gruppo, lei la prima attrice e la vera militante tra i due.
Nel 1969 Fo porta per la prima volta in scena, con grande successo, Mistero buffo, divenuta poi la sua opera più famosa. Unico attore in scena e abilissimo nell’utilizzo e nel gioco di costrutti verbali, l’attore punta su un’arguta rielaborazione di testi antichi in grammelot, una forma di comunicazione linguistica basata su suoni e azioni mimiche.
Sarcastico , sempre con eleganza e superba ironia, chiamato “Giullare del popolo”, Dario è sì Giullaresco nel senso più antico e popolare del termine, ma a modo suo.
La figura del giullare, nell’immaginario collettivo ha sempre avuto un’accezione burlesca, bassa, buffa. In realtà, il Giullare in epoca medioevale costituiva il medium culturale del tempo, era molto dotto, non si identificava nel popolo, ma trasmetteva al popolo e ai più conoscenza, li istruiva.
Dalla figura dei giullari, Dario Fo eredita proprio il ruolo di mediatore culturale e la capacità di sdrammatizzare ironizzando, anche su aspetti molto seri della realtà. E proprio come il giullare, si muove con una gestualità ben definita e finalizzata a enfatizzare il contenuto delle sue parole. La denuncia sociale, in questo modo, esce allo scoperto attraverso la lingua tagliente e affilata tipica del giullare, appunto. E proprio a tale figura viene dedicato uno dei capitoli centrali di Mistero Buffo. L’autore e attore racconta le origini giullaresche che sono riconducibili al racconto di un povero contadino caduto in rovina che riceve in dono una lingua tagliente in grado di colpire le coscienze dei padroni.
Un’opera, la sua, diffusa in tutto il mondo proprio perché in grado di toccare argomenti, ancora tabù, con intelligenza e con arguzia. Con stile e sarcasmo.
In questo docu-film, Dario Fo, artista eclettico, noto autore, attore e drammaturgo, nell’agosto del 2016, al termine della sua carriera e di fronte a un pubblico immenso sorride, ormai novantenne, quasi come un bambino pensando alla diffusione delle sue opere e alla trasversalità dei suoi testi che tante compagnie in tutto il mondo hanno portato in scena proprio perché ne hanno colto il messaggio in profondità.
A Buenos Aires una compagnia teatrale con Muerte accidental de un ricotero adatta il testo di Morte accidentale di un anarchico e lo ricollega al difficile – e purtroppo non unico-caso di Walter Bulacio, un ragazzo di soli 17 anni assassinato dalla polizia nel 1991.
In Turchia, A Istanbul, la compagnia Teatro Nuova Vita mette in scena in curdo la commedia Clacson, Trombette e Pernacchi, che viene censurata dalle autorità turche con l’accusa di propaganda terroristica. Questi due tentativi di rappresentare le opere di Fo dimostrano ancora come il suo teatro e la loro eredità – come duo artistico – non è tramontata e spaventa ancora, a distanza di anni, il potere e l’autorità.
Parole che vengono mal recepite ancora oggi da chi siede sul trono del potere. Non a caso nel 1997 Fo riceve il Premio Nobel per la letteratura, con la seguente motivazione: seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi.
Un’eredità artistica e culturale capace di riallacciarsi all’attualità mostrandone la vera faccia e che prende la sua forza dal contatto autentico e profondo con la voce popolare.
Dario Fo: l’ultimo Mistero Buffo è un’interessante documentario, originale, ben costruito e articolato, capace di far conoscere e recepire il senso e la profondità dei testi di Fo, la dinamicità e l’impegno artistico, sociale e politico della coppia.
Unico piccolo neo, il titolo: il lavoro di Gianluca Rame ripercorre le tappe del duo artistico e l’impegno militante anche di Franca Rame, oltre a numerose sue interviste, ma il titolo omette, secondo me ingiustamente, il suo nome.
In onda il 10 marzo alle 21,25 su Rai Tre
Dario Fo: l’ultimo Mistero Buffo – Regia: Gianluca Rame; sceneggiatura: Gianluca Rame, Piero D’Onofrio; fotografia: Antonello Sarao; montaggio: Piero Lassandro; musiche: Riccardo Cimino; produzione: Sandro Bartolozzi per Clipper Media, Luce Cinecittà, CTFR, Rai Documentari; origine: Italia, 2022 durata: 90′.