Flow – Un mondo da salvare di Gints Zilbalodis

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I mondi animati creati dal giovane regista lettone Gints Zilbalodis sono misteriosi e indecifrabili, eppure le sue storie riescono ad attrarre e coinvolgere lo spettatore in un’esperienza immersiva come pochi film sanno trasmettere, e questo forse perché possiedono caratteristiche che solitamente appartengono più al mondo dei videogiochi, che non a quello cinematografico. Dopo il suo primo successo internazionale con Away (2019) esce ora nelle nostre sale  Flow – Un mondo da salvare presentato fra gli applausi di pubblico ai Festival di Cannes e Annecy. In quest’ultimo ha vinto ben quattro premi, per correre ora come candidato alla corsa per l’Oscar nella categoria dei film di animazione.

Per tutto il corso del film, a noi spettatori non viene dato di sapere nulla su cosa sia successo in precedenza, sull’apocalisse che si è abbattuta sulla terra, ma possiamo immaginarci – viste le tragiche immagini arrivate dalle inondazioni degli ultimi tempi e dall’ultima catastrofe in Spagna – il perché rimangano solo le vuote ‘carcasse’ degli edifici, in un paesaggio privo di una qualche presenza umana. Inoltre, durante la narrazione Flow si arricchisce di piccoli, a volte quasi nascosti elementi che aiutano, se non a completare la storia, almeno ad ampliare le possibilità immaginative su cosa sia accaduto.

La delicata figura di un gatto nero, il nostro protagonista senza nome, si muove sinuosa fra l’erba e gli alberi in un tranquillo bosco, dove sorgenti e stagni imperano sovrani fra la rigogliosa natura, a prima vista incontaminata. In questo bosco vivono, o sopravvivono, varie specie animali. Solo per la notte è abitudine del gatto trovare rifugio in una casetta di legno e pietra ai margini del bosco, abbandonata, ma circondata da piccole e grandi statue di felini scolpite in pietra o intagliate nel legno, che fanno venir in mente un giardino giapponese; al suo interno scorgiamo disegni, manufatti e oggetti che solo la mano esperta dell’uomo, il grande assente, avrebbe potuto creare. Ma casa e statue non rimangono gli unici segni di una precedente esistenza umana: disseminati qua e là compariranno oggetti, altre statue e complessi edifici in rovina. All’improvviso la tranquilla serenità della natura viene scossa dall’arrivo di un’onda d’acqua che sommerge alberi e valli e continua in silenzio, ma senza tregua, a salire di livello. Barche incastrate ai rami più alti degli alberi tornano a galleggiare su una terra ormai invasa dall’acqua e diventano la salvezza per il nostro amico gatto ed un gruppo di diversi animali, ai quali si accompagna il suo destino di sopravvissuto. Fra questi un capibara, un lemure, un cane di razza Labrador e infine dopo essere stato cacciato dal suo stormo per aver difeso il nostro gatto, un uccello serpentario bianco. Inizia così per loro una navigazione e una convivenza forzata su questa barca, che, minuscola isola in movimento, li porta verso la salvezza o la ricerca di un luogo sicuro. Alcuni momenti sulla barca, sarà per l’estetica di alcuni paesaggi ottenuti grazie al digitale, ricordano il film estremo di Ang Lee Vita di Pi (2021). Ma pure l’improvviso emergere dall’acqua di un enorme cetaceo parrebbe essere una citazione dallo stesso film. L’immenso pesce però diventa per Gints Zilbalodis un enigmatico simbolo di fratellanza animale, proprio perché appare nei momenti di più tragico bisogno e, anche se in apparenza involontariamente, viene a salvare più volte il nostro gatto nero da morte sicura. Se l’immaginario naturalista del film evita la facile umanizzazione del mondo animale come è solito fare il settore dell’animazione (Disney, DreamWorks) e come abbiamo visto nel più recente Il robot selvaggio (2024), non di meno gli animali qui protagonisti, pur non parlando, sono dotati di forte espressività, hanno un coraggio temerario nell’affrontarsi o nel sopportarsi fra loro nello spazio ristretto dell’imbarcazione, e anzi, osano andare contro il loro naturale istinto rivelandosi alla fin fine un tantino troppo intelligenti. Ciò che li salva da questo, chiamiamolo eccesso umano, è l’accurato e quasi perfetto naturalismo dei movimenti, a cui veramente viene data grande attenzione, e giustamente ne abbiamo apprezzato la raffinata qualità.

Autodidatta e abituato a lavorare da solo, per quest’ultima sua ricercata opera, Zilbalodis ha coinvolto una troupe di più persone e utilizzato la tecnica CGI  per ricreare una realtà virtuale molto vicina a quella reale, nonostante l’approssimazione digitale creata dal computer. Se ne avvantaggiano in particolar modo, come dicevamo, i movimenti dei protagonisti animali, riprodotti con grande effetto naturalistico. Anche per questo Flow si avvicina stilisticamente ad un sofisticato videogioco, elaborato fin nei minimi dettagli. Solo che qui lo spettatore non può agire o interagire per proseguire nella storia, ma solo seguire e osservare il viaggio degli animali sullo schermo. Il nostro protagonista senza nome ricorda il gatto Jiji, amico e compagno di avventure di Kiki, in Kiki – Consegne a domicilio di Hayao Miyazaki. E in generale, è proprio l’uso ineccepibile della luce, accompagnato dal raffinato coesistere di estetica fantastica e realismo naturalista del maestro giapponese, quello che il film cerca di emulare; e possiamo dire con successo.

L’accompagnamento musicale, composto appositamente dallo stesso regista insieme al compositore lettone Rihards Zalupe, crea un unicum con le immagini e rende l’esperienza immersiva fra questi meravigliosi, vasti e rigogliosi paesaggi acquatici ancora più emozionante e carica di significati. Flow rimane fino alla fine un film per molti versi indecifrabile, ma pieno di entusiasmo per la natura e la solidarietà, faticosamente acquisita e conquistata a forza di convivenza, fra gli animali del piccolo gruppo.

Rimane la voglia – ahimè insoddisfatta – di poter prendere in mano la situazione grazie ad un controller per vedere quale possibile alternativa rimanga, a noi pubblico, di esplorare e interagire in prima persona in questo mondo fantastico, perché nonostante la sua vastità, rimane pur sempre limitato al tempo e allo spazio diegetico del film. Non ci sono post-game o contenuti extra. A quanto pare, nell’immaginario universo post apocalittico e post umanitario di Zilbalodis, la presenza umana, e quindi anche lo spettatore, ha subito già da tempo il suo peggior game over, e senza ottenere ulteriori bonus vita (one-up) non ha nessuna possibilità di ritorno.

In sala dal 7 novembre 2024.


Flow – Un mondo da salvare  (Flow)Regia: Gints Zilbalodis; sceneggiatura: Gints Zilbalodis, Matīss Kaža; fotografia e montaggio: Gints Zilbalodis; musiche: Gints Zilbalodis, Rihards Zalupe; produzione: Dream Well Studio, Sacrebleu Productions, Take Five; origine: Belgio/Francia/Lettonia, 2024; durata: 85 minuti; distribuzione: Teodora Film.

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