Festa del Cinema di Roma: A Cooler Climate di James Ivory (Premio alla carriera)

  • Voto

Si respira aria d’Oriente e di magia nel piccolo ennesimo gioiello di James Ivory – premio alla carriera 2022 alla Festa di Roma -, A Cooler Climate, letteralmente un clima più fresco (temperatura fissa sui venticinque gradi in terra di Afghanistan invece che i quaranta umidi di vaste zone dell’India). Nel millenovecentosessanta un giovane americano dell’Oregon appena sbarcato nel mondo del cinema decide di spendere nove mesi di vita a Kabul: regista, omosessuale, con uno spiccato senso estetico si inventa operatore per riprendere un luogo dell’Asia centrale conteso tra America e Russia (gli americani stanno facendo una autostrada che colleghi Afghanistan e Pakistan, i russi una enorme diga sul fiume per portare elettricità al paese).

Ripercorrendo le pagine del Baburnama, prima autobiografia in forma di diario, scritta nel 1504 dall’imperatore Babur (discendente di Tamerlano che fondò la dinastia Moghul e dominò India e Afghanistan), Ivory racconta sé stesso giovane alla scoperta della sua diversità, del modo di vedere l’oriente, una passione nascente per l’arte indiana (dopo una folgorazione per l’arte italiana a Venezia che fu la sua tesi di laurea in cinema) tramite le famose miniature e l’affascinante cultura locale. Attraverso memorie, ricordi personali, viaggio iniziatico, la voce narrante del regista premio Oscar (Chiamami col tuo nome, 2018) conduce lo spettatore nella osservazione precisa delle abitudini di povera gente abbigliata in salwar (pantaloni dal cavallo basso) e turbante in testa, prevalentemente uomini sebbene all’epoca le donne avessero avuto la libertà di togliersi di dosso il velo e avessero legalmente la possibilità di andare in giro e trovarsi un lavoro. Lamentandosi del cibo, imparando in strada le abitudini di comportamento, viaggiando per conto suo su una jeep fino al Pakistan (dando passaggi a una donna che si era recata a Kabul dal parrucchiere e a un uomo, sulla via del ritorno, che gli cita il celebre discorso di Gettysburg pronunciato dal presidente statunitense Lincoln sulla libertà dalla schiavitù), il regista affabula raccontando un mondo sparito (all’arrivo dei talebani gli usi sono stati modificati e, per l’ennesima volta, il paese è stato distrutto: la famosissima statua del Buddha di Bamiyan scolpita nelle pareti di roccia buttata giù il 12 marzo del 2001 in segno di sfregio per la religione).

Il viaggio come occasione di conoscenza e formazione, di scambio e di risveglio intellettuale: quando in tenda nella notte afghana si mette a leggere Proust – quanto di più distante da ciò che lo circonda, con le sue raffinatezze, i thè e le famose madeleine – rendendo la lettura stessa scintilla di apertura di un baule di memoria. Nella sua casa americana un anziano Ivory scova album antichi in casse in soffitta, batte i tasti di una macchina da scrivere elettrica, osserva le foto, ritrova le bobine di super16 mm, rilegge delle lettere che ha scritto alla madre dal soggiorno asiatico. Il girato, mai montato, racconta in immagini sgranate suggestive e uniche bambini che giocano a tirarsi una testa di capra nel fiume, uomini che trainano somari su una zattera traballante, donne che fanno la spesa e commercianti che pesano pomodori. Un vento costante soffia su Kabul alzando polvere e sommergendo i passanti: è il vento che parla undici lingue (uno dei pochi posti al mondo dove è accaduta una cosa del genere), che rinfresca l’aria e la rende così confortevole: è un vento la voce dell’uomo anziano che guarda il suo passato con la consapevolezza di essere stato fortunato e talentuoso, in egual parte. Nel finale, sommariamente, racconta che, al ritorno, incontrò Ismael Merchant col quale instaurò un rapporto di amore e di connubio artistico (fu suo produttore tutta la vita), al quale si aggiunse subito la scrittrice indiana Ruth Prawer Jhabvala, che divenne sceneggiatrice fissa di ogni film, di successo o no: un trio prolifico che durò cinquant’anni, come nessun altro. Incantato e incantevole, a fuoco nonostante la sgranatura, potente e dolce come un morso nel pan di Spagna poroso di un dolcetto proustiano.


A Cooler Climate Regia: James Ivory, Giles Gardner; sceneggiatura: James Ivory, Giles Gardner; fotografia: James Ivory; montaggio: Giles Gardner; musica: Alexandre Desplat; interpreti: James Ivory; origine: Usa, 2022; durata: 75’.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *