Non aveva paura di nulla, noi lo guardavamo e prendevamo fiducia … è stato uno dei primi ad interpretare il ruolo del portiere in chiave moderna … In quadro le testimonianze scorrono veloci e la regia alterna sapientemente la storia, la cronaca al novel, a quel romanzo calcistico che ci consegna un’icona in termini di stile e ci fa riflettere, in chiave storica, su un’epoca che ha lasciato memoria e cicatrici.
José René Higuita Zapata nasce in un quartiere povero di Medellìn, in Colombia, e la madre sin da subito si batte per riconoscere al figlio il suo cognome, visto che il padre è sparito. La morte della donna porterà René al primo grande trauma della sua vita e a vivere le fasi della crescita accompagnato dai nonni. Sin da subito il ragazzo, con la sua folta chioma nera e riccia, da del tu al pallone come attaccante e il suo gioco vive di dribbling attraverso un destro educatissimo. Lentamente però il suo raggio di azione in campo retrocede ed eccolo, giovanissimo, debuttare in porta con i Millonarios. Da quel momento inizia la parabola iconica di un atleta capace di reinterpretare il ruolo del portiere.
Con l’Atletico Nacional, sotto la gestione del mago Francisco “Pacho” Maturana, ecco che il nostro diventa uno dei migliori portieri del Sud America e, con la storica Coppa Libertadores vinta nel 1989 e la partecipazione ai mondiali di “Italia 90”, il suo stile di gioco, fatto di una continua ricerca del rischio, diventa internazionale. Higuita, nei momenti in cui la partita lo richiede, si assume la responsabilità di uscire palla al piede, di vivere dinamicamente le varie “stazioni” del terreno di gioco, e tutto ciò diventa linfa, coraggio per i compagni di squadra. La cosiddetta superiorità numerica, mantra del calcio moderno, nasce e si sviluppa anche grazie al suo stile di gioco.
Il cammino di Higuita tuttavia non lascia per strada solo luci viceversa le sue ombre, le sue ambiguità, come l’amicizia con il re della droga Pablo Escobar, portano lo spettatore e ritrovare in quadro un vero e proprio documento storico sulla Colombia degli anni Ottanta e Novanta. Un paese falcidiato dalla lotta al narcotraffico, in cui gli apparati dello stato, corrotti e legati ai cartelli della droga, non riescono a garantire la minima sicurezza nelle varie città.
Il linguaggio del documentario, del bravo regista Luis Ara, somministra ciclicamente le varie interviste al protagonista ed ai suoi compagni di squadra, dal El Pibe Valderrama a Victor Aristizàbal passando per il coach Maturana, con continui rimandi anche al nucleo familiare, dalla moglie ai figli. Una narrazione che non perde mai di ritmo facendo emergere le difficoltà esistenziali di un uomo su un doppio binario di significazione: la solitudine del portiere, che deve prendere decisioni all’ultimo momento, seguendo istinto e coraggio, e la difficoltà dell’uomo nel gestire il successo in un mondo, ambiente spregiudicato e in un periodo storico difficile. Tale cammino porterà il protagonista a conoscere i giorni bui del carcere, a vivere situazioni al limite che diventano metafora, testamento del suo carattere e dell’impossibilità, sotto certi punti di vista, di lasciarsi alle spalle i traumi del passato.
Un documentario di qualità che offre una trasversalità tematica tenendo fermi precisi riferimenti, in termini di linguaggio e ritmo, che non fanno calare mai l’attenzione. Il tutto si ricongiunge al sei settembre 1995, nel tempio di Wembley, nell’attimo in cui Higuita consegna alla storia il gesto tecnico più bello. Il centrocampista Redknapp, posizionato sul centrodestra, scaglia in area un pallone innocuo ed ecco che piomba nel mito il gesto dello scorpione, un attimo in cui il tempo diventa icona e immagine per i posteri. Il tuffo in avanti di Higuita e quelle gambe poderose che danno slancio ai talloni, scaraventando via il pallone, diventano la crasi tra ascesa, caduta e rinascita. Accanto a tale gesto, il nostro consegna alla storia nuove regole per i portieri, che grazie al suo gioco non possono più prendere il pallone con le mani su passaggio del difensore ma debbono rilanciare o far ripartire l’azione con i piedi, come faceva El Loco.
Su Netflix
René Higuita: il colpo dello scorpione (Higuita: El camino del Escorpión) Regia: Luis Ara; sceneggiatura: Luis Ara ; fotografia: Juan Manuel Apolo, Fermin Turban; montaggio: Augustin Fagetti; musiche: Maria Linares Arciniegas; produzione: Netflix; origine: Colombia, 2023; durata: 130 minuti.