Nel buio voci concitate e poi un bussare alla porta: Siamo i vicini di casa. Una donna scapigliata con sigaretta in bocca apre alla porta e cosa vede? Una giovane con pancione, un uomo con delle borse in mano, un bambino con lo zaino che fanno capolino.
Dobbiamo andare in ospedale perché mi si sono rotte le acque, nessun altro è disponibile, possiamo lasciare Elliot per qualche ora? Avevi detto che non c’era problema. La madre velocemente manda il piccolo dentro l’appartamento della vicina. Quando si richiude la porta la donna ripete tra sé – lo avevo detto? – impreparata e alquanto seccata.
Così comincia L’attachement, la cui sceneggiatura è stata scritta dalla regista Carine Tardieu insieme a Raphaële Moussafir e Agnès Feuvre, adattando il romanzo L’Intimité (2020) di Alice Ferney.
La struttura è scandita da cartelli su cui è impressa la crescita della piccola Lucille (dal primo mese fino ai 2 anni) e modula in maniera libera un tracciato emotivo variegato e, a tratti, inaspettato. Sandra (Valeria Bruni Tedeschi) è una libraia femminista con gli occhiali, vestiti di taglio maschile e una sigaretta sempre tra le labbra. Vive da sola, non mangia all’ora dei pasti, legge scrive sta alla sua scrivania secondo ritmi che dipendono solo da come le gira. Un giorno a settimana ha un amante che se ne ritorna a casa sua alla fine di ogni incontro. Non ha procreato intenzionalmente, ha scelto con tutta sé stessa di fare solo ciò che vuole, di amare chi e come le pare, di interrompere qualsiasi cosa le stia accadendo secondo la sua unica volontà. Dal giorno in cui i vicini di casa irrompono nella sua vita nulla va più come prevedeva: il suo scudo viene intriso dalla tenerezza del sorriso di Elliot (César Botti), dallo stato di totale difficoltà vissuto da Alex (Pio Marmaï), dalla bisognosa realtà incastrante di una neonata senza madre.
Si ama chi si prende cura di noi, non si deve dare nome ai bisogni, alle emergenze, alla tempestiva riposta del corpo: Sandra, Alex, Elliot e Lucille non sono una famiglia, sono esseri distinti che imparano a muoversi con gioia e delicatezza nelle nuove caselle che ogni giorno l’esistenza mette loro davanti. Nella girandola di parenti e compagni appare il padre biologico di Elliot (Raphaël Quenard), un po’ buffone un po’ eccentrico, che prende la custodia del bambino per qualche tempo, per poi restituirla ad Alex; la nuova compagna di Alex (Vimala Pons), pediatra affascinante, bella e libera, che cerca di inserirsi nel nucleo familiare, sentendosene presto esclusa; la madre di Cècile, nonna di Elliot e della piccola Lucille, che compensa la perdita di una figlia con l’amore per la nuova nipotina.
L’accudimento, l’attaccamento (del titolo), la cura, il tempo che passa, le ferite, il lutto, le delusioni e il rialzarsi sempre, il nutrimento costante (necessario e superfluo), tutte le molteplici sfumature che punteggiano le giornate, i mesi, gli anni della crescita di un essere umano in mezzo ai suoi cari sono raccontate con grazia e acutezza psicologica. La recitazione di Bruni Tedeschi – lontana dallo stereotipo nevrotico di molti suoi personaggi – è luminosa, intorno a lei l’intero cast si muove perfettamente in parte, su tutti il piccolo César Botti, occhi che acchiappano e naturalezza nelle battute (scritte magnificamente). Una famiglia è l’incontro di persone che ciascuno si costruisce, questo ribadisce Carine Tardieu. Come darle torto.
L’attachement – Regia: Carine Tardieu; sceneggiatura: Carine Tardieu, Raphaële Moussafir, Agnès Feuvred; fotografia: Elin Kirschfink; montaggio: Christelle Dewynter; musica: Eric Slabiak; interpreti: Valeria Bruni Tedeschi, Pio Marmaï, Vimala Pons, Raphaël Quenard, César Botti; produzione: Karé Productions; origine: Francia/Belgio, 2024; durata: 106 minuti.