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Voto
Caratteristica prima della commedia all’italiana è trattare argomenti drammatici in modo leggero, e per questo motivo la commedia è forse il genere più difficile da affrontare: si deve azzeccare tema e stile, e, aggiungiamo, attori che ne siano il giusto mezzo. C’era una volta il crimine, di nuovo per la regia di Massimiliano Bruno, riprende il momento grave per eccellenza del XX secolo e dell’Italia in particolare, la seconda guerra mondiale e i giorni successivi all’armistizio, sceglie ottimi attori (alcuni già collaudati, altro di rimpiazzo/rincalzo), ma mette qualche piede in falso nella gestione dello stile: la leggerezza c’è, e pure buona, tuttavia a tratti strattonata e mescolata con citazioni spicce e confuse, non sempre funzionali.

La banda è di nuovo riunita e ha un altro colpo in mente: tornare nel passato e rubare la Gioconda. Sebastiano (Alessandro Gassman) non c’è più, Renatino (Edoardo Leo) abbandona il gruppo, un professore di storia disoccupato (Giampaolo Morelli) li sostituisce, e il trio con Moreno (Marco Giallini) e Giuseppe (Gianmarco Tognazzi) è pronto all’avventura. Direzione Chambord, non Louvre, perché la missione si svolge durante la seconda guerra mondiale e le opere del museo parigino sono state nascoste là. In una parentesi fumettistica, durante i titoli di coda, i tre la rubano sotto mentite spoglie naziste e ritornano nella Penisola per raggiungere il portale spaziotemporale. Ma i guai sono dietro l’angolo.
Riconosciuti in un’osteria, trovano rifugio in un edificio isolato e ad aspettarli c’è la nonna in fieri di Moreno, Adele (Carolina Crescentini), allora giovane moglie, con il marito morto in Russia (ma lei ancora non lo sa) e una bambina in giro per casa. Lei è la futura madre di Moreno, e quella notte viene rapita dai nazisti. Inizia così una rincorsa alla ricerca della piccola: un portale fallito e un incontro con un pezzo grosso della storia dopo l’altro (Sandro Pertini, Vittorio Emanuele III di Savoia, Benito Mussolini etc etc), la banda scende mezza Italia. Riuscirà a portare la Gioconda ai nostri giorni e salvare la bambina? Certamente non da soli, non senza l’aiuto di qualcuno.
Dopo Non ci resta che il crimine e Ritorno al Crimine, Max Bruno completa la Trilogia del Crimine riportando lo stile comico dei precedenti capitoli e cambiando gli addendi (attori) in gioco: il risultato non è il medesimo, perde un poco di forza e organicità, ne guadagna di lampi di genialità, tiepida. Certo, come last boss da affrontare per i suoi ‘eroi’ sceglie il massimo e così a subire la parodia questa volta non è né Romanzo criminale né Gomorra bensì i nazisti, e così pure la parodia di quei film che del nazismo hanno trattato: «il mio sogno era far scontrare i nazisti contro la Curva Sud», e l’atmosfera tarantiniana, fino all’ultimo proiettile, con derive nerd al seguito, è benvenuta.

Sono loro tre, Giallini Morelli Tognazzi, che devono sostenere il gioco comico, e se il venir meno di Leo e Gassman affievolisce la spinta comica rispetto ai precedenti capitoli, l’entrata di Morelli porta quella ventata di napoletanità che in connubio con la romanità di Giallini crea una novità non originale, nondimeno sempre fertile a una sequela di belle gag. Carolina Crescentini è invece un buon contrappeso alla parte comica, personaggio razionale e umano che tenta di riportare gli altri alla retta via; nel farlo offre l’occasione per la svolta emotiva dei nostri: vigliacchi e sordiniani nei passati film, si ritrovano a rischiare la vita per gli altri anche al prezzo di perdere ciò per cui nel passato, alla fine, sono andati a prendere. Insomma, il passaggio è quello da ladri a ‘eroi’, in tutti i sensi, e non a caso il regista a riguardo commenta che: «questo film è il più importante dei tre».

C’era una volta il crimine ricerca la buona commedia all’italiana di un tempo e vuole aggiornarla alla data odierna attraverso innesti citazionistici e richiami alla cultura contemporanea, nerd inclusa. L’operazione non risulta sempre riuscita o almeno la tenuta non perdura per l’interezza del lavoro. Ciondolante a tratti, non del tutto risolta, con della parti meno o più credibili, rimane comunque fonte di parentesi esilaranti, come l’incontro dei nostri protagonisti (all’occasione spacciatisi per spie fasciste, naziste, partigiane e chi più ne ha più ne metta) con degli improbabili monarchi italiani e quello con un marmaglia di fascisti. Infine, il tu per tu con Lui.
Trovatolo depresso dopo l’8 settembre, i tre cercano di risollevare il morale del Duce spingendolo ad ammettere qualche successo: «Le pensioni, per esempio, le ha fatte lei. / No, a dir la verità Crispi. / La bonifica della paludi? / Quello sì…ma era un progetto precedente». Alla fine Giallini infila il mestolo del pentolone, assaggia e commenta: «Bono però l’abbacchio…lo vedi che ha fatto qualcosa di buono il Duce?». Sipario.
In sala dal 10 marzo
C’era una volta il crimine – regia: Massimiliano Bruno; sceneggiatura: Alessandro Aronadio, Andrea Bassi, Massimiliano Bruno, Renato Sannio; fotografia: Marco Pieroni; montaggio: Luciana Pandolfelli; scenografia: Sonia Peng; costumi: Alberto Moretti; musica: Maurizio Filardo; interpreti: Marco Giallini, Giampaolo Morelli, Edoardo Leo, Gianmarco Tognazzi, Ilenia Pastorelli, Carolina Crescentini, Massimiliano Bruno, Giulia Bevilacqua, Duccio Camerini, Rolando Ravello; produzione: Italian International Film (IIF) – Lucisano Media Group, RAI Cinema; origine: Italia, 2022; durata: 100’; distribuzione: 01 Distribution.
