Ne deve esistere solo uno. Per un certo tempo sono stati in due. Già questa è una storia. Se Paolo Sorrentino aveva preso spunto dall’accadimento per farne uno dei suoi geniali lavori – The Young Pope e The New Pope, piegando la serializzazione all’autorialità -, I due Papi era uscito nel 2019 per la regia di Fernando Meirelles. Il film nasceva da uno spettacolo teatrale del 2017 che nel titolo perdeva un pontefice, appunto The Pope, e che ora arriva in Italia per la regia di Giancarlo Nicoletti. Numero contato di attori, opposizioni mirate, forte struttura, ottima scenografia con regalo finale della Cappella Sistina ridotta e comunque imponente, e due attori che giocano al gatto al topo in veste cardinale e papale. La Storia la conosciamo, la storia narrata viene condita abbondantemente perché sia pop e catchy, cercando l’uomo sotto la tonaca e trovando personaggi che fanno funzionare lo spettacolo ma inevitabilmente relegano la persona dietro un paravento godibile ma semplicistico. È il prezzo da pagare perché il mondo là fuori entri nel mondo qua dentro, quello del palcoscenico, sulle note di Dancing queen.
In una notte buia e tempestosa, un Papa entra nell’appartamento di una vecchia amica, una suora. Subito la rassicura.
Lo sappia, ho pregato molto per il commissario Rex.
Benedetto XVI si è recato dalla sorella per guardare in santa pace le puntate del suo programma preferito, e non solo. A lei per prima lo confessa: vuole abdicare. Motivo? Si ritiene inadeguato a essere Papa e soprattutto non sente più la voce di Dio, anzi
Persino Mozart mi ha abbandonato.
Alla mancanza di parole della sorella corre in soccorso il cielo: un fulmine scuote la Capitale. Dall’altra parte del mondo, in Argentina, un cardinale dispone la sua ultima messa. Bergoglio vuole andare in pensione, ritirarsi dal vescovato della città di Buenos Aires. Anche a lui una suora prova a fare cambiare idea, ma il prelato ha già inviato più lettere al Papa a riguardo, finché finalmente non arriva risposta: è convocato a Roma. Per discutere le sue dimissioni? Forse. Per discutere le dimissioni di qualcun altro? Più che probabile. Ma il cardinale Bergoglio ancora non sa.
I due papi per la penna di Anthony McCarten e per la regia italiana di Giancarlo Nicoletti è spettacolo godibile, con la giusta dose di humor e drama. Basato sulla riduzione in personaggio di due persone reali, Ratzinger e Bergoglio, si vanno a formare due personalità che cozzano magnificamente tanto per l’idea di Chiesa che rappresentano quanto per il carattere di ciascuno: conservatore e reazionario in primo, progressista e popolare il secondo; fermo e intellettuale l’uno, alla mano e pratico l’altro. Le contrapposizioni si sprecano, come l’umorismo nei confronti di entrambi, e se da una parte abbiamo un Papa tedesco che è più attento
ai miei manoscritti e al commissario Rex.
(e al Vaticano chi ci pensa, santità?)
Dall’altra abbiamo un cardinale argentino fatto e finito:
Lo sa come si suicida un argentino?
Si arrampica sul proprio ego e poi si butta giù.
Il mood dell’operazione diviene allora leggero, con punte di dramma nell’analisi delle singole storie per dare respiro alla vicenda dei due, stessa modalità utilizzata per la messa in esame di un’istituzione, la Chiesa vaticana, che fa acqua da tutte le parti. E quindi, a fronte di un Vaticano ripetutamente accusato, dall’altra abbiamo di che riderne:
Le brutte notizie le comunico in latino ai cardinali. Tanto solo il 20% di loro lo capisce.
È comunque nella struttura che il lavoro convince. Una volta che hai questi due pezzi da novanta nella trama, e due attori come Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo a rappresentarli, devi avere un testo che sia capace di gestire le posizioni come le tensioni in gioco perché la densità non faccia collassare il tutto. La curva della storia è quindi ottimamente scritta, con una struttura composta e ordinata che permette di ottenere una tensione narrativa che non è da subito spesa nell’opposizione tra i due ma è dislocata nei vari atti. A ciò si aggiunga una regia che recepisce il messaggio e permette che vi sia sempre un movimento costante a “sporcare” l’azione e renderla mobile e movimentata, anche quando sulla storia pende il soffitto della Cappella Sistina e sotto santi e dannati, tra peccati e speranza, i nodi non possono che venire al pettine.
I due papi per la regia di Giancarlo Nicoletti è quindi uno spettacolo ben fatto e impacchettato, buono per qualsiasi tipo di pubblico. Atmosfera leggera, a unire il sacro con il profano umano, con musiche anni ’80 a stemperare fin da subito la tensione, il lavoro funziona nella scrittura originale, ha funzionato al cinema su piattaforma Netflix (tre candidature agli Oscar 2020), funziona sul palcoscenico nostrano, con una scenografia da Premio “Mulino Fenicio”. Dopotutto non è cosa da tutti i giorni vedere due papi sotto lo stesso tetto come non è cosa da tutti i giorni vedere una Chiesa in difficoltà. Giunta al bivio: tra il cambiare e il rimanere ferma. Storia e storie del nostro tempo.
Spettacolo in scena dall’11 al 30 aprile a Sala Umberto, Roma.
I due papi di Anthony McCarten – Regia: Giancarlo Nicoletti; traduzione: Edoardo Erba; scene: Alessandro Chiti – Alessandra Menè; disegno luci e fonico: David Barittoni; costumi: Vincenzo Napolitano; interpreti: Giorgio Colangeli, Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Ira Fronten, Alessandro Giova; produzione: Goldenart Production, Viola Produzioni, Altra Scena, I due della città del sole su licenza di Muse of Fire Production Ltd, in collaborazione con Festival Teatrale di Borgio Verezzi.