Il concorso veneziano comincia a risalire, finalmente.
Era più di un decennio, dal 2012, dai tempi dunque della trascrizione cinematografica del celebre romanzo di Jack Kerouac On the Road che non si sentiva più parlare del brasiliano Walter Salles, autore di importanti opere come Central do Brasil (1998) o I diari della motocicletta (2004) sul giovane Ernesto “Che” Guevara. E questa sua partecipazione oggi, per la prima volta, in Concorso alla Mostra di Venezia, segna decisamente la tappa di un nuovo inizio nella sua carriera con Ainda estou aqui, un film non facile a cui ha lavorato per sette anni.
Amico della famiglia del “desaparecido” Rubens Paiva, spinto dalla lettura del volume omonimo pubblicato, nel 2015, dal figlio Marcelo e probabilmente terrorizzato dalla minaccia della presidenza di Jair Bolsonaro (2019-2022) che ha risuscitato i fantasmi dei momenti terribili passati dal Brasile mezzo secolo prima, il regista di Rio de Janeiro, classe 1956, ha deciso di riprendere in mano la macchina da presa. E ha realizzato questo bel film di testimonianza civile che ci riporta ai tempi bui del cosiddetto “regime dei Gorillas” che governò la nazione per un abbondante ventennio, dal 1964 sino al 1985, favorito dal contesto del confronto est-ovest e dai postumi della Guerra fredda.
Siamo a Rio de Janeiro nel 1971: Rubens Paiva (Selton Mello), un ingegnere ed ex deputato laburista, pur costretto a lasciare la politica attiva dal golpe del 1964, resta un critico dichiarato del regime militare. È sposato con Eunice (Fernanda Torres), una donna di casa quasi per nulla interessata agli eventi politici del paese, e nonostante la pericolosa situazione del momento, l’uomo cerca di condurre una vita familiare il più possibile serena soprattutto a vantaggio dei cinque figli della coppia. Un pomeriggio, però, la situazione cambia bruscamente quando degli agenti dei servizi segreti o via di lì, si presentano minacciosi da Rubens, dicendo che deve rispondere a delle domande, e viene portato via non si sa dove. Qualche giorno dopo, anche Eunice subisce la stessa sorte e trascorre dodici giorni in una prigione nella quale viene interrogata. Le viene mostrate un album di fotografie con diversi amici o conoscenti accusati di attività sovversive di sinistra che lei dovrebbe denunziare. Rilasciata dal carcere, la donna vuole scoprire cosa è successo al marito di cui si è persa ogni traccia e così inizia ad intraprendere una ferma e continua battaglia contro il regime. Contemporaneamente Eunice deve occuparsi dei figli ma ciò non le impedisce di continuare la sua lotta per conoscere la tragica verità sulla sorte del marito ma sempre negata dalle autorità ufficiali. La donna si trasforma, nei decenni e nel giro del film, da casalinga apolitica, in un’attivista dei diritti civili ed eroina dei “desaparecidos”, cittadini innocenti che sono stati arrestati, rapiti, torturati e uccisi dalla giunta militare con la scusa di combattere il terrorismo. Sino a riuscire, finalmente, a ritirare il certificato ufficiale di morte di Rubens che le era stato sempre negato.
Ainda estou aqui che significa “Sto ancora qui” – chissà quale sarà il titolo in italiano, dato che non dubitiamo che non verrà preso anche per il nostro paese – racconta e sviluppa le progressive tappe di una presa di coscienza civile di una donna borghese che piano piano si rende conto di quanto possa essere terribile e imperscrutabile la vita. Soprattutto quando sono al potere dei militari che commettono atti atroci, certo numericamente molto inferiori ma altrettanto feroci ed efferati di quelli successivamente compiuti in Cile o in Argentina. Il film di Salles ci ricorda dunque un fatto storico che forse è andato dimenticato e cioè che la giunta militare brasiliana ha costituito un esempio “luminoso” per altri grandi e piccoli paesi latino- americani che hanno replicato tale esperienza (anche, purtroppo, con il sotterraneo aiuto degli americani).
Ma a prescindere da questo piccolo ma importante dettaglio storico, la riuscita di Ainda estou aqui sta soprattutto nella formidabile, commuovente recitazione della protagonista Fernanda Torres, che con la sua splendida performance si è immediatamente candidata alla Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. La sua maiuscola prova – uno sguardo, un sorriso, un dinego, un dolore, tutto passa sul suo volto a tratti imperscrutabile – ci fa dimenticare qualche lungaggine di troppo del film, qualche eccessivo rallentamento di ritmo e un finale (o meglio una serie di finali) un po’ macchinoso che si conclude nel 2014, un anno prima dunque che il figlio Marcelo scriva il libro con la drammatica denunzia della sorte del padre.
Un piccolo dettaglio per la cronaca: nella sequenza finale il ruolo della novantenne Eunice su una sedia a rotelle viene interpretato da Fernanda Montenegro, che è la vera madre di Fernanda Torres ma anche una icona assoluta del “Cinema Novo” e in generale di tutto il cinema brasiliano.
Ainda estou aqui (tit. int. : I’m Still Here) – Regia: Walter Salles; sceneggiatura: Murilo Hauser, Heitor Lorega; fotografia: Adrian Teijido; montaggio: Affonso Gonçalves; musica: Warren Ellis; interpreti: Fernanda Torres (Eunice Paiva), Fernanda Montenegro (Eunice Paiva, da vecchia), Selton Mello (Rubens Paiva), Antonio Saboia (Marcelo Rubens Paiva), Marjorie Estiano, Humberto Carrão, Valentina Herszage (Vera Paiva), Bárbara Luz, Carla Ribas, Dan Stulbach, Maeve Jinkings (Dalva Gasparian); produzione: VideoFilmes (Maria Carlota Bruno), RT Features (Rodrigo Teixeira), MACT Productions (Martine de Clermont-Tonnerre); origine: Brasile/Francia, 2024; durata: 135 minuti.