Berlino F. F.: Fogaréu di Flávia Neves (Panorama – 3° Premio del pubblico)

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Il fuoco non ha occhi né orecchie. Non ha simpatie alcune, brucia amici e nemici, coloro che lo creano, coloro che cercano di spegnerlo. Non bisogna allora saperlo fuggire, bensì saperci camminare affianco e rispettarlo: dopo la distruzione, infatti, c’è sempre il rinnovamento e il terreno è di solito fertile per la cenere. Fogaréu, per la regia di Flávia Neves, è un thriller calmo, addormentato nell’afa dei terreni brasiliani, luoghi nei quale la ricerca della propria origine non viene urlata ma cullata da una sacralità particolare. Pagana e latina, sgargiante e calda, fiammeggiante entro i limiti e bruciando i limiti stessi fino all’identificazione degli opposti, quali sanità e pazzia.

Fernanda (Bárbara Colen) arriva nella regione di Goiás – quella, per intenderci, nel centro-ovest del Brasile – in una notte oscura, arsa da fiaccole tenute da uomini incappucciati di bianco. Non è il KKK ma è la festa del luogo e tutta la famiglia Menezes vi partecipa, come da tradizione, quella che il padre di famiglia, lo zio di Fernanda (Eucir de Souza), vuole proteggere in qualità di sindaco della comunità. Fernanda, donna perennemente in viaggio, ritorna per consegnare le ceneri della madre Cecilia alla terra di nascita e sapere quale sia la propria eredità, e viene accolta dalla famiglia dello zio; oltre al capofamiglia, c’è la moglie, il figlio Pedro (Allan Jacinto Santana) e la figlia Paula (Fernanda Pimenta) incinta. A gestire la casa sono due donne – Missy e Joana (Vilminha Chaves) – considerate pazze e sfruttate per le faccende casalinghe.

Le due non sono però le uniche folli del luogo, anzi, a quanto pare il paesino ne è pieno e nessuno si pone domande a riguardo. Nessuno tranne Fernanda, che ben presto scopre come il locale manicomio sia un rifugio per bambini nati fuori dal matrimonio e lì abbandonati prima di essere ripresi dalle famiglie originarie tramite adozione, il tutto per nascondere l’onta del disonore. A questa scoperta se ne somma un’altra, personale: Cecilia non è la sua vera madre. E allora chi è? In un’atmosfera nella quale tutti sanno ma nessuno vuole dire, Fernanda cammina tra terre rosse, indios privati dell’acqua e fiamme che nascono e muoiono allo schioccare di dita.

Flávia Neves firma un film che affonda la sua forza nell’ambientazione, completamente immerso in un luogo che si fa tempo e trama. I colori sono sgargianti, l’aria polverosa, i muri arsi dal sole, e la storia soffre il calore stesso rimanendo così sempre pacata nei toni. La tensione non si fa mai iperbolica, non vi sono scatti repentini né atti violenti caricati da enfasi, si preferisce invero mantenere una tensione costante ma mascherata in dialoghi sussurrati e mai urlati. L’aggressione non sta nell’aumento di tono bensì nella scelta delle parole da usarsi, le metafore adottate (paragonare la vita a una soap opera poiché la semplicità del vivere viene di proposito complicata) e nei nomi accettati, soprattutto quelli affibbiati alle donne.

La pellicola porta avanti una rivendicazione femminile sostenuta dalla dimostrazione della violenza contenuta non in un linguaggio particolare, bensì nel linguaggio stesso: Lucia diventa ‘Missy’, Fernanda diventa la ‘nina’, prima che quest’ultima si lamenti e maledica quel ‘fottuto modo di parlare’. Dopotutto, la protagonista è una reietta totale agli occhi del mondo maschile: figlioccia di madre omosessuale, figlia di una pazza ed elemento di per sé indomabile all’interno di un panorama che vorrebbe la donna (solo) al suo posto.

Fogaréu è un thriller disteso all’interno del quale il caos è calmo e la sacralità calda latina fa da sfondo a una vicenda che di per sé non presenta originalità se non, appunto, nella scelta di appoggiarsi completamente alla propria ambientazione brasiliana. È un’atmosfera da gustare, immersiva, che se accettata appieno permette di apprezzare il ritmo imposto e la sfumata visione con la quale viene affrontata la sacralità della pazzia: dopotutto, la follia non ha confini e nemmeno limiti all’interno dei quali si possa ingabbiarne l’imprevedibilità. Spesso, è infatti sufficiente uno schioccare di dita.


Fogaréu – regia: Flávia Neves; sceneggiatura: Melanie Dimantas, Flávia Neves; interpreti: Bárbara Colen, Eucir de Souza, Allan Jacinto Santana, Timothy Wilson, Kelly Crifer, Nena Inoue, Vilminha Chaves, Fernanda Vianna, Vilma Montenegro, Typyire Ãwa, Fernanda Pimenta; produzione: Bananeira Filmes, MyMamma Entertainment; origine: Brasile, 2022; durata: 100’.

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