Kripton di Francesco Munzi

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La malattia mentale è in Italia da sempre sottostimata rispetto all’impatto distruttivo che può avere nella vita di chiunque, lo svela in maniera scientifica la fine del film firmato da Francesco Munzi, il quale ha dimostrato con questo suo ultimo lavoro, di essere un artista che ama mettersi alla prova con nuove difficili sfide.

Per arrivare a cogliere  momenti drammatici e autentici come quelli a cui assistiamo nel suo documentario, è occorsa una permanenza di novanta giorni da parte di tutto il crew all’interno del centro psichiatrico in cui ragazzi afflitti da patologie mentali si confrontano e cercano di superare le loro ossessioni.

La ricerca che si è posta Munzi è soprattutto quella di riuscire a comprendere come e quando i medici possano intervenire e quindi accelerare un’eventuale progressivo progresso di guarigione rispetto agli standard, e lo fa attraverso un utilizzo importante del cinema di finzione.

Carrellate di immagini a colori e in bianco e nero si alternano evocando il mondo “normale” e quello della patologia, rumori di sottofondo richiamano alla mente le distorsioni del pensiero, in tutto questo mostrare la fotografia non invade mai il racconto, dimostrando una grande sensibilità e tatto da parte della regia.

I protagonisti del documentario sono sei adolescenti: Dimitri, Georgiana, Marco Antonio, Okoro, Emerson e Silvia. L’elemento che li accomuna oltre alla loro patologia, è il fatto che tutti provengano da situazioni di disagio familiare, che a dispetto di quanto si possa pensare, non è quello economico ma di tipo affettivo, di famiglie borghesi, in cui le complicazioni e le disfunzionalità dei genitori, sono sempre dovute alla mancanza di empatia e all’applicazione di stereotipi inutili, i quali inevitabilmente hanno danneggiato per sempre le fragili nature dei nostri protagonisti.

Inutile qualsiasi cura se una madre come quella di Dimitri, affetto da una sindrome depressiva e ossessiva, che lo costringe ad avere un atteggiamento sociopatico, dica che non c’è nulla da fare per il figlio, oltretutto voluto a tutti i costi perché è stato adottato.

Francesco Munzi

È l’esempio più doloroso della serie di vite spezzate, perché la verità è gridata in faccia a tutti e ci domandiamo come mai non si riesca a “curare” il vero problema prima di avere danni irreparabili su bambini che non potranno essere che degli adulti spezzati dalla vita.

Stessa cosa vale per Marco Antonio, proveniente da una famiglia molto a modo – abbiamo visto la raffinatezza dei fratelli spesso attoniti – ma con la colpa di aver avuto un padre sicuramente problematico o addirittura psicotico (si faceva beffe delle diagnosi dello psicologo del figlio da piccolo) che li ha strappati alla madre in tenera età, lasciandoli soli con una tata spesso inadeguata a sostituire la figura materna.

Ci si domanda perché questa società sia cosi ipocrita e non si occupi della malattia mentale di coloro che della malattia mentale sono le cause.

Spesso persone assolutamente inadeguate hanno figli e altrettanto spesso l’entourage familiare nota la loro incapacità nel saper gestire la crescita e l’educazione senza mai occuparsene, ma lasciando che i loro figli possano essere danneggiati come i ragazzi di cui Munzi fa dei ritratti commoventi.

Si evince dallo loro dichiarazioni, di come abbiano delle intelligenze vive, degli animi sensibili, delle profondità impareggiabili, tutti piegati dal dolore di vite che non avrebbero mai voluto, sottoposti a traumi e scene che vedremmo solo nel più orribili dei drammi.

Assieme a Dimitri e Marco Antonio sfilano altri coetanei che non sappiamo bene se ce la faranno mai a uscire dalla loro condizione di disagio, ma la medicina, in alcuni casi,  se ne occupa con determinazione ma non abbastanza a causa dei pochi fondi, tagliati dalla sanità italiana; osserviamo le difficoltà reali del sistema sanitario attraverso la figura di uno psichiatra attento, coraggioso, che trasuda umanità in tutte le sue espressioni.

In tutte le figure dei ragazzi la follia ci allontana e avvicina al contempo: accade, ad esempio, quando Georgiana ci descrive con lucidità che la sua esistenza è frutto dell’oscurità che domina tutto oppure quando Silvia, affetta da anoressia, dichiara di non sognare più.

Ci commuove profondamente la lucidità della visione nichilista di Dimitri e ci spiazza la volontà di Marco Antonio nel voler essere un ebreo ortodosso a tutti i costi pur di cancellare la sua identità passata, a costo di non riconoscere più la sorella e chiamarla “quella ragazza”.

La follia non può nascondere il passato, perché la vita andata è nei loro occhi e allo spettatore più attento non sfugge la “pietas” di Munzi che con la mdp vorrebbe, con dei close-up discreti ma attenti, strappare quella verità perduta nei meandri delle menti sconvolte.

Passato in anteprima alla Festa di Roma 2023 (Special Screenings)
Nelle sale dal 18 gennaio 2024
Il 23 gennaio, alle ore 20 al Modernissimo di Bologna, il regista Francesco Munzi presenterà il film insieme allo scrittore Ermanno Cavazzoni e al Medico di Psichiatria Mauro Pallagrosi.


Kripton Regia e sceneggiatura: Francesco Munzi, fotografia: Valerio Azzali; montaggio: Cristiano Trovaglioli; interpreti: Marco Antonio Breccia Fratadocchi, Okoro Chidindu, Georgiana Cristian, Emerson De Rubeis; produzione: Cinemaundici, Rai Cinema; origine: Italia, 2023; durata: 107 minuti; distribuzione: ZaLab.

 

 

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