Una delle grandi trame della letteratura borghese dell’800 è il tentativo di conquista della metropoli da parte dell’eroe provinciale. Pensiamo a Lucien de Rubempré, il protagonista delle Illusioni perdute di Honoré Balzac (1843) o a Frédéric Moreau, il protagonista dell’ Educazione sentimentale di Gustave Flaubert (1869), ma anche a tanti consimili casi nella letteratura inglese, russa e anche tedesca. Di questo, fra le molte altre, tratta La cospirazione del Cairo di Tarek Saleh, in uscita in Italia, grazie alla distribuzione di Movie Inspired.
Affacciatosi nel 2009 con il film fantascientifico d’animazione Metropia (presentato in concorso a Venezia), Tarek Saleh (madre svedese e padre egiziano, nasce nel 1972) ha ottenuto la propria consacrazione internazionale (a Sundance) con The Nile Hilton Incident che esce nel 2017 e viene distribuito in Italia l’anno dopo con il titolo Omicidio al Cairo, caratterizzandosi in un genere, quello del thriller politico-spionistico che, evidentemente, è quello che più gli si confà, potremmo dire una via di mezzo fra i film di Costa Gavras e i tanti film tratti dalle opere di John Le Carré. Ché anche quest’ultimo film, titolo internazionale Boy From Heaven, presentato a Cannes l’anno scorso, dove ha avuto l’onore di ricevere la Palma per la migliore sceneggiatura appartiene a quel genere, un genere, lo si capisce bene, che non lo rende minimamente distribuibile nel paese dove è nato il padre del regista, malgrado in quel paese il film sia ambientato (ma non girato). Perché il film di Saleh non può essere né girato né distribuito in Egitto? Perché parla di cose scomodissime come spionaggio, corruzione, delinquenza di Stato, distribuendo equamente le proprie stilettate contro i vertici dello Stato e quelli della Chiesa musulmana.
La vicenda è raccontata dalla prospettiva di un giovane, Adam (nomen omen) figlio di pescatore che lascia quello che in retrospect si rivelerà appunto (di qui il titolo) il paradiso terrestre, il paesello sul mare, padre e fratelli, e con la benedizione dell’imam locale si reca al Cairo perché con sua grande soddisfazione (e in qualche misura: stupore) è stato accolto a frequentare l’università islamica di al Azhar, la principale istituzione che insegna l’ortodossia islamica sunnita. In arabo al Azhar significa “la luminosa”. Ma di luminoso in quest’universo nel quale il povero Adam si trova a precipitare c’è veramente ben poco, a cominciare dalla sistemazione logistica, camerate con letti a castello che la fanno assomigliare più a un universo concentrazionario, una caserma che a una scuola di élite. E poi quale élite? Non pensate a Oxford o alla Normale, gli studenti sono moltissimi, una città nella città – e la sera qualcuno, Adam compreso, seppur timido e disorientato, si getta nella tentacolare e caotica vita notturna della capitale egiziana (scorci reali, perché qua e là s’intravede il Nilo, forse girati di soppiatto).
Ancor meno luminosi sono gli intrighi che quasi subito vengono in superficie. Durante una predica nel piazzale dell’ateneo/caserma il venerando imam a capo dell’istituzione cade vittima di un infarto, al che si apre la questione intorno a cui poi ruoterà l’intera vicenda del film, ovvero la sua successione, ciò che produce dapprima un omicidio e quindi una lotta senza esclusione di colpi fra tre possibili candidati, più o meno ben visti dallo Stato che cerca ogni mezzo (lecito e illecito) per condizionare la scelta definitiva al fine di limitare l’indipendenza dell’istituzione religiosa. Né si deve pensare che, a sua volta, l’istituzione ne esca pulita, dal punto di vista etico, come anche politico, sospesa com’è fra salvaguardia dell’ortodossia, intrighi di palazzo e pericoli d’infiltrazione jihadista. Insomma, un’autentica cloaca nella quale il povero Adam si ritrova immerso e con la quale è costretto in qualche misura a venire a patti per salvare la pelle. Almeno quella, visto che l’anima per mere ragioni di sopravvivenza finisce per doverla vendere.
L’edificio dell’Università è in realtà la Moschea di Solimano a Istanbul; impensabile, come si diceva, girare un film del genere nella capitale egiziana. Gli attori principali – ovvero il giovane palestinese che interpreta Adam che risponde al nome di Tawfeek Barhoom e il colonnello Ibrahim dei servizi segreti interpretato dall’attore Fares Fares di origine libanese naturalizzato svedese – sono molto bravi.
Il film è nell’insieme bello teso, a tratti anche brutale, anche se – ma quest’osservazione mi ritrovo a farla sempre più spesso – qualche piccolo taglietto io lo avrei fatto.
In sala dal 6 aprile
Cast & Credits
La cospirazione del Cairo (Boy From Heaven) – Regia e sceneggiatura: Tarek Saleh; fotografia: Pierre Aïm; montaggio: Theis Schmidt; interpreti: Tawfeek Barhoom (Adam), Fares Fares (colonnello Ibrahim), Mohammad Bakri (generale Al Sakran), Makram Koury (lo sceicco cieco); produzione: Atmo, Memento Prod; origine: Svezia/ Francia/ Finlandia, 2022; durata: 121′; distribuzione: Movies Inspired.