Il 27 agosto si è tenuta la proiezione speciale dell’opera prima di Emidio Greco L’invenzione di Morel (1974) in pre-apertura alle “Giornata degli Autori”, in occasione del suo 50esimo anniversario. Abbiamo intervistato per l’occasione il figlio Alessandro Greco, regista e soprattutto produttore.
Domanda: Quali sono dunque le tue aspettative riguardo all’evento? Come e quando nasce l’idea di omaggiare Emidio Greco?
Alessandro Greco: L’idea di proiettare all’interno di un grande Festival L’invenzione di Morel nasce dal fatto che quest’anno si conta mezzo secolo dalla Prima a Cannes alla “Quinzaine des Realisateurs”. La possibilità di presentare il film all’interno delle “Giornate” è dovuta al fatto che questa sezione autonoma all’interno della Mostra di Venezia, era stata fondata più di 20 anni da mio padre Emidio con Citto Maselli e Giorgio Gosetti. Io sono entusiasta di questa proiezione in qualità di figlio, soprattutto perché mio padre ne sarebbe molto felice. È il suo primo film e probabilmente quello più importante. Mi fa semplicemente piacere essere presente lì e poter raccontare di mio padre. L’invenzione di Morel è stata talmente importante per me, tanto da nominare la mia società “Morel”.
Com’era il legame di Emidio col Festival di Venezia?
Il legame di Emidio con la Mostra Cinematografica di Venezia risale a quando è stato ospite nel 1992 con Una Storia semplice interpretato da Gian Maria Volontè, Leone D’Oro alla carriera, Gianmarco Tognazzi e un cast d’eccezione. Mi verrebbe da dire che è stato il suo Festival d’elezione. È un luogo in cui si sentiva in casa e dove ha pensato con Maselli e altri di creare le “Giornata degli Autori”.
Quale ritratto di suo padre può restituire ai nostri lettori?
In generale i figli conoscono una sola forma di identità con i propri genitori e per lo più in rapporto agli ultimi capitoli della loro vita. Io ho avuto la possibilità e la fortuna di essere l’aiuto regista in occasione dei suoi ultimi tre lavori. L’ho visto in un altro ruolo rispetto quello di semplice genitore: l’ho visto dirigere gli attori, l’ho visto alle prese con 8 settimane di riprese, fare fronte alle difficoltà del set, senza rinunciare mai al suo punto di vista. Conservo di lui un ricordo rotondo e completo rispetto a quello solo intimo. Poi il Cinema è divenuto per me molto più di una passione.
La “macchina” di Morel ha molto a che fare con l’idea del Cinema di suo padre. Qual è la sua opinione a riguardo?
Sì, è vero, la macchina di Morel prevede un’unica settimana di vita ripresentata in eterno e il protagonista del film decide di distruggerla, a differenza invece del protagonista del romanzo. L’invenzione di Morel è un film inusuale, se oggi mi chiedessero di farlo con le maggiori star di oggi, mi sentirei in imbarazzo. Mio padre ha sempre fatto i film che voleva, indipendentemente dall’aria che tirava. Ha sempre cercato di fare opere che vincessero sul tempo, indipendentemente dalle contingenze storiche e sociali.
Dal momento che anche lei lavora nel cinema, quali crede che siano i punti di forza de L’invenzione di Morel ? Si tratta di un film visivamente molto d’impatto, psichedelico.
È un film particolare: basti pensare che il dialogo e le voci arrivano dopo più di 30 minuti dall’inizio. È una soluzione narrativa che verrebbe accettata con difficoltà oggigiorno. Mio padre ha avuto una straordinaria cura per l’inquadratura, una delicatezza nei confronti degli attori da dirigere, senza forzarli mai. L’insegnamento è quello di tentare di fare delle opere degne di un grande Festival. Il cinema deve vincere sulle contingenze e sul tempo.