Festival di Venezia (28 agosto – 7 settembre 2024): Qing Chun: Gui (Youth: Homecoming) di Wang Bing (Concorso)

Unico documentario presentato in Concorso alla Mostra di Venezia, Youth: Homecoming, aggiunge un terzo capitolo alla lunga documentazione Youth del regista cinese Wang Bing, mentre i capitoli precedenti avevano vissuto la loro premiere al Festival di Cannes del 2023 e al più recente Festival di Locarno. Il viaggio di Bing alla scoperta delle fabbriche tessili, situate in gran parte nella regione cinese dello Zhili, vicino alla foce del Fiume Azzurro, lo Yangtse, sembra non aver ancora esaurito le sue possibilità narrative e anzi si arricchisce di nuovi aspetti antropologici. Bing accompagna i suoi ‘protagonisti’ fuori dai laboratori, documenta il loro arduo viaggio di ritorno a casa per le festività del Nuovo Anno cinese, e la permanenza, solitamente in famiglia, che diventa occasione per celebrare matrimoni e festeggiare nascite.

Per quanto Youth: Homecoming ci riconsegni in parte le stesse immagini e la medesima realtà di Youth: Spring e Youth: Hard Times, in questo ultimo capitolo i laboratori si svuotano, gli ultimi rimasti sono i disperati che ancora, dopo sei mesi di lavoro, non hanno ricevuto la paga come succede a Xiao Dong, che senza quei soldi non può pagarsi il viaggio di ritorno. Qualcun altro nell’attesa della partenza si gioca a carte i soldi appena guadagnati. Una coppia ammette che senza il passaggio sul pulmino offerto dalla troupe cinematografica non sarebbe riuscita a tornare al proprio villaggio, nella regione montana dello Yunnan. La pausa festiva invece si rivela l’occasione per Shi Wei e anche per Fang Lingping di sposarsi in seno alle loro famiglie e a tutta la comunità.

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Alle immagini di macchine da cucire ferme e silenziose per i momenti di pausa e di fine giornata si susseguono quelle del lungo viaggio non privo di ostacoli e della preparazione comunitaria del cibo per la festa al villaggio. I volti dei ragazzi sono altri dai capitoli precedenti, eppure, seduti alla macchina da cucire sono quasi uguali; solo i nomi, che appaiono sullo schermo insieme alla loro età e alla regione di provenienza, ci permettono di identificarli come individui. Sono giovani operai che condividono non solo lo stesso lavoro estenuante, ma anche gli stessi anonimi e grigi edifici, vivono della stessa promiscuità, dello stesso caos e luridume diffuso. Ma anche lo stesso destino e le stesse speranze per il futuro. Nonostante le riprese abbraccino un ampio periodo di tempo, pressappoco dal 2014 al 2020, in Youth: Homecoming, i laboratori tessili e gli alloggi appaiono ancora più squallidi e desolati che non nei capitoli precedenti così svuotati della solita frenetica attività e in assenza del brusio meccanico delle cucitrici.

È una generazione senza alternativa quella della Cina di oggi, dove manca un discorso sulla dignità del lavoro operaio e si esiste solo in funzione del prodotto, e per di più per una paga irrisoria. Rimangono impresse le parole ‘finché c’è lavoro c’è vita’ del giovane Xiao Dong, che volontariamente, come gli altri suoi coetanei, si sottomette alla misera realtà operaia esistente, che non offre né prospettive, né sicurezze, non avendone potute sperimentare altre. Della trilogia Youth, il capitolo Homecoming è quindi forse il più amaro di tutti, perché, per quanto scene di matrimonio e di festa rallegrino temporaneamente lo schermo, l’accettazione dello status quo prevale e il ritorno alla fabbrica per il nuovo anno è dato per scontato. Non si patteggia più per un salario migliore come nei capitoli precedenti, ma si rischia addirittura di non venire pagati proprio. Non si lavora per costruirsi la casa, ma si perdono i soldi al gioco d’azzardo.

Wang Bing, fedele alle regole del direct cinema, rimane solitamente neutrale nel registrare gli avvenimenti, ma in questo terzo atto ne cogliamo il respiro e per un momento anche la voce dietro la mdp. Dopotutto sono stati sei lunghi anni di riprese che hanno portato a una produzione totale di ben dieci ore di film: una minima partecipazione emotiva è più che comprensibile.


Qing Chun: Gui (Youth: Homecoming) – regia: Wang Bing; fotografia: Liu Xianhui, Song Yang, Ding Bihan, Shan Xiaohui, Maeda Yoshitaka, Wang Bing; montaggio: Dominique Auvray, Xu Bingyuan; sonoro: Ranko Paukovic; produzione: Gladys Glover Films, House On Fire, CS Production, Gilles Chanial; origine: Francia/ Luxemburgo/ Olanda, 2024; durata: 152 minuti.

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