La guerra civile in Sri Lanka è iniziata 40 anni fa.
Migliaia di Tamil sono stati esiliati per creare lo Stato di Eelam nel Nord dell’isola. Le Tigri Tamil esiliate hanno fondato il movimento di liberazione. Dal 2006, l’Unione Europea ha definito il gruppo come Organizzazione Terroristica. In Francia i servizi segreti lavorano per smantellarlo…
Inizia così, come se quella Galassia Lontana Lontana non fosse poi così lontana, giusto a Parigi, nello specifico a “Little Jaffna”. Little Italy srilankese, il quartiere è dominata da una gang di orfani che fanno riferimento a un padrino di nome Aya: estorsioni e riciclaggio di denaro, il tutto a beneficio dei ribelli separatisti. E qui entra in gioco Michael (Lawrence Valin)
Metti via la forchetta.
I Tamil mangiano con le mani.
Michael è un agente di polizia sotto copertura. La missione è infiltrarsi nella gang, recuperare prove e comprendere come funziona. Il giovane riesce nell’impresa, diventa uno degli orfani, ma ben presto scopre che nulla è mai bianco o nero, abbondano le zone grigie, e una gang non è solo un’associazione mafiosa, può essere anche una famiglia. Quella che lui non ha.
Una bella sorpresa alla Settimana della Critica di Venezia n.81, Laurence Valin (primo attore e regista) con Little Jaffna riprende il mito novecentesco del gangster movie e lo porta nel XXI secolo, precisamente in Francia, tra i migranti dei nostri giorni. La comunità scelta è quella srilankese, i personaggi dei giovani che la costellano e lassù il grande capo, Aya, un padrino dei nostri giorni. Fotografia curata e perfezionata (alternanza di colori accesi a colori freddi, con un ottimo gioco di contrasti a dare senso e umore alla scena), buona soundtrack e scenografia che tocca i quattro angoli di Little Jaffna, rivelandoci il cuore pulsante della Francia integrata, o meglio, nel tentativo di integrarsi. Agli spazi aperti, quelli di conflitto, si alternano quelli chiusi, laddove il conflitto è covato ma mai espresso o esploso. La ricerca è quella della scena iconica, ad effetto, e ci si arriva con attenzione, senza strafare, ben conoscendo il sostrato di regole e usanze della comunità nelle quali le si vuole far accadere.
Quando le persone perdono la terra, perdono la loro identità.
Da quel L’odio del 1995, le banlieue parigine sono diventate luoghi di racconti, i titoli degli ultimi anni a ricordarlo: per esempio, I miserabili di Ladj Ly. Al centro di questi Bravi srilankesi, nemici della Francia, appartenenti più a una patria lontana che a una cultura vicina come quella d’Oltralpe, si aggira lui, Michael, l’occidentalizzato. Della famiglia gli rimane solo una nonna, null’altro, e lui a pranzo mangia con le forchette, non certo con le mani. Per questo motivo, lui non sarà mai come loro. È di sangue uguale, ma cultura differente. Il problema nascerà quando vorrà essere uno di loro e comunque non potrà, perché al tavolo a mangiare kiri bath lui è il Giuda di turno.
Anticipato da un cortometraggio omonimo nel 2017, Little Jaffna è un lavoro che merita attenzione, tanto per la fattura del prodotto quanto per le dinamiche che mette in luce. Un piacevole film, dal buon ritmo e dall’ottima cura. Riprende un genere che ha fatto la storia del cinema e lo attualizza. Magari non sorprende per originalità, eppure ci immerge in quella nuova realtà. Con i dubbi e i contrappesi di tradire la terra da cui si proviene, pur di appartenere a quella di arrivo. Ma alla fine, la scelta aspetta sempre a noi.
Little Jaffna – Regia: Laurence Valin; sceneggiatura: Lawrence Valin, Marlène Poste, Malysone Bovorasmy, Gaëlle Macé, Yacine Badday, Arthur Beaupère; fotografia: Maxence Lemonnier; montaggio: Anaїs Manuelli, Guerric Catala; musiche: Maxence Dussère; suono: Thomas Van Pottelbergue; scenografia: Michel Schmitt; costumi: Joana Georges Rossi; interpreti: Lawrence Valin, Puviraj Raveendram, Vela Ramamoorthy, Kawsie Chandran; produzione: Marc Bordure; Simon Bleuzé; origine: Francia, 2024; durata: 100 minuti.