Ci vogliono pochi minuti per capire il senso del titolo Alpha, terzo film dell’olandese Jan-Willem van Ewijk (nato nel 1970 a Delft), pubblicato esattamente dieci anni dopo il precedente che si intitolava Atlantic. Alpha è da intendersi nell’unico ed esclusivo senso di: maschi alfa, ovvero quella che si è soliti ormai da tempo definire mascolinità tossica. Il titolo fa riferimento ai due protagonisti, padre Gijs e figlio Rein nella finzione, ma gli attori sono padre e figlio anche nella realtà: Gijs Scholten van Aschat e Reinout Scholten van Aschat – stessi nomi di battesimo che vogliono confondere ancor più i piani.
Rein, il figlio, fa l’istruttore di snowboard in Svizzera; si è ritirato in montagna, segnato com’è dalla morte della madre e da ambizioni artistico-professionali d’altro genere, evidentemente non giunte a buon fine. È un personaggio schivo, silenzioso, ha una relazione con una ragazza tedesca, ma non si capisce fino a che punto è una storia impegnativa. Mentre si capisce che la decisione di finire fra i monti della Svizzera è la scelta di dare un taglio alla vita passata, una sorta di eremitaggio. Quasi subito, però, viene a trovarlo Gijs, (non si vedono da mesi), il padre, tutt’altra persona, un attore, innanzitutto, individuo molto comunicativo, socievole, piacione, forse solo col figlio fa fatica ad istituire una relazione funzionante e sana. Le prime scene con loro due sono esemplari per significare l’imbarazzo dei caratteri e soprattutto l’imbarazzo dei corpi. Si comprende che quello a cui assisteremo sarà un nient’affatto semplice (tentativo di) riposizionamento fra i due, forse anche una lotta di potere fra i due maschi Alpha, anche se l’unico maschio Alpha sembrerebbe essere il padre.
Quando l’indomani viene organizzata una gita in alta montagna, il conflitto, ora latente ora esplicito fra i due, si scatena, letteralmente a ogni pie’ sospinto. Il figlio è visibilmente infastidito da questo padre ingombrante che quasi flirta con la sua ragazza, che esibisce un dolore per la moglie morta a cui il figlio non crede neanche per un istante. Ci si chiede come potrà procedere questa lotta e si intuisce piuttosto presto che ci sarà un elemento decisivo e forse un po’ prevedibile, che finirà per rimescolare le carte: la montagna con la sua sublime maestosità, la montagna con la sua sovrana indifferenza, tanto che la lotta un po’ infantile fra i due maschietti assumerà dei contorni tragici, ineluttabili che non riveleremo, anche perché il film, forte del premio Europa Cinema Labels, godrà di distribuzione un po’ dappertutto, e dunque con certezza arriverà anche in Italia.
Insomma: assistiamo a un conflitto psicologico che quasi si trasforma in un apologo metafisico, una dimensione quest’ultima, in cui il regista sembra muoversi molto a proprio agio, sembrando assai più interessato a mostrare tutto quel che sa fare sul piano tecnico (senza preoccuparsi di prendere una deriva chiaramente estetizzante e, a tratti, auto-compiaciuta: primi e primissimi piani, le montagne da ogni possibile punto di vista) che raccontare una storia, che narrare le venature psicologiche di un conflitto. Il carattere filosofico-metafisico del film è ribadito dal sound design e dal soundtrack inquietante e a misticheggiante, oltreché da una voce fuori campo, femminile, che riporta brani di un celebre teorico della cosiddetta mindfullness che risponde al nome di Jon Kabat-Zinn, newyorchese ottantenne, professore emerito della Medical School dell’Università del Massachusets.
Il film è una coproduzione fra i Paesi Bassi e ovviamente la Svizzera (uno spot sensazionale alle splendide montagne svizzere, inutile negarlo), a cui viene ad aggiungersi anche la Slovenia (forse c’è anche qualche montagna slovena?).
Alpha – Regia e sceneggiatura: Jan-Willem van Ewijk; fotografia: Douwe Hennink; montaggio: Sander Vos, Eline Bakker; interpreti: Gijs Scholten van Aschat (Gijs), Reinout Scholten van Aschat (Rein), Pia Amofa (Laura); produzione: BALDR Film, Lomotion, Staragara; origine: Paesi Bassi, Svizzera, Slovenia 2024; durata: 100 minuti.
Photo di Douwe Hennink
la sceneggiatura e’ inverosimile. I tre amici che tornano alla base non danno l’allarme non vedendo arrivare padre e figlio. Ancor di piu’ i soccorittori che non pensano di cercare un documento per capire chi sia il superstite e iniziare la ricerca negli alberghi della zona. L’ospedale dove verra’ ricoverato che sembra uscito da twin peaks. E ha pure vinto un premio.