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Voto
L’animazione è, nell’immaginario comune, indissolubilmente legata alla fiaba: Alice precipita nel buco nero dei suoi sogni e si risveglia fra le braccia della Regina di Cuori. Per sfuggire alla morte, la principessa Aurora dormirà un millennio intero. Nei film di Miyazaki, l’umanità lotta per preservare la magia dalla sua inevitabile estinzione. Prima di ergersi a impacciato stregone, Mickey Mouse fischietta a bordo del suo battello a vapore, cavalcando con funambolica grazia un fiume anni ’20. Nel cortometraggio Snow-White, pietra miliare dell’America post-depressione, Betty Boop si adagia nella sua bara a ritmo di jazz, mentre lo spettro di Cab Calloway fa il verso ai demoni dell’oltretomba. Nell’iconico What’s Opera, Doc?, Bugs Bunny indossa i panni di Brunilde e amoreggia con Taddeo, l’omino calvo e goffo originatosi dalla fantasia di Chuck Jones (per intenderci, il grande padre dei Looney Tunes). E nella Parigi immaginata da Walt Disney, un’allegra famigliola di aristocratici felini scopre la bohème randagia di inizio secolo.
Non c’è niente da fare, la vecchia scuola si rivela sempre la migliore: ogni episodio era un mondo a sé stante, dotato di una propria personalità e di una propria melodia, capace di rivoluzionare il nostro spaziotempo nello stesso modo in cui Charlot stravolgeva la mente dei suoi spettatori. Questa premessa a tratti stucchevole serve solo a documentare la precoce senilità della sottoscritta (nonché dei suoi simili, i famigerati figli degli anni ’90 – ma anche ’60, ’70, ‘80, cresciuti a pane e Hanna-Barbera): quante volte capita di scuotere la testa e, di fronte ai gialli bacarozzi di Cattivissimo Me, rievocare con pedante nostalgia i rosaelefanti di Dumbo? Quelli sì che erano tempi! E se invece ci sbagliassimo? E se il problema fossimo noi?
In effetti, siamo forse troppo abituati a scindere la realtà dal suo cartonato o, se vogliamo, la caricatura dal teen movie: i ragazzini di oggi potrebbero essere diversi dalla nostra copia in miniatura, e potrebbero avere esigenze diverse – esigenze che la fiaba, con la sua logica spesso illogica, non sempre riesce ad appagare. Di fronte ad una pellicola come Sing 2, rigorosamente firmata da Garth Jennings (le parole Guida galattica per autostoppisti, del 2005, vi dicono niente?), rimaniamo di sasso: dov’è la stravaganza? Dov’è il meraviglioso? Che fine ha fatto il sortilegio? E perché conosciamo a memoria l’intera colonna sonora?
La storia ripercorre quella di un qualsiasi lungometraggio in pieno stile Flashdance: Buster Moon (Matthew McConaughey) e la sua troupe sono confinati in un piccolo teatrino di periferia, pur bramando riflettori ben più sfolgoranti. E l’incontro con Suki (Chelsea Peretti), un’altezzosa talent-scout che ricorda la Emily Charton de Il diavolo veste Prada, si rivela l’occasione perfetta per raggiungere la ribalta di Redshore City, una Los Angeles schizofrenica e abbacinante su cui impera il terribile magnate Jimmy Crystal (Bobby Cannavale). L’arrivo della sgangherata compagnia finirà per scompaginare il patinato assetto dell’industria discografica statunitense. Insomma, niente di nuovo. Ah, ci siamo dimenticati di riferirvi un piccolo particolare: tutti i personaggi sono animali. Già, si tratta di una pellicola d’animazione.
Questi strani esseri antropomorfi sono però totalmente diversi rispetto a quelli che, tanto tempo fa e in una terra lontana lontana, s’insediarono nelle nostre fantasie: il luccicante microcosmo di Jennings non possiede nulla che già non conosciamo. I personaggi sono i medesimi incontrati ogni giorno sulla strada di casa, o in qualsiasi serial televisivo sul modello di Glee: abbiamo la madre col sogno nel cassetto, l’adolescente rockettara, la capricciosa e scanzonata figlia di, il visionario tedesco dal look glam che pare scappato dagli Autobahn del Grande Lebowski. Abbiamo l’eterna gioventù dell’anziana segretaria, la ballerina di strada, il coreografo inflessibile dritto come un fuso. Abbiamo un finanziere spietato (guarda caso, un lupo bianco) e un leggendario Bono Vox in pensione (guarda caso, un leone bianco). E poi abbiamo il protagonista, un koala in miniatura dai gesti di gomma e dal nome parlante, sventurato capitano di una banda di freaks – che la sua fisionomia e le sue movenze plastiche siano un omaggio ad un Buster ben più noto?
Chiuso il sipario, si verifica un evento inaspettato: nessuno volta più l’occhio lucido verso i rosaelefanti di Dumbo. Beh, forse solo un pochino. In ogni caso, ci tocca confessare l’inconfessabile e richiamare alle mente ricordi ormai perduti: al di fuori della fiaba animata, anche noi conoscevamo a memoria tutte le hit del momento. Anche noi trascorrevamo i pomeriggi su MTV (che ora si chiama YouTube o Spotify), rapiti dalle sfavillanti performance dei nostri cantanti preferiti. Anche noi masticavamo patatine davanti a talent-show zeppi di aspiranti signori nessuno. Garth Jennings si limita a raccogliere i frammenti di una quotidianità condivisa e a gettarli nel suo bizzarro circo. Non si spinge più in là di quanto non faccia un brillante videoclip musicale, e va bene così. E noi criticoni, forse siamo solo cresciuti. O forse siamo (orrore!) diventati adulti.
In sala dal 23 dicembre 2021
Cast & Credits
Sing 2 – Sempre più forte; Regia: Garth Jennings; sceneggiatura: Garth Jennings; interpreti/voci originali: Matthew McConaughey (Buster Moon), Reese Witherspoon (Rosita), Scarlett Johansson (Ash), Taron Egerton (Johnny), Tori Kelly (Meena), Nick Kroll (Gunter), Bobby Cannavale (Jimmy Crystal), Ashley Frangipane (Porsha Crystal), Pharrell Williams (Alfonso), Nick Offerman (Norman), Letitia Wright (Nooshy), Eric André (Darius), Chelsea Peretti (Suki), Paul Heswon (Clay Calloway), Garth Jennings (Miss Karen Crawly); produzione: Illumination Entertainment; origine: USA 2021; durata: 112’; distribuzione: Universal Pictures.
