La selezione del Festival Rendez-vous Nuovo cinema francese (9-13 giugno 2021), arrivata ormai alla XI edizione, che si svolge a Roma e in altre città d’Italia – promosso dall’Institut Française e l’Ambassade de France en Italie – ha da sempre la specialità di una selezione originale, a volte sorprendente, con chicche difficili da trovare, pellicole che altrimenti mai si vedrebbero in Italia, documentari premiati nel mondo.
Quest’anno, nonostante le evidenti notevoli difficoltà organizzative, il piccolo festival si è svolto al Nuovo Sacher di Nanni Moretti con un riscontro di pubblico elevato, incontri con registi e attori, il famoso dibattito (Nanni che urla “No, il dibattito no” in Io sono un autarchico, 1976, che, per i cinefili italiani, resta impresso nell’iride al pari della tortura dell’occhio di Bunuel de Un chien andalou, 1929).
Mescolando i generi nella fiction – dramma, commedia, noir, semi-erotico – e documentari lo spettatore in sala ha viaggiato (finalmente) nelle storie d’amore che si vivono tra persone, tra persone e animali, tra persone e luoghi.
Così la guerra civile in Libano trova un eco vibrante, in una forma visiva altamente concettuale e ispirata, con Sous le ciel d’Alice di Clohé Mazlo (Francia, 2020, selezionato alla Semaine de la Critique di Cannes 2020), caratterizzato da una messa in scena che mescola l’uso dell’animazione stop motion con la plastilina, i cartonati come fondali, una serie di invenzioni visive non digitali che lasciano volare l’immaginazione più di qualsiasi effetto 3D. A interpretarlo in maniera toccante Alba Rohrwacher e Wajdi Mouawad.
Così la violenza psicologica di un mefistofelico artista di fama mondiale con le saccocce piene di denari e gli occhi contornati di kajal (che armeggia con la vita delle persone come mangiafuoco facendo diventare un essere umano – Yahya Mahayni, migliore attore a Venezia 77 nella sezione Orizzonti – un’opera d’arte – esempi reali ne sono esistiti, la regista ha preso ispirazione da un fatto di cronaca: da vedere al riguardo anche The squadre di Ruben Östlund, 2017) – in L’homme qui a vendu sa peau di Kaouther Ben Hania (https://close-up.info/verso-gli-oscar-the-man-who-sold-his-skin/) candidato all’Oscar 2021 come miglior film straniero.
Così la multiculturalità fatta modello di vita nella villa nouvelle Cergy-Pontoise, a 40 chilometri da Parigi, dove la scrittrice francese attualmente più amata in Italia e all’estero, Annie Ernaux, ha vissuto per molti anni (l’uso della voce fuori campo tratta dalle parole dei testi dell’autrice, letti a volte da lei medesima, a volte dai molti giovani di cui seguiamo le storie lungo il film, eleva alcuni momenti a piccoli gioielli poetici) nel documentario J’ai aimé vivre là di Régis Sauder (Francia, 2020).
O ancora la passione che diventa ossessione, come vuole la tradizione letteraria e cinematografica di sempre – da Anna Karenina a Madame Bovary da Attrazione fatale e La fiamma del peccato a Il postino suona sempre due volte – qui però non si arriva all’omicidio, piuttosto a una stanchezza dell’ardore stesso che brucia e si consuma come la fiammella di una candela fatta di plastica: la protagonista Hélène (Laetitia Dosch) perde la ragione appresso a Alexandre (Sergei Polunin), un giovane russo di passaggio, una guardia di sicurezza dell’ambasciata, che lei ritiene – più fascinosamente – una spia, sposato nel suo paese, di pochissime battute e molte leccate, tastate e iniezioni di piacere durante le molteplici (più della metà delle scene del film osservano nei dettagli i loro appagantissimi rapporti amorosi) sessioni di sesso.
Parliamo di Passion simple per la regia Danielle Arbid (Francia/Belgio, 2020, label Cannes 2020), adattamento appunto del libro autobiografico di Annie Ernaux del 1992 che ha suscitato grande scandalo per il timbro erotico inusuale.
Con una bella presenza di cineaste donne, opere pluripremiate e anteprime nazionali la rassegna ha raccolto i parigini e i francesi sparsi per la città di Roma, i curiosi e gli amanti della cinematografia d’oltralpe e tutti coloro che da mesi non desideravano altro che appassionarsi al buio di una sala vera e propria e lasciarsi andare con trasporto alla magia del cinema.