L’anteprima mondiale del film Fiore Mio ha portato in Piazza Grande moltissime persone, ovvero la giuria più grande del mondo. Infatti, è il primo lavoro a concorrere per il premio Prix du Public UBS.
Paolo Cognetti, noto autore del bestseller Le otto montagne (Einaudi, 2018) poi diventato un film di successo per la regia di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, ha presentato la sua prima opera cinematografica in quanto regista, ringraziando i suoi “occhi”, il direttore della fotografia Ruben Impens, che è stato definito il coautore dell’opera, le sue “orecchie”, il cantautore Vasco Brondi che ha composto la colonna sonora, e tutti coloro che l’hanno seguito in questo viaggio.
Fiore Mio è diventata così un’opera collettiva, secondo Cognetti, che definisce la scrittura come un lavoro solitario. Vuole essere una sfida al cambiamento climatico, una riflessione sulle quattro stagioni, un modo per far conoscere questa montagna, il Monte Rosa, e le persone del luogo, che la conoscono meglio di lui, come il noto alpinista italiano Arturo Squinobal e sua figlia Marta rifugista.
Ruben Impens, aveva già collaborato come direttore della fotografia in Le otto montagne e ha fatto notare la differenza nel lavoro con Cognetti, in quanto nel film precedente era come un “fantasma” cioè faceva delle apparizioni sul set all’occorrenza, mentre in Fiore Mio, hanno potuto lavorare fianco a fianco tutti i giorni delle riprese.
Vasco Brondi, il noto cantautore e scrittore italiano, ha accettato la sfida di creare la sua prima colonna sonora. Raccontando, che solitamente si concentra sui testi, e quest’opera è stata l’occasione per concentrarsi su una musica senza parole, che però fosse in grado di parlare.
L’unione di tutti questi talenti, ci hanno fatto vivere nei silenzi, nei suoni, nei gesti delle persone che vivono quotidianamente questa montagna.
L’opera prima di Cognetti, che evita i tipici luoghi comuni del documentario, e che ci viene proposta come la condivisione di un diario intimo, preciso e universale, prende spunto dall’omonima canzone di Andrea Laszlo De Simone. Il regista ha dichiarato di non aver mai saputo a chi fossero rivolte le parole del cantante: «Forse a una donna, forse a un figlio… chissà… quando sentivo i versi della canzone: “Come gli uccelli e il fumo. Tutto il tuo corpo è acceso di biancore. Splendono gli astri metallici e bianchi. Tutto si infrange e cade…”, io pensavo alla montagna del mio cuore, il Monte Rosa».
Foto di copertina Daniele Mantione