Fabrice Luchini è l’attore feticcio della commedia francese: ironico, duttile, dalle espressioni di disagio permeate sul viso. L’uomo felice del titolo è Jean Leroy, sindaco conservatore di un paese del nord della Francia, in scadenza di mandato: ha deciso di candidarsi per la terza volta senza averlo ancora detto a sua moglie Edith (Catherine Frot), la quale a sua volta ha in serbo un segreto difficile da condividere. Affrontare in chiave favolistica il tema della disforia di genere e dell’universo Lgbtq è cosa assai spinosa: vero che nel genere di commedia si vola più facilmente con una risata su un argomento che nell’attuale società bigotta è ancora un tabù.
Vivere in un corpo che non si sente familiare, non riconoscersi allo specchio, avere paura di dichiarare il proprio disagio vengono raccontati, nel film, solo attraverso le sedute col gruppo di sostegno sull’identità di genere dove Edith prova a raccontarsi. Nelle molteplici declinazioni di chi non è cisgender (coloro i quali sono a proprio agio nel genere di nascita) – binario, transessuale, gay, bisessuale, pansessuale e/o altro – la donna, che a sessant’anni e passa si sente uomo, trova una dimensione di conforto e solidarietà.
Dopo il primo incontro torna a casa e seppellisce in giardino i suoi reggiseni colorati, ci mette sopra una croce e il suo nome: Edith è morta, è nato Eddy. Suo marito perde la testa, minaccia di farla internare, la aggredisce verbalmente. La tensione si taglia col coltello fino a giungere a un compromesso: la donna asseconderà l’immagine del matrimonio perfetto per tutta la durata della campagna elettorale del marito, dopo farà il coming out e quello che sarà sarà.
Le gag seguenti sono molteplici e variano di intensità come nelle comiche: alcune sono più riuscite, sebbene prevedibili, altre meno (i baffi di lei, cresciuti per via degli ormoni, si vedono nell’obiettivo della telecamera per lo spot del sindaco; il bacio tra i due in stato di ebbrezza ripreso dai giornali; la battuta “ho fatto l’amore con la donna barbuta”).
Sarà l’elettorato a rispondere favorevolmente al cambiamento di sesso della moglie del sindaco che, infatti, verrà rieletto per merito di lei. “En avant comme avant”, lo slogan destrorso viene ribaltato dalla popolazione che giudica l’accettazione da parte del sindaco della transizione come atto di libertà e apertura mentale. La felicità dei protagonisti non sarà così facile da conquistare. La regia è aggraziata, la recitazione delicata e naturale, montaggio e musiche adatte allo scopo di alleggerire la pillola, di ridere senza troppo approfondire, escludendo ogni tipo di sofferenza.
I personaggi sono, però, tratteggiati in maniera superficiale, le interazioni ovvie e senza slanci, la catena di azione e reazione viaggia su binari già visti. Si sorride durante la visione, se ci si lascia andare senza troppo pensare: la sensazione amara di un’occasione mancata resta in bocca come una caramella di ricino. La bravura dei due protagonisti non basta a cancellarla.
In sala dal 9 marzo 2023
Un uomo felice; Regia: Tristan Séguéla; sceneggiatura: Guy Laurent, Isabelle Lazard; fotografia: Frédéric Noirhomme; montaggio: Alice Plantin; musica: Amin Bouhafa; interpreti: Fabrice Luchini, Catherine Frot, Philippe Katerine, Artus, Camille Le Gall, Grégoire Bonnet, Agnès Hurstel; produzione: Sidonie Dumas; origine: Francia, 2023; durata: 89’; distribuzione: Teodora Film.