Il Cerchio di Sophie Chiarello

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I bambini si trovano a metà strada tra l’indefinito da cui proveniamo e il definito che diventiamo, esseri umani adulti.

Il documentario di Sophie Chiarello, presentato in Concorso nella sezione Alice nella Città della Festa del Cinema di Roma del 2022, ci conduce attraverso questa trasformazione per capire come mutano i bambini con il trascorrere dei giorni, delle stagioni, degli anni. La regista italo-francese ha realizzato Il Cerchio, suo secondo documentario dopo Ritals, domani me ne vado, e una lunga carriera come aiuto-regista di Salvatores, Venier, Winspeare, K. Rossi Stuart e Piccioni, seguendo per cinque anni gli alunni di una classe elementare dell’Istituto Comprensivo Daniele Manin di Roma dal 2015 al 2020.

Prodotto da Indigo Film e Rai Cinema, il doc ha visto la regista partecipare con cadenza regolare ai “cerchi” organizzati dalla maestra, prassi conosciuta dai pedagoghi, in cui i bambini seduti in tondo si ascoltano e confrontano su temi di ogni genere. Che cos’è l’amore? Chi sono i migranti? Che vuol dire diventare adulti? Chi è Babbo Natale? Cos’è il bullismo? Le risposte ci introducono nel loro mondo, ci raccontano come interpretano la realtà e quale importanza danno alle cose della vita.

Perché le emozioni sono sempre le stesse, quelle di bambini, adulti e anziani, e le fragilità ci accompagnano durante tutta l’esistenza: siamo esseri umani che nascono per amare ed emozionarsi, soffrire e disperarsi. Ma cosa rende diversi i bambini dagli adulti oltre all’inesperienza?

Il sogno e la magia, sembra rispondere il film. I bambini credono che l’impossibile esista. E diventare adulti significa esattamente perdere il contatto con questo mondo fantastico. Non è un caso che Il Cerchio si soffermi sull’importanza di una figura come quella di Babbo Natale, fondamentale per l’immaginario del bambino che non vuole abbandonare la possibilità della sua esistenza, per non dover ammettere che nella realtà la magia non esiste, e per non affrontare il trauma di essere stati ingannati dagli adulti.

Quello di Sophie Chiarello è chiaramente un film di montaggio, il risultato di un lungo lavoro di selezione, realizzato con cura e sensibilità, uno scavo all’interno di una mole considerevole di girato accumulatosi in cinque anni di riprese.

I bambini con le loro osservazioni sulla vita e sul mondo sono capaci di riempire tutto lo spazio narrativo. Il loro stupore e le loro affermazioni sono sempre spiazzanti, proprio in virtù di una sincerità senza filtri: si emozionano per un bacio, pensano di essere immigrati perché provengo da Cassino o cambiano casa ogni anno, sanno che l’amore può renderli tristi “non riuscivo a dire una parola quando ero innamorato, ero completamente depresso”, amano la vita nonostante le difficoltà “anche se sono molto triste mi piace come va la mia vita”, soffrono per la separazione dei propri genitori. I bambini si sentono tutti uguali a prescindere dalla loro religione e parlano di Gesù, il figlio di Dio, che è nato il 25 dicembre, probabilmente perché deciso dai primitivi o dall’homo erectus. I piccoli sdentati della prima elementare si trasformano gradualmente nello spazio temporale del doc e diventano, davanti ai nostri occhi, piccoli adolescenti a cui l’epidemia del Covid nega l’ultimo anno di elementari.

Una classe unita, con molte personalità differenti, un microcosmo che è specchio della nostra società, un esempio di amicizia e integrazione, dove i figli degli immigrati sono accolti alla pari dei figli italiani, esempio di un paese che cambia identità, e in cui la stessa regista, figlia di migranti italiani in Francia, ritrova sé stessa da piccola.

In sala dal 13 febbraio


Il CerchioRegia e sceneggiatura: Sophie Chiarello; montaggio: Andrea Campajola; interpreti: i bambini della sezione B della scuola Daniele Manin di Roma; produzione: Indigo Film, Rai Cinema, Sky Documentaries; origine: Italia 2022; durata: 108 ’; distribuzione: Indigo Film.

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