L’arte sartoriale del Marocco, in particolare quella del caftano, porta con sé una filosofia radicale e profonda, legata al lavoro manuale e alla tradizione, che si rispecchiano nella morbidezza del taglio, nei ricami ornamentali di straordinaria fattura, nelle stoffe coloratissime.
Halim e Mina, marito e moglie, gestiscono un negozio di caftani tradizionali in una Medina (città antica) del Marocco: Mina gestisce la clientela, Halim confeziona i meravigliosi vestiti, lavorando rigorosamente a mano, ed impiegando tutto il tempo necessario: quattro, sei, otto settimane, ci vuole pazienza, ma la clientela va sempre più di fretta, “perché non utilizzate la macchina da cucire? Tanto la differenza non si nota nemmeno” quando sente i commenti come questo, Mina invita i clienti a rivolgersi altrove. Chi non è capace di aspettare, non si merita il lavoro del marito, soprattutto se è alle prese con un meraviglioso caftano blu petrolio, ed erano anni che non aveva la possibilità di confezionare un indumento così bello.
La parola tradizione, però, porta sovente con sé anche un’ombra minacciosa, fatta di intolleranza ed oppressione.
Halim, infatti, nonostante il tenero amore che lo lega alla moglie, sempre più difficilmente riesce a nascondere la sua inclinazione omosessuale, che, in un paese come il Marocco, non può trovare sublimazione, e costringe Halim a tendere verso segreti incontri mercenari. Mentre il solco di infelicità prodotto dal non poter esprimere appieno il proprio desiderio si fa sempre più profondo e lo rende un uomo silenzioso e malinconico, Halim soffre ulteriormente, per non poter amare la moglie come lei vorrebbe e meriterebbe.
Poi arriva Youssef, un giovane aiutante ed apprendista sarto, tra lui è Halim si crea una sintonia particolare, e l’equilibrio apparentemente delicato dei coniugi comincia a traballare. Mina, che già intuisce molto più di quel che il marito è disposto a confessarle, dovrà far fronte a due grandi prove, una fisica, l’altra emotiva, che si scagliano su di lei con letale sincronismo. Qui il lavoro di Maryam Touzani mostra, nella sua narrazione, una capacità di imboccare risvolti non banali e dare un sapore realistico alla vicenda. Attraverso passaggi suggeriti ed accennati il film si esprime al suo meglio, restituendo la complessità contraddittoria del sentimento amoroso. Vero anche, che, visivamente, gli scambi di sguardi e le mani che si sfiorano vengono reiterati in maniera eccessiva, e talvolta assistiamo a soluzioni poco originali, che sanno un po’ di espediente (la scena della danza tra i tre protagonisti, che mostra maggiore affiatamento tra Halim e Youssef); ma nel complesso il film riesce a mantenere una solida cifra, che trova nella discrezione e nell’intensità dei volti in primo piano la sua dimensione.
Tra le interpretazioni, quella di Lubna Azabal è quella che colpisce maggiormente, l’attrice, che per restituire il deperimento fisico del suo personaggio ha perso ben 8 kg, aveva già lavorato con Maryam Touzani nel precedente film Adam. Azabal possiede un insieme di qualità contrastanti che rendono il suo viso e la sua espressività estremamente efficace: i suoi lineamenti duri e lo sguardo dolce sono capaci di trasmettere un vasto universo di sofferenza interiore. Maryam Touzani, del resto si affida molto allo sguardo dei suoi protagonisti, lasciando che gli occhi dei suoi personaggi parlino e dicano tutto ciò che non possono comunicare a voce, specialmente per quanto riguarda gli scambi tra i due uomini, (Saleh Bakri ed Ayoub Missioui) che solo tramite lo sguardo possono desiderarsi a vicenda.
Girato quasi completamente negli spazi domestici del negozio e della casa dei coniugi, con un commento musicale ben dosato che, oltre ad aggiungere una nota di lirismo, si incarica di veicolare l’aspetto che incarna il soffio vitale della pellicola: la discreta ed inesorabile forza di Mina, che, attraverso un balletto accennato a mo’ di sberleffo si prende gioco dell’ottusità meschina diffusa attorno a loro. La stessa vitalità ella la vede e la riconosce nel marito. Ed è in questa purezza, fatta, infine, anche di dolorosa onestà e profonda, reciproca comprensione, che i due riescono a mantenere intatto il loro amore, fino alla fine.
In sala dal 21 settembre
Si veda anche la recensione dal Med Festival 2022
Il Caftano Blu – Regia: Maryam Touzani; sceneggiatura: Maryam Touzani, Nabil Ayouch; fotografia: Virginie Surdej; montaggio: Nicolas Rumpl; musica: Kristian Eidnes Andersen; interpreti: Lubna Azabal, Saleh Bakri, Ayoub Missioui; produzione: Les Films du Nouveau Monde, Ali n’ Productions, Velvet Films, Snowglobe; durata: 123 minuti; origine: Francia/ Marocco, 2022; distribuzione: Movies Inspired.