Sex Education chiude i battenti con una quarta e ultima serie divertente, ironica con risultati complessivamente buoni, ma con un intreccio a tratti caotico, anarchico e poco funzionale. Questo non significa che la stagione conclusiva ideata da Nunn sia da buttare, anzi, il tono è sempre brillante, i dialoghi sono ben costruiti, gli episodi si lasciano guardare uno dopo l’altro con curiosità e avidità, il plot è pieno di spunti originali e la storia intreccia tematiche attuali e poco affrontate (o almeno affrontate non in questo modo).
Il punto è che la quantità di personaggi e di storie secondarie incide sulla qualità dell’intreccio principale, che risulta sfilacciato e a tratti meno credibile. Procediamo con criterio. Gli appassionati di Sex Education attendevano con ansia di conoscere gli sviluppi della relazione tra Otis (Asa Butterfield) e Maeve (Emma Mackey, recentemente vista in Emily) e l’evoluzione del dialogo sulla sessualità battezzato proprio dal nostro Otis, goffo protagonista nel liceo Moordale. Maeve, personaggio complesso, contorto, ribelle, per cui tutti i fan di Sex Education facevano il tifo, è partita per gli Stati Uniti e coltiva il sogno di diventare scrittrice. La relazione con Otis, che a casa è alle prese con l’arrivo della sorellina Joy e con incomprensioni di ogni tipo con il suo storico amico Eric, è piena di nodi che la distanza tra i due non aiuta a sciogliere. Maeve in questa stagione si vede poco, e il suo personaggio, probabilmente uno dei più interessanti delle serie precedenti, perde un po’ di smalto e di interesse, così come l’evoluzione del loro rapporto, di certo più adulto e consapevole rispetto al passato, ma meno intrigante, conflittuale e appassionato. La vecchia scuola, inoltre, chiude le porte e il nuovo terreno di gioco (e di scontro) è il Cavendish Sixth Form College, un campus progressista, autogestito dagli studenti in un’atmosfera surreale e utopica che non conosce barriere. Qui c’è spazio per qualunque forma di identità: la comunità queer non solo è integrata, ma promuove la delicatezza d’animo e la gentilezza come stile di vita.
Un bel cambiamento, forse troppo deciso e lievemente irreale, rispetto all’atmosfera grigia, desolante e di disagio esistenziale continuo che caratterizzava il liceo Moordale. Eric ( Ncuti Gatwa), in questo clima così accogliente e aperto alle esigenze di tutti, trova il suo nuovo centro stringendo amicizia con il gruppo “in” del nuovo liceo e, aspetto decisamente più interessante, è eternamente combattuto tra la sua fede ed il desiderio di esprimersi per chi è veramente. La rivoluzione nel nuovo liceo è in ogni caso destabilizzante, eccessiva e soprattutto dà il via a una serie di storie parallele e di nuovi personaggi “variopinti ” ed eccentrici che risultano solo abbozzati e non riescono ad essere approfonditi con la giusta calma. Va meglio, decisamente meglio, per i personaggi più maturi, quelli che hanno già superato da un pezzo la soglia dell’adolescenza. È il caso di Jean (Gillian Anderson), la madre di Otis, alle prese con la piccola Joy e con la depressione post partum che cerca, con tanta difficoltà, di ricostruire il rapporto con sua sorella, una sua coetanea immatura con un trauma irrisolto alle spalle. Il conflitto interiore e le difficoltà di barcamenarsi tra il ruolo di mamma in età non più giovanissima e il lavoro, è ben analizzato e risulta credibile e realistico. Così come Jean, anche Michael Groff, ex preside austero del Moordale (interpretato da Alistair Petrie) spicca, in questo carnevale umano variopinto e pittoresco, perché autentico e con un’evoluzione personale realmente approfondita e ben strutturata. Naturalmente severo e rigido, Michael è costretto, in età matura, a un percorso di crescita che implica l’accettazione di sé stesso e di suo figlio Adam, che ha sempre lottato per essere compreso dal suo nucleo familiare.
L’età matura e i suoi conflitti sono resi quindi in modo credibile dando vita a personaggi rotondi, ben sviluppati, evoluti e ben consapevoli di limiti e pregi personali. Ciò che funziona meno, invece, è quello che ci aveva appassionato nelle precedenti stagioni, ovvero la freschezza, la spontaneità, la complicazione e la leggerezza , al tempo stesso, dei conflitti adolescenziali. Troppa carne al fuoco e troppi personaggi colorati che spuntano improvvisamente con il solo scopo di stupire lo sguardo dello spettatore. Una buona dose di semplicità e di approfondimento avrebbe sicuramente giovato alla serie conclusiva di Sex Education, che risulta, in ogni caso, godibile e ben confezionata. Non stupefacente però.
Su Netflix
Sex Education – Show-runner: Laurie Nunn; fotografia: Jamie Cairney, Oli Russell; montaggio: Steve Ackroyd, David Webb, Calum Ross; interpreti: Asa Butterfield, Gillian Anderson, Ncuti Gatwa, Emma Mackey, Connor Swindells, Alistair Petrie, Aimee Lou Wood; produzione: Jon Jennings per Eleven Film; stagioni: quattro; origine: Gran Bretagna, 2023; durata: 47’- 85′ (ad episodio); distribuzione: Netflix.