Quando si parla di cultura, nell’ultimo periodo della nostra storia, si ha sempre molta reticenza nel volerla definire. Forse perché effettivamente il ruolo assegnatole dalla comunità “tutta” è molto minoritario rispetto al fatto che dovrebbe costituire le fondamenta di qualsiasi società evoluta, per non essere completamente travolta dall’analfabetismo funzionale e dallo svilimento delle arti e della letteratura.
Per anni i quartieri romani hanno ceduto pezzi della loro grande tradizione teatrale e cinematografica, per fare spazio ad attività commerciali, che hanno fagocitato la storia e l’identità di parti della capitale.
Uno degli esempi più eclatanti, nonostante il numero elevato di abitanti, è il quartiere Tuscolano, emblema di un vero e proprio fenomeno di depauperamento delle attività culturali nella Capitale.
Sarebbe finalmente ora di fare spazio al nuovo e di implementare e completare un progetto già messo per buona parte in atto, ahimè, senza i fondi statali, che lo avrebbero reso solido e duraturo nel tempo.
A questa capacità di muovere le cose e di coordinare più forze possiamo dare un volto e un nome, quello ad esempio di Alessandro Luparelli, il 47enne nato e cresciuto nel quartiere storico del Quadraro, ora candidato alle Primarie con il gruppo “Liberare Roma”.
Lo incontriamo per porgergli delle domande rispetto ai suoi progetti futuri.
Che ruolo ha la cultura nell’ambito del tuo programma politico?
La cultura rappresenta una priorità nel programma, poiché il nostro territorio ha la necessità di riappropriarsi di una vocazione che gli è stata sottratta, a causa della connotazione quasi esclusivamente commerciale che ha assunto il territorio. Ciò significa che va fatto un lavoro enorme, poiché mancano i luoghi deputati agli eventi culturali, nello specifico sia alla formazione, che alle performance, che alle proiezioni cinematografiche.
Per vedere un concerto bisogna necessariamente spostarsi e per vedere un film c’è rimasto un solo cinema rispetto al passato. Molti non ricordano o sono troppo giovani ma esisteva in questa zona il Cinema New York, il Paris e il Bristol, quest’ultimo aveva una splendida location e architettura.
Quale è, secondo te, la motivazione della débâcle che ha interessato un quartiere tanto vivo come il tuo?
E’ accaduto perché hanno dato priorità assoluta ai profitti privati e facili, per esempio il Cinema Bristol dotato di 1600 posti e con l’apertura del tetto è stato trasformato prima in un centro commerciale ora in una clinica privata.
Questo perché non ne c’è stata una vera tutela da parte delle amministrazioni rispetto a questi luoghi di interesse culturale e di aggregazione, quindi sono stati venduti al miglior acquirente. Inoltre non essendoci un’offerta culturale è stato molto semplice procedere allo smantellamento delle sale.
Quale è la prima azione che faresti rispetto agli spazi culturali?
Sicuramente mi impegnerei a riaprire a tutti i costi il teatro Novecento e il Teatro di Villa Lazzaroni, costruito e mai utilizzato. Occorrerebbe una gestione partecipata attraverso un intervento delle istituzioni e dei bandi.
Durante tutti questi anni e la gestione dello CSOA Spartaco avete comunque messo in atto molte iniziative importanti. Quali sono?
Molte iniziative culturali nella produzione di eventi musicali, teatrali e artistiche, perché secondo noi questo tipo di eventi anticipano la cultura e sono molto efficaci dal punto di vista aggregativo. Basti pensare alla Street Art che arriva in maniera immediata a tutti. A nostro avviso è importante, seppur in modo trasversale, veicolare un messaggio, attraverso una forma che coincida con i contenuti. Questo è uno degli elementi più importanti dal punto di vista dello stile che solitamente scegliamo nelle varie produzioni artistiche.
Quindi c’e una visione all’interno del programma?
Non c’è esclusivamente una politica culturale, ma esiste la presenza fondamentale della cultura all’interno della politica. Non esistono distinzioni inoltre di livelli culturali e di settore. La cultura non ha distinzioni classiste. Si agisce scegliendo tanti registri e più stili senza mai tradire l’obiettivo finale. Anche l’intrattenimento, se veicola valori, può essere utile. Noi però prediligiamo la sperimentazione o le nuove scene artistiche. Abbiamo un’attenzione sulle forme d’arte che rispecchino la realtà attuale e la scena sociale. Ci piace molto giocare tra cultura e spazi urbani. Basta con le sole poltroncine rosso porpora!
Sappiamo che il “Cinecittà Film Festival” è stata una tua iniziativa. Come è nato?
Il Festival nasce come una rassegna cinematografica che vuole mettere in evidenza prime e seconde visioni non distribuite. Negli anni è cresciuto moltissimo e ha dato vita a premi e comitati di esperti che hanno contribuito in modo professionale a farlo crescere. Il VII Municipio deve assolutamente dare, a mio avviso, un risalto maggiore al cinema e al Festival del Cinema: siamo il territorio che ospita gli Studios, l’Istituto Luce e il Centro Sperimentale di Cinematografia e abbiamo sempre avuto la consapevolezza di rappresentare e far parte della prestigiosa tradizione di Cinecittà e della storia di questo importante settore della cultura. Da ciò nasce il fatto che negli anni siamo stati in grado di coinvolgere tutte le maestranze nell’evento e nell’organizzazione del Festival, attraverso Cinecittà Bene Comune.
Come si inserisce la questione antimafia nel comparto della cultura?
Le autorità e le organizzazioni si stanno già muovendo da tempo e avrebbero di sicuro il mio appoggio totale. Diciamo che gli spazi confiscati alla mafia sarebbero un ulteriore apporto prezioso per creare luoghi di produzione e performance.
Grazie e speriamo che tu abbia successo.