La Singla di Paloma Zapata

  • Voto

La docufiction della regista spagnola Paloma Zapata ci porta, fra i battiti di mani e i tacchi di scarpe che creano il vorticoso ritmo del flamenco gitano originario dell’Andalusia spagnola, a riscoprire la biografia di una delle interpreti che ne hanno rivoluzionato la storia: Antonia Singla detta Antoñita “La Singla”. Nonostante sia scomparsa nel buco nero del passato, La Singla era diventata fra gli anni ’60 e ’80, ancora in giovanissima età, una stella – o vista la sua breve carriera forse sarebbe meglio definirla una meteora – europea del flamenco, grazie al suo inconfondibile stile personale.

Per quanto il film di Zapata voglia documentarne la storia, la regista opta per una cornice narrativa di fiction, con la quale ci accompagna alla scoperta non solo dei materiali d’archivio, ma ci introduce anche alla misteriosa sparizione di Antonia. Helena (Helena Kaittani), una giovane spagnola di Siviglia – e alter ego della regista – prende lezioni di flamenco e, affascinata da questa danza gitana, come si fa, si mette a navigare in rete per approfondire l’argomento. Fra gli altri, trova un filmato di repertorio che la colpisce particolarmente.

È di una giovanissima ballerina chiamata La Singla, che si muove in modo così personale che Helena incuriosita vuole saperne di più. Partendo dalle prime informazioni trovate in rete veniamo informati dei pochi cenni biografici conosciuti sulla ballerina e le circostanze che l’hanno resa così popolare. Nata nella comunità gitana di Barcellona, fra le baracche situate sulla spiaggia di Somorrostro, Antonia, a causa di una meningite neonatale diventa sorda e rimane muta per molti anni. Nonostante ciò, fin da piccola impara dalla madre a battere il tempo con le mani e, con una impressionante intuizione ritmica, inizia a ballare il flamenco. Il suo particolare stile si fa presto notare, tanto che, ancora bambina, partecipa insieme alla già nota interprete Carmen Amaya alle riprese per il film Con odio e con amore (Los Tarantos, 1963) di Francisco Rovira Beleta. Helena però non si accontenta di queste brevi informazioni e si mette in viaggio per Barcellona. Qui incontra la fotografa Colita (Isabel Steva i Hernández), autrice di meravigliose fotografie con protagonista la giovane interprete scattate sul set del film, che le racconta come abbia conosciuto Antonia, in un locale della città, dove questa era solita esibirsi per qualche soldo accompagnata dalla madre, e frequentato da vari artisti, fra cui anche il musicista francese Gilbert Becaud. Proseguendo le sue ricerche si mette in contatto con Francisco J. Banegas Moreno, il manager del Los Califas, un club di flamenco di Madrid, che aveva ingaggiato la ragazzina. Moreno mette a disposizione di Helena tutto il suo archivio: album fotografici, vinili, rassegne stampa e cataloghi di festival, purché ne faccia buon uso. Il suo locale infatti era frequentato da noti artisti, fra i quali Salvator Dalì, Joan Mirò e Marcel Duchamp, che dopo aver ammirato sul palcoscenico di Madrid questo fenomeno del flamenco, si fanno immortalare insieme a lei in una fotografia. La fortuna di La Singla non si ferma qui. Scoperta dal produttore musicale tedesco specializzato in jazz, Olaf Hudtwalcker viene invitata, dal 1965 e a soli 17 anni, a fare un tour in Germania. E qui La Singla diventa la star di un Festival di Flamenco gitano dove torna ogni anno. Sennonché, all’improvviso, al colmo del successo, decide di abbandonare senza dare spiegazioni la scena musicale e di lei si perdono completamente le tracce.

Oltre ad alcune sequenze tratte dal film di Rovira Beleta, le intense foto in bianco e nero della fotografa Colita, e i materiali offerti da Moreno, la regista si serve di alcune registrazioni d’epoca trovate negli archivi della televisione tedesca, la ZDF. Un enorme quantità di materiale che Zapata sembra aver utilizzato solo parzialmente. Il suo interesse si concentra più sulla soluzione della misteriosa indagine in corso: che fine ha fatto Antonia Singla? Non sempre però questa cornice investigativa, riesce a coinvolgere come vorrebbe, anzi tende a risultare eccessiva. Soprattutto, si percepisce una certa fatica nel gestire le evidenti lacune biografiche in modo autorevole. Il tentativo di creare suspence e mistero attorno alle vicende, come viene sottolineato dalla colonna sonora originale, risulta alla lunga enfatico e rischia di diventare ripetitivo.

Tutto sommato, e nonostante le sue imperfezioni, il lavoro di Zapata rimane un prezioso strumento, perché ha il pregio di aver recuperato dall’oblio questa figura straordinaria che sicuramente è stata La Singla, fosse solo per la forza e l’incredibile espressività delle sue interpretazioni. Proprio queste occasionali registrazioni d’epoca, che hanno immortalato le sue interpretazioni, rimangono rare perle visive, e non ci si stancherebbe mai di guardarle.

In sala dal 14 novembre, in occasione della Giornata Mondiale del Flamenco.


La SinglaRegia e sceneggiatura: Paloma Zapata; fotografia: Iñaki Gorraiz, Dani Mauri; montaggio: Paloma Zapata; musiche: Juliane Heinemann; interpreti: Antoñita Singla, Isabel Steva i Hernández (Colita), Helena Kaittani, María Alfonsa Rosso, Adelfa Calvo; produzione: La Fábrica Naranja, Malandar Films, inselfilm produktion; origine: Spagna/Germania, 2023; durata: 95 minuti; distribuzione: EXIT Media.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *