Megalopolis di Francis Ford Coppola

“Una favola di Francis Ford Coppola” è la dichiarazione di intenti che campeggia sullo schermo in apertura dell’ultima travagliata opera del regista di origini italiane. Ripresentata, dopo l’anteprima al Festival di Cannes e alle giornate di preapertura della Festa del cinema di Roma, Megalopolis è spettacolo ambizioso e fuori misura, che delle favole conserva l’aspirazione, decisamente utopica, di riuscire in qualche modo a farsi carico di istanze, riflessioni, valori e di un etica condivisa – come accaduto, per esempio, con la produzione letteraria dei fratelli Grimm nella Germania del XIX secolo – che fungano da preludio, che ispirino, chissà?, una nuova visione del mondo, una civiltà nuova. Coppola, da nonno, si chiede, evidentemente, quale futuro lasceremo ai nostri figli e nipoti.

Un film crepuscolare, una riflessione sul tempo che passa inesorabile – per il regista, per noi tutti – “che non si ferma per nessuno”, un tempo di cui il regista, ottantacinquenne, vuole mettere in evidenza la componente ricorsiva, che lega assieme il passato remoto  e un futuro che non sembra poi così distante.

Un futuro certamente distopico quello della New Rome all’interno della quale si muovono i protagonisti della vicenda, in perenne lotta, costoro, per l’acquisizione o per il mantenimento di ricchezza e potere. Uomini che sul tempo aspirano (illudendosi?) ad avere un controllo totale, fermandolo addirittura, o che al suo incessante trascorrere, pur se impotenti, non vogliono arrendersi.

Nel suo cortocircuitare passato e futuro – la fine dell’impero romano piagato da corruzione e avidità è, infatti, accomunato a quello di New Rome, stretta da un grave dissesto finanziario e incolmabili disparità sociali –  neanche troppo in filigrana è possibile scorgere qualcosa del nostro presente.

Nella contrapposizione tra periferia e centro, innanzitutto, tra quartieri dormitorio e centri istituzionali e finanziari, incomparabili e inconciliabili da molteplici punti di vista, non solo a livello architettonico ma anche, soprattutto, culturale, sociale, economico e di opportunità.

L’unica persona che dimostra di avere un’idea lucida della spirale autodistruttiva nella quale laimmaginaria città coppoliana si sta avvitando, e che tenta in qualche modo di porvi rimedio, è Cesar Catilina (Adam Driver), architetto utopista e scopritore del Megalon, molecola miracolosa che, come il suo creatore, è fatta “della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”.

Alla realizzazione di questa utopia, immancabili, come in ogni favola che si rispetti, si contrappongono  uomini più preoccupati per la propria sorte personale che per quella dell’intera comunità. Ma se il sindaco Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito) sembra appartenere a una classe politica e aristocratica disarmata e in decadenza, la vera minaccia è rappresentata dal cugino di Catilina, Clodio Pulcher (Shia LaBeouf), versione non troppo futurista di politico populista, abile nell’arringare le folle con slogan d’effetto (“potere al popolo” lo sentiamo dire spesso) e nel manipolare la realtà per i propri fini.

Ma chi è in definitiva Cesar Catilina? Un uomo narcisista, egocentrico, uno schiavo del vizio, forse un assassino, come i suoi detrattori vogliono dipingerlo? Oppure si tratta veramente di un sognatore che aspira a realizzare una città, un futuro e un mondo migliore per tutti? A credere senza tentennamenti a questa seconda ipotesi, a questo sogno ritenuto dai più irrealizzabile, è senza dubbio Julia Cicero (Nathalie Emmanuel), figlia del Sindaco Franklyn innamorata di Catilina.

Ad un mondo post-idelogico, dove ciò che rimane di questo retaggio novecentesco è rappresentato dal satellite russo in procinto di schiantarsi sulla terra,  dove l’unico orizzonte possibile è quello del profitto, l’amore e la fiducia (per l’altro, per l’arte, per una fantasia creatrice senza briglie e senza fini solo economici) possono apparire come gesti rivoluzionari, un antidoto a una condizione umana desolante.

Se la pellicola appare a tratti respingente, eccessiva, troppo ambiziosa, megalomane appunto, come il suo protagonista, probabilmente lo è in ragione del fatto che essa si configura anche come la visione di un certo tipo di cinema, che Francis Ford Coppola, con ostinazione, rischiando di tasca propria, ha portato avanti durante la sua lunga carriera. Un cinema forse del passato, ma che guarda con sfrontatezza al futuro.

In sala dal 16 ottobre 2024


Megalopolis – Regia e sceneggiatura: Francis Ford Coppola; fotografia: Mihai Mălaimare Jr.; montaggio: Glen Scantlebury; musica: Osvaldo Golijov; interpreti: Adam Driver, Nathalie Emmanuel, Giancarlo Esposito, Jon Voight, Laurence Fishburne, Aubrey Plaza, Shia LaBeouf, Jason Schwartzman, Grace VanderWaal, Kathryn Hunter, Talia Shire, Dustin Hoffman, D. B. Sweeney; produzione: American Zoetrope; origine: USA, 2024; durata: 138 minuti; distribuzione: Eagle Pictures. 

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