Penso di non essere particolarmente originale ma la prima cosa che ho pensato, uscendo da Civil War in arrivo in questi giorni nelle nostre sale, è che Alex Garland abbia scritto e poi filmato un sogno neanche troppo recondito di Donald Trump. Che poi qualcosa del genere – lanciando il sasso e poi ritirando la mano – lo ha realizzato o comunque ispirato, con l’assalto al Campidoglio dei suoi sostenitori, lo scorso 6 gennaio del 2021. Sembra comunque che l’autore-regista inglese l’idea di partenza l’abbia concepita ben prima, nel giugno del 2020 quando ancora il Big Donald era ancora saldamente al potere. L’avete compreso tutti di Guerra civile americana parliamo e non ci si riferisce a quella storica, quella alla metà del XIX, per la precisione tra il 1861 e il 1865, che contrappose le regioni settentrionali a quelle meridionali riguardo allo schiavismo ma che aveva alla base – marxianamente parlando – una precisa e reale diseguaglianza economica: al Nord il grande sviluppo della struttura industriale, al Sud un sistema di agricoltura a larga scala strettamente dipendente dall’utilizzazione degli schiavi neri per coltivare in particolare il cotone e il tabacco.
Oggi, invece, nel film di Garland si parla d’altro e cioè, tramite metafora, della radicalizzazione di un conflitto sempre latente ma diventato più estremo – poniamolo pure in termini politici, tra democratici e repubblicani – comunque tra due fazioni contrapposte della nazione americana agli antipodi e praticamente inconciliabili. E che data la facilità e la disponibilità di armi negli Usa, non è che ci si mette molto a passare dalle parole ai fatti.
Siamo in un futuro prossimo, distopico ma forse non troppo, dove negli Stati Uniti si sta consumando una esplicita seconda guerra civile, espressione di una polarizzazione tra forze avverse e incompatibili. Dalla lotta sui social si è dunque passati a quella con i fucili in pugno e agli eserciti in lotta l’uno contro l’altro, mentre tutto il paese è preda della violenza e dell’anarchia. Durante il suo terzo mandato, un autoritario Presidente degli Stati Uniti (Nick Offerman) deve lottare contro le Forze Occidentali, le truppe in rivolta di Texas e California che si apprestano a marciare vittoriose contro la Capitale, minacciando di prendere Washington D.C. nel giorno dell’Indipendenza.
Lee (Kirsten Dunst), una esperta e cazzuta corrispondente di guerra della Reuter, si mette in testa di documentare questo straordinario momento storico magari riuscendo a fare l’ultima intervista al Presidente in carica prima che venga deposto o, peggio, eliminato dai ribelli. Viene accompagnata, in questo periglioso viaggio al termine della notte, dalla giovane “pivella” fotoreporter Jessie (Cailee Spaeny), sua naturale delfina, dal collega Joe della Florida (Wagner Moura) e dal vecchio e saggio senior nero Sammy (Stephen McKinley Henderson). Sulla strada da New York per raggiungere Washinton tra diversioni varie e incontri piuttosto pericolosi – come quello con un feroce miliziano ultranazionalista interpretato da Jesse Plemons –, il gruppo sarà testimone di vari atti di ferocia, di violenza, sarà oggetto di sparatorie, oltre a essere poi raggiunto da altri colleghi che avuto la stessa idea. Sino al momento quando insieme alle forze ribelli raggiungono la loro meta e la Casa Bianca assediata, e dove l’intrigante road-movie di Alex Garland si concluderà molto drammaticamente.
A nostro giudizio Civil War è veramente un bel film, appassionante e ben costruito anche spettacolarmente, che attualizza in una cornice di distopia fantascientifica spunti drammatici, come quello delle avventure e dei dilemmi dei corrispondenti di guerra che abbiamo visto tantissime volte raccontati al cinema in altrettanto numerose parti del mondo. La lista sarebbe così lunga che ci vorrebbe un libro intero o per lo meno un saggio ricco e corposo per esaminarla in dettaglio – dal Vietnam, al Salvator, a guerre piccole e grandi, recenti e meno recenti. La particolarità scelta dal regista inglese con uno sguardo “europeo” o almeno non americano al 100% – questo è uno degli aspetti, a nostro avviso, più interessanti del film – consiste, però, in una sorta di approccio di quanto, con una certa approssimazione, potremmo definire “realismo magico”, cioè, utilizzando uno spunto fantastico, la guerra civile (e speriamo che resti tale!) per adattarlo ad una storia realistica, con una miscela “in sospensione” di realtà e finzione sullo schermo. Lo aveva fatto a suo tempo ma in chiave marcatamente satirica anche Joe Dante nel tv-movie La seconda guerra civile americana (1997), simpatico film magari da rivedere.
Sotto questo aspetto penso che vada presa anche l’evoluzione e la ricerca espressiva della carriera stessa di Garland in cui, film dopo film, da Ex Machina (2015) e Annientamento (2018) sino a Men (2022) – pur cambiando leggermente genere non ci si allontana da un ben precisa prospettiva, quella di utilizzare lo spazio di una storia di fantascienza magari distopica come in questo caso o in altri di horror, per farla vivere attraverso una riflessione personale ed intima (la crisi o la crescita dei protagonisti) che diventa anche una riflessione politica sull’esistente. Con il vantaggio che qui tale operazione è stata realizzata in una maniera ancora efficace che nei film precedenti, oltre ad aver avuto a disposizione un budget molto più elevato rispetto al passato.
Come a suo tempo in Italia, nel 2006, Il caimano di Nanni Moretti, anche Civil War esce nell’imminenza di un importante agone politico, di ancor maggiore rilievo come le elezioni presidenziali di novembre che potrebbero cambiare le sorti del mondo intero. E così non a caso l’uscita del film del regista inglese è stato anticipata da una valanga di polemiche sui social statunitensi e al primo weekend ha incassato oltre 25 milioni di dollari in soli tre giorni.
Io lo consiglio caldamente e spero di non essermi sbagliato. Ma piaccia o non piaccia, di una cosa sono certo: anche chi non ha mai apprezzato le doti attoriali di Kirsten Dunst, qui dovrà ricredersi per la sua performance.
In sala dal 18 aprile.
Civil War – Regia e sceneggiatura: Alex Garland; fotografia: Rob Hardy; montaggio: Jake Roberts; musica: Geoff Barrow, Ben Salisbury; scenografia: Caty Maxey; interpreti: Kirsten Dunst, Nick Offerman, Cailee Spaeny, Stephen McKinley Henderson, Jesse Plemons, Wagner Moura, Sonoya Mizuno, Jefferson White, Karl Glusman, Alexa Mansour, Juani Feliz, Melissa Saint-Amand, Jojo T. Gibbs, Nelson Lee; produzione: Gregory Goodman, Andrew Macdonald, Allon Reich per A24, DNA Films; origine: Usa/GB, 2024; durata: 119 minuti; distribuzione: 01 Distribution.