Presentato nella Sezione Panorama del 73° Festival di Berlino, dove ha vinto il Premio del Pubblico e il Premio Amnesty, Al Murhaqoon (The Burdened) ha fatto il giro dei festival di tutto il mondo (Pechino, Shangai, Valencia, etc.) prima di approdare al MedFilm Festival, il più longevo festival di cinema della Capitale e il primo in Italia dedicato alle cinematografie del Mediterraneo dove si aggiudicato il Premio speciale della Giuria. Non basta: The Burdened è stato selezionato per rappresentare lo Yemen come miglior lungometraggio internazionale ai 96mi Academy Awards.
Come accade spesso in certo cinema mediorientale (vengono in mente Abbas Kiarostami o Jafar Panahi), la trama del film è tratta da una storia vera. E descrive le vicende di una giovane coppia yemenita, Ahmed e Isra’a e dei loro tre figli che vivono ad Aden, città portuale ubicata nella parte meridionale della penisola araba. Perso il lavoro dopo la guerra civile del 2015, la coppia subisce i colpi ferali della crisi economica, che li costringe ad angosciosi interrogativi sul risicato budget familiare. La notizia di una nuova gravidanza introduce un elemento drammatico, che li pone di fronte al dilemma tra un aborto desiderato e il rispetto di precetti religiosi e legali che lo impedirebbero.
Nei 91’ di film assistiamo all’odissea di questa coppia di genitori riluttanti, che vengono pedinati tra le vie della città yemenita, tra slanci volitivi e fragilità esibite, con uno stile neorealistico scarno e dolente (da spettatori italiani inorgoglisce considerare le tracce del retaggio di opere immortali come Umberto D. di Vittorio De Sica). Lo stile è volutamente congelato in inquadrature pressoché immobili (probabilmente anche per ragioni di budget), che enfatizzano la drammatica condizione di paralisi morale in cui Ahmed e Isra’a finiscono intrappolati, tra lavoretti precari per tirare a campare, abitazioni al di sotto della decenza e le esigenze dei figli da soddisfare.
Non mancano impedimenti burocratici dal sapore kafkiano e drammi etici che si confondono con le proibizioni coraniche. Anche se a restare impressa nell’occhio dello spettatore è la decenza incrollabile di questi individui apparentemente vulnerabili ma infine quasi eroici nel loro degno barcamenarsi tra rimorsi e paure.
Il giudizio sul film – che è tanto scabro nella forma quanto denso di profondi umani sentimenti e di temi politici – a parere di chi scrive non può essere disgiunto da una sommaria valutazione sugli aspetti merceologici che lo sottendono. È sufficiente sfogliare una qualsiasi classifica degli incassi dei nostri botteghini per rendersi conto che il cinema oramai parla soltanto americano (e recentemente per lo più di tipo seriale – remake, reboot, sequel, etc. – e di genere “cinecomics”). Che vivano dunque nelle nostre sale anche titoli come questo, che non possono continuare a essere ghettizzati nelle ridotte cinefile dei festival internazionali; affinché la Settima arte non si riduca a parlare una sola lingua, raccontare le stesse storie, rappresentare sempre le medesime cifre stilistiche.
Cinque stelle, dunque, a Al Murhaqoon (che infatti siamo costretti a ribattezzare The Burdened), come atto politico!
CREDITS & CAST
Al Murhaqoon (The Burdened) – Regia: Amr Gamal; sceneggiatura: Amr Gamal, Mazen Refaat; fotografia: Mrinal Desai; montaggio: Heba Othman; interpreti: Khaled Amdan, Abeer Mohammed, Samah Alamrani; musiche: Chen Ming-chang; produzione: Adenium Productions; origine: Yemen/Sudan/Arabia Saudita, 2023; durata: 91 minuti.