1899 (Stagione 1)

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La piramide e la matrioska

Un piroscafo dal nome epico, scomparso e ritrovato senza alcuna spiegazione precisa; un altro piroscafo dal nome epico, con a bordo un equipaggio che sembra saperne più di quanto dica, pieno zeppo di passeggeri dal passato tenebroso ed enigmatico; una sorta di brevissimo prologo criptico, che apre la serie attraverso una mise en abyme indecifrabile; il tutto, incastrato alla perfezione in un contesto accattivante, ermetico già dal titolo. Ecco che gli elementi per una nuova serie concepita per far parlare di sé a lungo, ci sono davvero tutti. E la mano è quella di Baran Bo Odar e Jantje Friese, i creatori di Dark (I, II, III), intenzionati non solo a replicare quel successo mainstream che fu il loro primo, intricatissimo lavoro, ma anche a certificare la loro cifra stilistica che, da questo punto in avanti, al di là dei gusti personali, sarà impossibile relegare sottotraccia.

Ecco su cosa occorre soffermarsi, durante e dopo la visione della prima stagione di 1899. È innegabile come Odar e Friese riescano a sviluppare un racconto, affidandosi a un canovaccio formale orami consolidato, in grado di incasellare alla perfezione un intreccio concepito come una matrioska, incorniciato in una messa in scena dai toni lugubri e conturbanti; lo era Dark e lo è anche 1899, e ai due nulla importa di poter contare su personaggi eternamente in bilico sul ciglio dello stereotipo, impersonati da attori che sfoggiano in gran numero la stressa identica cifra espressiva. Ciò che conta veramente nel lavoro di Odar e Friese è l’attenzione che il pubblico riesce a concedergli, nel giusto compromesso tra serialità d’autore e un’ambiziosa sospensione della realtà.

Eppure, non è questo il peggior difetto di 1899 – se proprio lo si vuol considerare un difetto. Ciò che non riesce ai due showrunner, considerata la rivelazione nel finale di questa prima stagione, sta proprio nella costruzione del contesto in cui operano i personaggi in gioco: seppur fittizio, a nulla serve la presentazione e la divisione di una plausibile lotta di classe tra i membri del Kerberos, così come il background degli stessi svanisce con lo svelamento dell’enigma narrativo, per giunta rivelato in maniera così didascalica da apparire quasi sfrontato. Si giunge a un annullamento del pathos, gonfiato solamente grazie al colpo di scena finale, poiché veniamo catapultati in tutt’altro contesto, tutt’altra ambientazione e, plausibilmente, verso un nuovo sentiero narrativo. Al termine della visione, resta quella sensazione di vuoto, dovuta a un prodotto incostante nello sviluppo dei personaggi ed eccessivamente narcisista nel voler mostrare e non mostrare, al riparo perché già protetto da un paio di colpi di scena programmati. Stavolta manca quell’afflato sentimentale che Dark coltivava fin dai primissimi episodi; in 1899 c’è solo la certificazione di uno stile – quello di Odar e Friese -, senza la volontà di voler raccontare qualcosa di “vero”.

Disponibile su Netflix dal 17 novembre.


1899 –  genere: sci-fi, drammatico; showrunner: Baran bo Odar, Jantje Friese;  stagioni: 1 (rinnovata); episodi: 8; interpreti principali: Emily Beecham, Aneurin Barnard, Andreas Pietschmann, Miguel Bernardeau, José Pimentão, Isabella Wei, Gabby Wong, Yann Gael, Mathilde Ollivier, Jonas Bloquet, Rosalie Craig, Maciej Musiał, Clara Rosager, Lucas Lynggaard Tønnesen, Alexandre Willaume, Tino Mewes, Isaak Dentler, Fflyn Edwards, Anton Lesser; produzione: Dark Ways;  origine: Germania, 2022; durata: 60′ minuti; episodio cult: 1×08.

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