Daniel Stamm, regista de Gli occhi del diavolo – Pray for the devil, illude lo spettatore, all’inizio del film, con scene originali di una bambina tormentata dalla madre posseduta. Poi un breve testo sulla volontà della Chiesa contemporanea di formare tanti sacerdoti esorcisti, visto il grandissimo numero di richieste di aiuto che riceve, mai così tante come oggi.
Sono premesse che farebbero pensare a un film realista, vero e che incute paura, ma purtroppo la storia si regge poi su una sceneggiatura di sospiri, di rantoli, di contorsioni visti e rivisti che non fanno paura e che creano imbarazzo per la loro totale inefficacia.
Ann (Jacqueline Byers), la bambina dell’incipit, è ora suora e lavora presso un istituto da poco riaperto dalla Chiesa per insegnare il rituale dell’esorcismo: il suo ruolo sarebbe simile a quello di una infermiera, ma lei sente di poter combattere il male, anche se donna, perché il male lo ha affrontato già da piccola; convince i suoi superiori a accettarla come unica studentessa donna e potenziale esorcista, ma non finirà il corso che si troverà a lottare con lo stesso demone che possedeva la madre e che adesso vuole lei.
Il capostipite di questo genere, L’esorcista di William Friedkin, di cinquanta anni fa, sebbene forse un po’ sopravvalutato, era semplice: una bambina costretta in una camera dal diavolo e un sacerdote che tenta di aiutarla; l’atmosfera che seppe creare il regista resta inarrivabile e da questo punto di vista il suo film è sì un capolavoro, anche se, a nostro modesto avviso, il suo diavolo non fa una grande figura, più che i suoi poteri e la sua malvagità, sono la tensione e la suspense suscitate dal regista a rendere terrificante il film. E’ certamente ingeneroso fare un confronto tra i due film, ma è inevitabile ed è proprio l’atmosfera sinistra e diabolica che manca al lavoro di Daniel Stamm. Tanto che l’aspetto più interessante del suo film sta nell’idea che i demoni si nutrono del senso di colpa delle loro vittime che si fanno possedere per punirsi: da questa buona e realistica intuizione poteva nascere un’altro pellicola, più profonda e vera.
Bisogna dire infine che l’esorcismo e l’esorcista al cinema descrivono la lotta tra il Bene e il male in modo un pochino ridicolo: la mirabile onnipotenza di Dio è invocata attraverso la recita di salmi e l’uso di acqua santa, l’efficace malignità del diavolo è invece ridotta a voci rauche e contorsioni innaturali. Il diavolo è in realtà più sottile, più malizioso, non si fa vedere come ferito e deteriorato, non urla, anzi è silenzioso, subdolo e confonde; in due parole i bambini e gli uomini posseduti al cinema non sono veri. La realtà è che, che si sia laici o si sia credenti, tutti siamo in qualche modo posseduti, psicologicamente fragili o religiosamente tormentati dai demoni e dalle infinite tentazioni. Ma Dio o la vita stessa ci aiutano in modi altrettanto infiniti. Se guardiamo dentro noi stessi, il caos della nostra anima rimanda a forze oscure della mente o del cuore, ma anche alla forza della nostra coscienza. Il cinema spettacolarizza questa lotta riducendola, con il risultato paradossale di esorcizzarla, questa sì. Dio e diavolo, un rosario e un sospiro maligno, tutto qua. Non abbiate paura.
In sala dal 24 novembre
Gli occhi del diavolo-Pray for the devil – Regia: Daniel Stamm; sceneggiatura: Robert Zappia; fotografia: Denis Crossan; montaggio: Tom Elkins; musica: Nathan Barr; interpreti: Jacqueline Byers, Ben Cross; produzione: Gold Circle Films; origine: USA 2022; durata: 93’; distribuzione: Eagle pictures.