Ego, devozione, suicidio, sperimentazioni su feti umani, trapianti, clienti facoltosi, etica e morale svuotate di significato, violenza e seduzione. A dirigere il morboso carosello, due gemelle, ginecologhe, dal grandissimo talento, che rispondono al nome di Beverly ed Elliot Mantle.
La nuova serie tv di Amazon Prime Dead Ringers – Inseparabili, omaggio al capolavoro di David Cronenberg, è densa di citazioni e riferimenti, ma capace anche di guardare oltre. Un piccolo gioiello imperfetto, dalle tematiche disturbanti e poco appetibili ad un pubblico mainstream, un prodotto che va salvaguardato e merita un’attenta analisi.
L’omonimo film di Cronenberg, uscito nel 1988, faticò moltissimo a trovare un produttore e scandalizzò pubblico e critica. Raccontava la storia dei gemelli Mantle, fortemente ispirato alla vera storia dei fratelli Marcus, di cui val la pena illustrare almeno qualche dettaglio: nel luglio del 1975, i fratelli gemelli Stewart e Cyril Marcus, rinomati ginecologi ostetrici specializzati nell’infertilità per l’alta società di New York, furono trovati morti all’età di 45 anni. La loro vita privata era stata minata dalla dipendenza da barbiturici. I loro corpi furono scoperti in una condizione di sporcizia disgustosa, con rifiuti, feci e numerosi flaconi di pillole sparse in giro. La giornalista Linda Wolfe scrisse un articolo sul “New York Magazine”, in cui riportava una conversazione con uno psichiatra, dove si ammetteva l’ipotesi che i due fossero schizoidi. Quando si parlava con loro – cosa che accadeva raramente in quanto spesso comunicavano solo tra di loro – si aveva la sensazione che le loro risposte fossero meccaniche e artificiose. Non sembrava che provassero le stesse emozioni delle altre persone, ma piuttosto cercassero di imitare le loro emozioni per sembrare simili agli altri.
La coppia di gemelle protagoniste, che nel film di Cronenberg aveva il volto di Jeremy Irons, qui viene impersonata da Rachel Weitz, ed è semplicemente perfetta. Nonostante sia onnipresente, nei panni di una sorella o dell‘altra, in ogni singola inquadratura, non si è mai sazi del suo volto innocente ed ambiguo, che pare celare un mondo interiore spaventoso e violento, dal quale è impossibile distogliere lo sguardo.
I nodi principali della trama del film di Cronenberg vengono riproposti: Beverly, la gemella dalla personalità apparentemente più equilibrata, vuole aprire una clinica specializzata, che possa ridefinire il percorso della gravidanza e del parto nella donna, e crede nel valore morale del progetto. Beverly rappresenta la parte che tende all’esterno, cerca di innamorarsi, di costruire qualcosa al di fuori della sfera privata e sacra del rapporto gemellare. Non la pensa così l’altra sorella, Elliot, l’elemento destabilizzante: violenta, autodistruttiva e priva di scrupoli, disposta a portare la sperimentazione ben oltre i limiti dell’etica, ed estremamente possessiva nei confronti della sorella. Questa separazione dicotomica però, nella realtà dei fatti, si fa molto più ambigua. Beverly, infatti, è complice volontaria degli scambi di ruolo che le due effettuano per sedurre. Già, perché se Beverly si invaghisce di qualcuno, ci pensa Elliott a procurarglielo, date le superiori capacità sociali di quest’ultima. Le due poi, si scambiano di ruolo, e Beverly entra in scena, tutto questo all’oscuro della “vittima”.
Differente tono di voce e di terminologia sono le chiavi utilizzate per distinguerle esteriormente, ma la complessità del rapporto e le macchinazioni manipolatorie che mettono in atto fanno sì che l’una spesso assuma gli atteggiamenti dell’altra, nonché l’abbigliamento e il modo di portare i capelli, creando un’apparentemente insolubile confusione. Eppure, non ci si interroga neppure per un secondo nel capire chi è chi, neppure quando non è volutamente chiaro. Proprio perché, come nel film di Cronenberg, i gemelli non sono due entità separate, e l’impressione è sempre quella di assistere alla manifestazione di un unico essere, di un’unica personalità.
Gli arredi, gli spazi e i riferimenti architettonici presenti nel laboratorio delle due sorelle, realizzato dalla set designer Erin Magill, differiscono dalle scenografie di Heart Carol Spier, la scenografa dell’originale Inseparabili. Il design del laboratorio, qui, è caratterizzato da strutture ondulatorie, soffitti lamellari sfogliati e scale spiraliformi che sembrano intestini, creando un’atmosfera che richiama un groviglio di viscere. Mentre le scenografie della Spier presentavano la sterilità affilata di uno strumento medico, il superbo lavoro di interior design svolto da Magill contribuisce a creare un effetto di controcanto rispetto agli elementi utilizzati dalla collega, trasmettendo la forte impressione di essere immersi in un ambiente organico.
La stessa scenografa descrive così la sua esperienza:
Gran parte del lavoro delle sorelle viene svolto in una grande clinica che è uno dei luoghi centrali della storia. Abbiamo trovato quella bellissima hall che aveva un tipo di passerelle intrecciate e scale elicoidali che era molto organico, riflettere Beverly in questo spazio significa appoggiarsi a quelle curve, forme e colori”, l’aspetto “femminile” del design. Mentre per Elliot, abbiamo utilizzato il rosso e ci siamo serviti di bordi un po’ più netti, più freschi e più nitidi, materiali che si prestano a dove ovviamente va il viaggio di Elliot”.
Un altro aspetto intrinseco emerge dagli ambienti: Beverly ed Elliot non possono sfuggire l’un l’altra. L’altro spazio protagonista, infatti, è rappresentato dall’appartamento in cui vivono le due gemelle.
“Questo appartamento doveva essere assolutamente emblematico dei gemelli e della loro relazione completamente co-dipendente, disfunzionale e tossica. Potrebbe sembrare gradevole, ma più vai in profondità, più inizi a riconoscere quanto sia “malsana” la loro dinamica. Il set è stato costruito in modo tale da poter vedere da un letto direttamente la camera da letto dell’altra gemella. Inizialmente si era pensato di costruire due differenti bagni, ma poi è divenuto sempre più chiaro che il bagno doveva essere uno solo, e condiviso dalle due.”
Anche in questo caso, differenti soluzioni per giungere ad un uguale risultato: utilizzando il concetto di set modulare, Heart Carol Spier aveva progettato l’appartamento di Dead Ringers (1988) utilizzando riferimenti all’architettura italiana, colori freddi, bordi spigolosi ed elementi affilati, ottenendo l’impressione di un luogo sofisticato, ma anche altamente inospitale, e ben poco invitante.
Una reminiscenza diretta del cinema di Cronenberg sono, invece, i movimenti di macchina: carrellate in avanti lente e inesorabili, che danno la vertiginosa sensazione di addentrarsi, non verso qualcosa, ma dentro qualcosa, qualcosa di vivo, che tira a sé, uno scivolamento, come se lo spettatore fosse un bolo alimentare all’interno di esofago filmico.
Il titolo di ogni episodio viene semplicemente indicato da un numero. Tra i più significativi: Two, composto principalmente da conversazioni con ambigui ed eccentrici investitori, interrotte da improvvisi accessi di violenza o sessualità e cocaina a fiumi. Rappresenta forse l’episodio più polarizzante, lo strano effetto generato dalla contrapposizione di inquadrature ripetute riguardanti il dialogo può suscitare addirittura un certo fastidio, eppure c’è qualcosa di innovativo proprio nella rappresentazione di tale conversazione. Four è scandito a capitoli-giornate e con più evidente accento alle atmosfere horror, intensità di sguardi, repentini e violenti passaggi di inquadratura, momenti di grande cinema, e tensione altissima. Di gran lunga l’episodio migliore, diretto da Lauren Wolkstein. Six, infine, è una festa di sangue che racchiude un epilogo solo apparentemente definito, e che ci porta quasi a diffidare di ciò che abbiamo visto.
Ci sono sotto-trame che non possiedono un afflato organico, come, ad esempio, quella della domestica delle due sorelle, completamente accessoria, e che lascia una certa insoddisfazione nella maniera in cui si risolve. Personaggi lievemente incoerenti, come quello di Tom (Michael Chernus), collega e partner lavorativo delle gemelle, lasciato dapprima in disparte e poi ritirato fuori nei panni di “coscienza” di una delle due. Inoltre, le aggiunte e le modifiche alla trama originale non possiedono la stessa carica eversiva. Il paradigma della mutazione femminile, in particolare, viene sfruttato in maniera superficiale e posticcia. In compenso, gli scambi e i dialoghi, anche e soprattutto quelli più casuali, sono rapidi, taglienti, non compiaciuti, brutali e snelli, ed è qui che troviamo la vera forza della serie.
Consigliato.
Su Amazon Prime Video
Dead Ringers – Inseparabili- showrunner: Alice Birch; regia: Sean Durkin (episodi 1°,2°,6°) Karena Evans (3° episodio), Lauren Wolkstein (4°e 6° episodio), Karyn Kusama (5°episodio); fotografia: Jody Lee Lipes, Laura Merians Gonçalves; musica: Murray Gold; cast: Rachel Weisz, Britne Oldford, Poppy Liu, Jennifer Ehle, Michael Chernus, Jeremy Shamos, Emily Meade; produzione: Annapurna Television, Amazon Studios; origine: Stati Uniti, 2023, durata: 52-64 minuti, episodi: 6