Gorgona di Antonio Tibaldi

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A Gorgona i detenuti di una prigione si aggirano di notte fuori dalle loro celle. Li vediamo uscire dai confini carcerari e prendere un furgone. La macchina da presa rimane vicina a loro, senza alcun timore. Allarmi non se ne sentono, di guardie non sembra esservi traccia. I detenuti giungono a una stalla. Dentro, una mucca che iniziano a mungere. Nella colonia penale agricola di Gorgona, l’ultima presente in Europa, i detenuti lavorano duramente ogni giorno, in stalle, forni, campi, muniti di forche, attrezzi, una fiamma ossidrica. A un certo punto nel macello si sgozza anche una capra. Sono prigionieri di lunga detenzione che giunti a pochi mesi dalla fine della pena qui possono trovare un percorso di riabilitazione al mondo fuori dal carcere.

Come da tradizione del cinema diretto, il film non fornisce continuamente informazioni su ciò che vediamo. Lascia piuttosto che siano le situazioni quotidiane a rivelare allo spettatore il mondo circostante. A differenza però di tanti documentari sul mondo carcerario, qui si marginalizza il ruolo della sorveglianza, del potere sistemico sul corpo del prigioniero. È un corpo liberato prima di tutto dallo sguardo paranoico di un soggetto che lo vede come una bestia che farebbe di tutto pur di liberarsi dalle proprie catene. È un corpo responsabilizzato dal potere della sua parziale libertà, impegnato nella fatica del proprio riscatto.

La macchina da presa accompagna lo spettatore in questo mondo paradossale, la quale, come ogni buona utopia, non può che trovarsi in un’isola lontana (dista 36 km da Livorno). Paradossale in realtà solo per congiuntura spazio-temporale vista la drammatica condizione dei detenuti in Italia tra record di suicidi ed esplosione di disturbi mentali, dovuti anche a un sistema disumano che cancella loro i diritti e i desideri. Mettere in moto un corpo vuol dire riattivare il suo desiderio, responsabilizzarlo attraverso il lavoro serve a indirizzare quel desiderio verso un riscatto realizzabile.

Attraverso questa immersione nel corpo impegnato del detenuto lo spettatore vive l’utopia di un carcere “umano”, di uno sguardo umanista sul detenuto. Lo spettatore si riavvicina al detenuto come soggetto detentore di diritti e allo stesso tempo vive l’esperienza di riavvicinamento del detenuto alla socialità, al contatto umano. I momenti di convivialità e di condivisione con gli altri sono fondamentali nel percorso di rieducazione emotiva. Ma ancora più centrale diviene il rapporto con l’altro-animale. Nell’animale il detenuto vede un soggetto come lui imprigionato, privato di diritti. L’impresa di Gorgona sta anche nel riscoprire l’animale come soggetto detentore di diritti donandogli un nome. A ogni animale (mucca, maiale, capra) viene dato un nome. Allo stesso modo il film visualizza il nome di ogni detenuto quando compare la prima volta restituendogli lo statuto di persona.

Anche l’arte ha un suo posto in questo percorso di rieducazione emotiva come dimostra il corso musicale in cui anche solo una performance rap può funzionare da valvola di sfogo utile per dirigere le proprie emozioni. In questa utopia realizzata è possibile sviluppare l’immaginazione per riattivare il proprio desiderio di libertà totale. Allo spettatore si fornisce così una prova preziosa di un’utopia realizzata grazie a cui si può riscoprire il potere immaginativo ed educativo dello sguardo utopico. Solo nel finale si reinsedia lo sguardo distopico dell’apparato ideologico tipico del cinema diretto: finito l’orario di lavoro, una guardia chiude le celle e i prigionieri tornano a essere soggetti inerti in attesa che la vita di nuovo cominci.

Presentato al Festival del Popoli 2022 (Miglior film italiano)
In sala dal 6 ottobre


Gorgona – Regia: Antonio Tibaldi; fotografia: Antonio Tibaldi; montaggio: Valentina Andreoli; musica: Todd Toon; interpreti: i detenuti, gli agenti penitenziari, gli educatori e il personale dell’amministrazione della Casa di Reclusione Gorgona, e con il direttore Carlo Mazzerbo, l’istruttore volontario del corso di musica Davide Sessa, il viticoltore Lamberto Frescobaldi e l’unica residente effettiva dell’isola Luisa Citti; produzione: No Permits Produktions, Graffiti Doc; origine: Italia, 2022; durata: 91 minuti; distribuzione: Bloom Distribuzione.

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