Dopo aver esordito ormai nel lontano 1998 con Rushmore (1998) e aver conseguito altri grandi successi internazionali tra cui le commedie I Tenenbaum (2001), Grand Budapest Hotel (2014) e The French Dispatch (2021) oppure il cartone animato in tecnica stop-motion L’isola dei cani (2018), Wes Anderson, amatissimo per i suoi film lontani dal cinema dei blockbuster, ma affollatissimi di star hollywoodiane, è tornato con un film di fantascienza: Asteroid City. Che ha visto la sua “prima” in Concorso per la Palma d’oro al recente Festival di Cannes, dove ha portato a sfilare sul tappeto rosso della Croisette un concentrato di stelle del cinema come nessun altro film in questa edizione.
Come nelle opere precedenti anche qui la sceneggiatura è stata scritta a quattro mani insieme a Roman Coppola (uno dei numerosi talenti della famiglia), e i costumi sono nuovamente affidati al tocco straordinariamente riconoscibile della costumista Milena Canonero (Arancia meccanica, Barry Lindon, Shining, solo per citare le collaborazioni con Stanley Kubrick).
Forse, più che di un film di fantascienza, si può parlare riguardo a Asteroid City di una parodia benevola, che gioca nostalgicamente con i cliché del genere, nella quale il regista texano ancora una volta porta in scena l’estetica retrò degli anni Cinquanta. In questo caso specifico si riallaccia ad aspetti formali tipici di programmi seriali in onda agli albori della televisione, come già aveva fatto nell’episodio della cena a casa del commissario di polizia in The French Dispatch.
La narrazione è a scatole cinesi, quindi un racconto nel racconto. All’inizio appare una scena teatrale, in bianco e nero, che vede il regista Schubert Green (Adrien Brody) alle prese con la scrittura e la messa in opera di una serie televisiva, come dicevamo, di fantascienza, intitolata appunto come il film: Asteroid City. E qui ha inizio la storia che vediamo svolgersi a colori, in toni pastello, su uno sfondo ritagliato su misura per gli attori: sequenze da un diorama alla Wes Anderson.
Siamo negli anni Cinquanta, il giornalista Augie Steenbeck (Jason Schwartzman, altro talento della famiglia Coppola da parte di madre), viaggia insieme ai suoi quattro figli, per portare le ceneri della sua da poco defunta moglie al suocero (Tom Hanks). Attraversando un non ben definito deserto americano, la famiglia si trova bloccata ad Asteroid City durante i festeggiamenti per l’Asteroid Day. Fra gli altri ospiti che partecipano all’evento, arriva, accompagnata dalla figlia, anche l’attrice Midge Campbell (Scarlett Johansson). Il punto saliente della celebrazione è il raduno, accompagnato da vari esperimenti proposti dai giovani geni dell’astronomia, degli Junior Stargazer. Senonché un fenomeno ‘alieno’ arriva a disturbare la gara.

In una carrellata senza sosta di star americane, – oltre alle già citate troviamo Margot Robbie, Willem Dafoe, Tilda Swinton, Matt Dillon, Maya Hawke, Jeffrey Wright, Bryan Cranston, Edward Norton, Liev Schreiber, Hope Davis, Steve Carell, Hong Chau -, Wes Anderson si diverte a (tra)vestire i suoi attori, affidargli ruoli eccentrici e letteralmente ‘metterli in scena’ come si farebbe con delle figurine a dimensioni ridotte in una casa per bambole.
Gli scenari quasi bidimensionali del motel, la pompa di benzina e il diner servono da sfondo per vignette molto stilizzate (un po’ graphic novel) e retrò che fanno tutt’al più sorridere, ma risultano troppo costruite per attivare in noi reazioni più forti. Forse, più che concentrarsi a seguire le frasi spesso ridondanti dei dialoghi, conviene abbandonarsi alla fantasia inventiva degli sketches, che Wes Anderson utilizza per dare un minimo di movimento ai suoi tableaux vivants. Fra le tante scenette caricaturali e le citazioni colte, – molte delle quali probabilmente oscure a chi scrive -, funghi atomici e pistole laser, l’apparizione di Beep-Beep, il Road Runner, che sfreccia di corsa per lo schermo è sicuramente, almeno per i nostalgici dei cartoni animati televisivi dei Looney Tunes (1930-1969), fra le più divertenti.
Certo, ci sono dei film di Wes Anderson, in cui la realizzazione del racconto filmico tramite diorami, è riuscita ad ottenere risultati migliori (ad esempio Grand Budapest Hotel o The French Dispatch), ma non è questo il caso di Asteroid City. Perché se è vero che quello che conta è “solo continuare a raccontare una storia”, come dice l’attore Bryan Cranston, nel ruolo di presentatore della serie televisiva, rivolgendosi al regista Schubert Green, la storia però, non può limitarsi a essere una sofisticata successione di immagini, per quanto ingegnose e ben calibrate nella composizione, e nemmeno una parata di star trasformate in parodie di sé stesse. Neppure le più leggere scenografie in cartongesso rimangono in piedi senza una solida armatura che le sostenga. Ancora meno sull’instabile sabbia del deserto.
In sala dal 28 settembre 2023
Asteroid City – Regia: Wes Anderson; sceneggiatura: Wes Anderson, Roman Coppola; fotografia: Robert Yeoman; montaggio: Barney Pilling; musiche: Alexandre Desplat; scenografia: Adam Stockhausen; costumi: Milena Canonero; interpreti: Jason Schwartzman, Adrien Brody, Scarlett Johansson, Margot Robbie, Tom Hanks, Willem Dafoe, Tilda Swinton, Matt Dillon, Maya Hawke, Jeffrey Wright, Bryan Cranston, Edward Norton, Liev Schreiber, Hope Davis, Steve Carell, Hong Chau ; produzione: American Empirical Pictures, Indian Paintbrush; origine: US, 2023; durata: 105 minuti; distribuzione: Universal Pictures.