MedFilm Festival: Burning Days di Emin Alper (Concorso)

  • Voto

Una giudice e un giovane procuratore sono sull’orlo di un baratro.

Come le sembra procuratore?

Spaventoso.

Avrei detto affascinante.

In un testo del 1926 si racconta di un agrimensore di nome K. che arriva in un villaggio e cerca di prendere servizio. Per farlo, deve entrare nel Castello. Non ci riesce, o se ci sia mai riuscito la soluzione è rimasta nella mente di Franz Kafka. Quello che ci rimane è un uomo perso nelle incomprensioni e in posticci giri a vuoto. In Burning days di Emin Alper un giovane procuratore si trova davanti un piccolo villaggio turco divorato da immense voragini. Anche lui, come K., si trova a vagare in un malessere morale generale, perso in quelle voragini dove tanto i suoni quanto le accuse rimbalzano tra le pareti ma da lì non escono. È umanità sotto vuoto. A togliere l’aria è la corruzione. Si deve stare attenti a non guardare tanto a fondo da caderci dentro, nella voragine, e non uscirci più. Sono pozzi di ambiguità divorante.

La caccia al cinghiale è una pratica violenta. Si rincorre la preda sino alla fine, anche dentro le strade di città, con i pick-up e fucili fumanti, e poi, sempre la preda, la si trascina morta sull’asfalto. Dietro di sé lascia una scia di sangue scuro. Questa è la prima immagine che si trova davanti Emre, un pubblico ministero alle prime armi, appena trasferitosi in una cittadina colpita da una crisi di scarsità d’acqua. Emre convocava chi guidava i cacciatori, vuole sapere i nomi di tutti, e qui riceve la prima risposta:

Qui si fa così. Si è sempre fatto così. La città è piccola.

Piccola quanto? Tanto. Tanto che tutti già lo conoscono e desiderano invitarlo a cena. Per farselo amico, per tenerselo stretto. Alla cena c’è il figlio del sindaco, dei musicisti, vari amici, una giovane zingara e Emre si ubriaca. Quanto? Tanto, così tanto che quando la mattina lo avvisano dello stupro della giovane zingara, lui non ricorda dell’accaduto. Non riesce a ricordare. Tutto è così confuso, e nella confusione alimentata dalla sete è sufficiente un attimo per fare la fine della preda. O meglio, quella del cinghiale.

Al suo quarto lungometraggio, Emin Alper firma un thriller con tinte horror non gratuite ma ben salde nella nostra contemporaneità e riguardanti il cambiamento climatico. Sfrutta una storia ben scritta, immersa in un malessere morale che non è solo effettivo ma pure metafisico, esteso, e avvolge ogni gesto, ogni frase e parola in una sottile ambiguità. Ne esce quello che è stato definito un morale thriller, nel quale si parte da una piccola corruzione e si affrontano poi tutte le sfaccettature del male: male contro l’ambiente, male contro gli animali, male contro la donna da parte di una società patriarcale, male contro la società tutta per gli interessi di pochi. E infine, ma non per valore, il male del populismo in ebollizione tra quattro case e altrettante vie. Una pentola umana in pressione.

Il mondo rappresentato è un piccolo villaggio ridotto alla sete, fatto groviera da buchi nel terreno. Grandi voragini che per alcuni sono naturali, per altre politiche e perciò da imputare alla mal gestione delle acque sotterranee. Tra case e casupole e baratri c’è però la vastità: immense distese di nulla intervallate da specchi d’acqua dal fondo molliccio e infido. Lì, tra le acque e la polvere, vaga il protagonista, un efficace Ekin Koç, che ha gli occhi duri della legge e quelli morbidi dell’inesperienza, e un soundtrack azzeccato, dai profondi toni fantascientifici, lo fa sembrare piccolo. Piccolo rispetto al mondo naturale, piccolo rispetto a quello umano, piccolo rispetto alla società che lui, paladino della giustizia, dovrebbe addirittura difendere.

Burning Days è una pellicola azzeccata con un finale da saper leggere nei suoi molteplici significati. Quelli horror e quelli morali, senza fermarsi all’apparenza apocalittica che rivela. Sono soprattutto corpi d’umani quelli, ed è cosa li muova l’interessante. Insomma, abbiamo un film vissuto da una pulsante claustrofobia nella quale ogni sorriso potrebbe nascondere una minaccia e i consigli hanno lo stesso suono degli avvertimenti. Bisogna essere capaci di capire, ogni volta, chi sia il nemico e chi sia l’amico, quale dei due ti stia parlando, se non lo sono entrambi. Ambiguità appunto. Dopotutto, le voragine nel terreno hanno questo effetto: spaventose per alcuni, affascinanti per altri. Dipende da chi guarda e cosa ci vede sul fondo: la coscienza degli altri, la coscienza propria.


Burning days – regia: Emin Alper; sceneggiatura: Emin Alper; fotografia: Christos Karamanis; montaggio: Özcan Vardar, Eytan Ipeker; musica: Stefan Will; attori: Ekin Koç, Erdem Şenocak, Erol Babaoglu, Selahattin Pasali, Selin Yeninci, Sinan Demirer; Produzione: 4 Films, Ay Yapim, Circe Films, Croatian Film Center, Gloria Films, Horsefly Productions, Liman Film, Match Factory Productions, Zola Yapim; origine: Croazia, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Turchia, 2022; durata: 128’.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *