Stiamo camminando come una vecchia coppia…
Quanta semplicità per raccontare ciò che soltanto loro possono capire. E per loro s’intende quelli che alla morte stanno andando incontro e che i vivi possono soltanto guardare. Anche se a guardare è un innamorato. Emily Atef firma una pellicola sobria e misurata, la fotografia a giocare sul dosaggio della luce – elemento protagonista del film – e una narrazione che si mantiene certo sottovoce ma racconta una storia comunque interessante per la grandezza del tema trattato. Ultima prova di Gaspard Ulliel, scomparso tragicamente, gli fa da contraltare una splendida Vicky Krieps, capace di dare linfa vitale a una creatura che la vita la sta perdendo. Ma quanta forza negli ultimi battiti. Se ultimi devono essere.
Hélène ha il mondo che le gira attorno. A correrle attorno e addosso non è però solo il mondo a causa della sua malattia, ma anche gli occhi delle persone. Tutti gli amici stretti la guardano, con pietà. Anche il compagno Matthieu, che disperatamente la spinge a ricercare una cura, come un trapianto di polmoni. Ma lei guarda altro, anzi, da un’altra parte, un posto dove nessuno ti guarda in un certo modo, per esempio in Norvegia. Hélène raggiunge un blogger norvegese affetto anche lui da una malattia e che vive da tempo in solitudine. Bent la inizia al contatto con la natura, a un luogo nel quale il sole non tramonta mai, le onde dei laghi mai tacciono e il wi-fi lo si prende soltanto in alcune radure. Lì Hélène ritrova se stessa e vorrebbe dirlo al compagno, ma Bent l’avvisa
I viventi non possono capire i morenti.
Presentato nella sezione Un Certain Regard alla 75° edizione del Festival di Cannes, Plus que jamais era atteso perché ultima prova attoriale del coprotagonista Gaspard Ulliel, vittima di un incidente sugli sci a gennaio 2022. Gioco della sorte, il film tratta proprio il tema della morte e lo affronta da entrambi i punti di vista, da quello dei living e da quello dei dying, due universi distanti un passo e comunque così estremi. Hélène è colei che vorrebbe soltanto morire in pace, Matthieu è colui che non può arrendersi alla morte. A legarli un amore forte, non ancora vinto dalla malattia. Peculiarità della pellicola è allora quella di non esagerare il dramma né di adottare un tono di compianto nei confronti della protagonista, si utilizza invece uno sguardo neutro nel quale la malattia è sì presente ma non totalmente debilitante e lascia spazio a movimenti di vita e lucidità rinfrescanti.
Plus que jamais è un film che ha nel cast come nel tono adottato i suoi punti di forza. Della Norvegia non sfrutta la vastità dei paesaggi ma preferisce osservarli dal punto di vista della protagonista, riportando così la malattia dal concettuale – morte vs vita – al carnale, con una ricerca della comunione tra corpo e natura, nonché corpo e corpo che ridà splendore al morente come al vivente. Il contrasto tra i due personaggi, nel contendersi l’una la scelta di morire e l’altro la scelta del vivere, mantiene in piedi la pellicola, unica pecca è da additare alla lentezza della prima parte del film, nonostante la cernita delle scene sia buona e la struttura in toto è funzionale benché non originale. Insomma, nulla di eccezionale, nulla di infamante, e una buona storia su come si vive e su come si muore. Senza pianti e senza compianti, ma con tanta vitalità e luce, nella terra dove proprio la luce via non se ne va mai.
Plus que jamais (More Than Ever) – Regia: Emily Atef; sceneggiatura: Emily Atef, Lars Hubrich; fotografia: Yves Cape; montaggio: Sandie Bompar, Hansjörg Weißbrich; musica: Jon Balke; interpreti: Vicky Krieps, Gaspard Ulliel; produzione: Niko Film, Eaux Vives Productions, Samsa Film, Mer Film, Bjoca, Jour2Fête, Ramona Productions, Bayerischer Rundfunk, Arte; origine: Francia/ Germania/ Lussemburgo/ Norvegia, 2022; durata: 123’.