Confiteor. Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione di Bonifacio Angius

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Il bel film di Bonifacio Angius imbocca strade diverse, quasi tutte giuste, e riesce a farle convogliare in un’unica architettura narrativa capace di rendere un film multiforme come questo straordinariamente coeso. L’elemento più notevole, il grande pregio di questo film, è la parola, il racconto, che eleva le immagini in maniera sorprendente ed inaspettata.
In un delirio di onnipotenza narcisistica l’autore e regista decide di interpretare sé stesso, suo padre, e dare al suo stesso figlio la parte di sé stesso durante i flashback, lungi da noi criticare tale scelta, che si rivela necessaria e rimodula la finzione con la realtà autobiografica, forse era l’unico modo di avere una tale esattezza di interpretazione.
La voce narrante del protagonista, quasi sempre presente, racconta in voce over sé stesso, suo padre, gli accadimenti, ora parlando in prima persona, ora lasciando parlare la sua presenza sullo schermo. È un eloquio estremamente efficace, estremamente cinematografico, staresti ore ad ascoltare un racconto declamato da una voce così particolare. L’inflessione sarda ed il tono malinconico, rabbioso e cantilenante riescono a stemperare anche passaggi che, sulla carta, non dovrebbero funzionare così bene, eppure la voce e la cadenza riescono a togliere legnosità a talune espressioni e a renderle giuste.
Allo stesso modo, l’inventiva delle immagini, costruite attentamente da un autore che mostra grande capacità nello sviluppare nuovi congegni e nuove riflessioni metacinematografiche (metacinema nel senso vivo del termine, non patetiche sofisticazioni che odorano di cadavere), tutto questo stempera una musica a tratti stucchevole, piatta, non all’altezza, a nostro parere, delle trovate visive.

Il film riesce in qualche modo a complicare una storia semplice, eppure restituirla nella sua linearità e chiarezza, nonostante i vari passaggi temporali e gli interpreti che si scambiano di ruolo: è un film che disorienta ma non confonde, perché si ha sempre la certezza che chi ci sta guidando sa dove ci vuole portare, E allora, anche se abbiamo l’impressione che ci sfugga qualcosa, rimaniamo comunque fiduciosi che in realtà non ci è sfuggito proprio nulla. La prima inquadratura illustra perfettamente questo concetto: una carrellata di una palazzina che parte dall’ultimo piano e scende fino al piano terra, mentre la voce over descrive i vari abitanti della palazzina in ordine inverso, partendo dal basso. Come se il regista volesse chiarire sin da subito che, alla fine di ogni sequenza, rimarrà qualcosa impresso a livello non del tutto conscio, ma un collegamento verrà comunque stabilito. E non stiamo parlando di surrealismo o momenti onirici, questo è un film che non gioca troppo con il sogno, rivisita la memoria, ma non altera il suo significato.
È la storia di un padre, raccontata da un figlio, interpretata dal figlio del figlio. Il padre, a seguito di un incidente in auto, dapprima non ricorda nulla, poi comincia lentamente a recuperare la memoria e la sua vecchia personalità. Comincia a mettere assieme i tasselli di ciò che ancora non ricorda e capisce di essere stato truffato dallo zio e da altri membri della famiglia. Un uomo la cui vita si è intersecata a quella di donne di cui si è innamorato perdutamente e con le quali si sono instaurate relazioni tossiche che lo hanno ridotto all’ombra di sé stesso. La donna che più di tutte lo ha devastato, una certa miao miao“(Simonetta Columbu), affetta da un disturbo di personalità che oscilla tra promesse di amore eterno ed una profonda svalutazione e vittimistico disprezzo.
Il punto di vista pare triplicarsi, nonno padre e figlio a tratti si sovrappongono come un’unica entità, e si percepisce, durante tutta la visione, che è questa è un’opera particolarmente ispirata e sentita, siamo d’accordo con lui, quando afferma “Ho realizzato il mio film più bello, grande, sincero, libero. Ho concluso un percorso nato quasi vent’anni fa con un film autobiografico

Chiuso il cerchio,  auguriamo di cuore a Bonifacio Angius di inaugurare un nuovo capitolo della sua carriera cinematografica e speriamo presto di vedere altre sue opere.

Presentato in anteprima alle “Giornate degli Autori” (Notti veneziane) – Premio Carlo Lizzani.
Proiezioni a Roma il 15 e il 17 ottobre in presenza del regista e del cast.
In tour dal 16 ottobre 2025. 


Confiteor. Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione Regia e sceneggiatura: Bonifacio Angius; montaggio: Rita Flores; fotografia: Milagros de l’Alma; musica: Luigi Frassetto; interpreti: Bonifacio Angius, Antonio Angius, Simonetta Columbu, Geppi Cucciari, Edoardo Pesce, Giuliana de Sio; produzione: Monello films; origine: Italia, 2025; durata: 96 minuti; distribuzione: Obiettivo Cinema, Il Monello Film.

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