All’età di 54 anni Thomas Napper – fin qui regista soltanto di “second units” di film, soprattutto, di Joe Wright (period film tipo: Orgoglio e pregiudizio, Espiazione) – dirige il suo primo film, un biopic incentrato su Barbe-Nicole Ponsardin sposata e vedova Cliquot (Haley Bennett). Non bisogna essere esperti di champagne perché suoni il campanello: Veuve Cliquot è una delle più celebri marche di champagne. Dietro questo marchio consolidato da più di 200 anni, c’è una storia – ed è la storia che Napper cerca di raccontare, dando vita, come già nei film a cui fin qui ha partecipato, a un period film, a cavallo dell’era napoleonica, una storia di emancipazione femminile che celebra quella che a tutti gli effetti è stata una delle prime imprenditrici europee, con un linguaggio, che soprattutto verso la fine, vira volutamente verso l’anacronismo, ossia verso un afflato para o post-femminista, francamente – diciamolo subito – piuttosto stucchevole e fuori luogo.
La storia è presto raccontata: Barbe-Nicole, giovanissima, resta vedova del marito François Cliquot, figlio di un imprenditore vinicolo, erede dunque della ditta di famiglia, dotato a quanto traspare di un talento inconsueto nel settore, ma altresì affetto da varie e innumerevoli turbe psichiche. La morte di François si configura alla fine quasi come una specie di lento suicidio, dovuto all’abuso di sostanze stimolanti. Dopodiché ha inizio l’epopea di Barbe-Nicole che, contro tutto e contro tutti, decide, anche sulla base di un testamento olografo del marito, di continuare a gestire l’impresa. Contro tutto e contro tutti significa: contro il suocero Philippe Cliquot, fondatore dell’azienda, contro l’amministratore della tenuta, contro i competitors anzi costoro hanno già delle mire particolarmente avide sulla tenuta (fra tutti il signor Möet, capito?), e – per finire – a una donna che si fa imprenditrice è contrario anche il Code Napoleon che vieta alle donne di essere titolari d’impresa.
E in mezzo a tutte queste avversità ha inizio la favola della Veuve Cliquot, che come tutte le favole che si rispettano, prevede – Propp docet – la presenza di aiutanti che sostengono l’eroe, qui l’eroina, fra i quali spicca il commerciante belloccio Louis Bohne che crede in lei e riesce a vendere il prodotto alla corte dello Zar, inizio di una folgorante carriera del marchio, oltreché inizio di una possibile storia d’amore fra i due, con tanto di colpo di scena finale.
Che dire di questo film? Per carità la vicenda presenta tutte le caratteristiche drammatiche necessarie, il conflitto appunto, la risolutezza dell’eroina, amici e nemici, ma è una storia resa nell’insieme in modo piuttosto noioso e ripetitivo per un certo numero di ragioni. In primo luogo non funziona questa continua e alla fine inutile alternanza fra il racconto al passato – ovvero la relazione idilliaca all’inizio e poi sempre più tormentosa fra i coniugi Cliquot, tormenti suscitati soprattutto dallo squilibrio mentale del marito – e il racconto al presente con il tentativo caparbio di ottenere il successo da parte della protagonista – un’alternanza resa meccanicamente, sul piano cromatico, dai vestiti bianchi della giovane sposa e dai vestiti neri della vedova. In secondo luogo il film è pericolosamente incline al vedutismo, alla rappresentazione volutamente pittorica di interni ed esterni, insomma period film al suo peggio, non priva di un eccesso di teatralità, ciò che finisce in terzo luogo per privare il conflitto di autentico mordente. In quarto luogo: l’ambientazione francese, con tutti ‘sti personaggi francesi che parlano inglese e scrivono in inglese, al giorno d’oggi fa un po’ specie.
In sala dal 12 settembre 2024
Widow Cliquot – Regia: Thomas Napper; sceneggiatura: Erin Dignam; fotografia: Caroline Champetier; montaggio: Richard Marizy; interpreti: Haley Bennett (Madame Cliquot), Tom Sturridge (François Cliquot), Sam Riley (Louis Bohne), Ben Miles (Philippe Cliquot); produzione: Fourth and Twenty Eight Films, WME Indipendent; origine: USA, Gran Bretagna, Francia; durata: 89 minuti; distribuzione: Movies Inspired