Parlare di Amleto non è mai un compito facilmente eseguibile, in ogni caso si tratta sempre di analizzare una delle più alte manifestazioni della filosofia e civiltà occidentale, attraverso un’opera maestosa; e lo è ancora meno, soprattutto se vi è contenuto uno dei più significativi, forse il più importante monologo della storia del teatro anglosassone e del mondo.
E’ proprio con il monologo, anticipando una parte fondamentale della tragedia, che Giorgio Barberio Corsetti sceglie di iniziare lo spettacolo Amleto, una notevole produzione del Teatro di Roma, il cui protagonista è interpretato dal talentuoso Fausto Cabra, attore già apprezzato nell’ultima regia ronconiana The Lehman Trilogy e ora nel ruolo tra i più importanti nella vita di un attore.
La regia dello spettacolo questa volta punta molto sulle scenografie e sulla loro potenza visiva ed evocativa. La struttura scenografica si sviluppa tutta in altezza e in più piani, che si erigono con grazia occupando tutto il palco e in cui gli attori si muovono incessantemente dando vita ad una rappresentazione dell’opera, dalla visione molto elisabettiana delle scene.
Una macchina scenica a più piani che ruota, si materializza, e si scompone, si innalza, si apre e si chiude su piattaforme, scale, ringhiere, materiali di più portata, porte come botole e muri diagonali a trasformando la corte di Elsinore nella città degli uomini, delle loro bassezze e dell’inevitabile morte.
I costumi sono molto curati, nella loro contemporaneità e rendono più vicini i personaggi, seppur alcune scelte, come l’abbigliamento ginnico di Ofelia, non sono così immediate nel loro significato.
Forse si vuole avvicinare questo soave personaggio shakespeariano alle donne di oggi? Forse vuole essere messa in evidenza la sua ribellione di ragazza?
Troviamo infatti un’Ofelia che oltre ad essere interpretata, interpreta la colonna sonora della regia di Barberio Corsetti con la sua chitarra elettrica, donando una doppia valenza, non casuale rispetto ad una figura femminile così importante rispetto all’immagine della donna nelle opere del Bardo: un po’ rock, un po’ British underground.
Stesso discorso vale per Amleto, che ricorda molto il punk anni 70/80 londinesi, sia nella scelta degli abiti, che nell’attitude fisica adottata nel far muovere Cabra, che spesso oscilla e protesta attraverso il corpo.
Il testo dell’Amleto è tagliato allo scopo di rendere più moderno lo spettacolo, ma è un’operazione linguistica rischiosa, soprattutto se l’estetica prende il sopravvento sui contenuti e sui sottotesti di un’opera così complessa e ricca di rimandi.
Molto presente nelle scene è l’atmosfera glamour di una swinging London contemporanea, in cui i personaggi sembrano ricondurre alla borghesia e ai suoi vizi di sempre: alcol, vita agiata, ipocrisia, ambizioni.
Tutti temi perfettamente rappresentabili nell’Amleto, che si presta perfettamente nel gioco di potere e usurpazione, il rischio è utilizzo dell’opera per la ricerca di una conferma registica, trascurando il testo e i rimandi filosofici e psicologici di un’opera tanto imponente. Non ci si meraviglia di tale operazione, né non si apprezza la voglia di continuare a sperimentare scenicamente testi classici, di cui Corsetti è grande conoscitore e interprete.
Il cast si muove tutto nella linea di un fluire di pensieri nefasti inevitabili (Gertrude ne è la più efficace interprete) i quali emergono impetuosi fino all’epilogo drammatico, perfettamente strutturato attraverso le scene di duello tra Amleto e Laerte.
Un Amleto come conclusione e affermazione della visione di un teatro contemporaneo, che comunque mette a disposizione del pubblico l’opera shakespeariana nella maniera più efficace e comunicativa possibile, avvicinando le vicende legate al potere e alle sue declinazioni, a quelle della nostra società e alla sua decadenza.
Al Teatro Argentina di Roma sino al 4 dicembre
Amleto di William Shakespeare – regia: Giorgio Barberio Corsetti; scene: Massimo Troncanetti; costumi: Francesco Esposito; luci: Camilla Piccioni; musiche: Massimo Sigillò Massara; interpreti: Fausto Cabra, Francesco Sferrazza Papa, Giovanni Prosperi, Dario Caccuri, Paolo Musio, Diego Giangrasso, Pietro Faiella, Sara Putignano, Mimosa Campironi, Francesca Florio, Adriano Exacoustos, Iacopo Nestori; produzione: Teatro di Roma – Teatro Nazionale.