Chi tradisce? La suora che bacia o il bambino che fa lo spione?
Un bambino vede una suora baciare il fruttivendolo. Scena secondaria ai fini della trama – dopotutto è un film nel film -, primaria ai fini del senso generale che corre lungo l’intera pellicola: nella vita c’è chi guarda e chi viene guardato, ed entrambi ricordano. I nostri ieri, per la regia di Andrea Papini, è un film atipico, un’indagine particolare che fa dello studio dei momenti di vita, passati e presenti, la dominante rispetto all’interrogativo centrale della trama: perché quel detenuto sia dietro le sbarre. Si cammina così in avanti guardando però indietro, e si salta costantemente dal piano del narrato a quello della narrazione con un gioco registico efficace che porta a contatto, sino a sovrapporsi, cinema e vita. Si perde in parte lo slancio della corsa, si guadagna in profondità umana. Sempre con l’idea che
Voi fuori siete così curiosi!
Luca (Peppino Mazzotta) è un regista di documentari che svolge laboratori nelle carceri. Prendendo l’idea dal suo precedente film, decide di organizzare un progetto sfruttando la tecnologia del blue screen: i carcerati gireranno delle scene nella prigione, lui girerà le scene all’esterno e così gli esterni diventeranno gli sfondi degli interni. Insomma
Loro non possono uscire di fuori, ma io posso portare il mondo di fuori, dentro.
I detenuti non sono d’accordo. Non sono pronti a tornare nel passato, ce la si gioca così a sorte: chi prenderà lo spaghetto più corto sarà il soggetto del film. Beppe è il predestinato, ma del suo crimine si sa ben poco, toccherà scoprirlo un ripresa alla volta, mentre Luca cerca all’esterno e Beppe cerca dentro se stesso, esplorando memorie che parlano di vita, morte e sopravvivenza. Tanto di chi è guardato, tanto di chi guarda, o meglio, spia, nel passato proprio e altrui.
Andrea Papini porta un film nei quale la vita vissuta viene scavata dalla vita filmata e lo fa saltando avanti e dietro la mdp. Il protagonista, un buonissimo Peppino Mazzotta, è un regista di documentari e il documentario è la ripresa più vicina al reale. Si registra lo scorrere della vita altrui, è sufficiente però mettere una mdp dietro la prima mdp perché chi riprenda diventi soggetto e il soggetto primariamente ripreso soggetto del soggetto. Se avevamo ripresa del reale, ora abbiamo ripresa del reale al quadrato. Il regista sfrutta questo giochetto perché a lente si aggiunga un’ulteriore lente d’ingrandimento e coloro che cadono sul vetrino sono persone che il passo falso lo hanno fatto o sono state spinte a farlo: Beppe, il detenuto, e Lara, la sorella della vittima. Ma è un attimo perché un microscopio venga messo alle spalle e si finisca a propria volta sul vetrino, Luca e la figlia, per esempio, coloro che i passi falsi li hanno per ora solo osservati o li stanno per compiere.
Dopotutto Luca osserva gli altri, esente dal giudizio come deve essere il documentarista, ma forzando gli altri perché a farsi osservare appieno si prestino. L’occhio allora scava in esistenze travolte da drammi attuali più che mai, il femminicidio, e lo fa dal punto di vista dell’assassino: la differenza tra ricostruzione della realtà e realtà svanisce – il blue screen svela la propria natura di mezzuccio narrativo – e attraverso la recitazione il colpevole fa il suo giro nell’inferno della memoria e con quello, per quello sconta la sua colpa. È un potere del cinema, essere riproposizione e al contempo distacco utile per rendersi conto, a distanza, del peso delle proprie azioni e saper leggere veramente il significato di quelle altrui.
Presentato in Concorso allo scorso Alice nella città, I nostri ieri è un film di sospensione e di analisi. Non è un caso che più si affina lo sguardo, maggiori sono i dettagli che balzano all’occhio. Pezzi di vita sono presi e ripresi saltando tra i vari livelli, il piano della narrato e quello della narrazione, e il cinema rivela la propria capacità di poter essere studio nonché strumento di rimessa in gioco delle proprie azioni. Con un ottimo cast e soprattutto un intelligente protagonista, assente e presente al contempo, il film procede in avanti avendo sempre la testa girata all’indietro. L’effetto è di osservare un’indagine a rallentatore, sempre votata al passato e alla rianalisi dello stesso, e non è un caso che le scene più riuscite siano quelle nelle quali la musica si fa coprotagonista e il tempo si dilata. I momenti della vita sono così girati e rigirati, cercando un’assoluzione per alcuni, una spinta ad andare avanti per altri, sempre ricordando che loro, i detenuti
Non siamo animali da circo!
Anteprima con il regista Andrea Papini e le attrici Daphne Scoccia, Denise Tantucci al Cinema delle Provincie di Roma l’8 febbraio ore 20,30.
In sala dal 9 febbraio
I nostri ieri – regia: Andrea Papini; sceneggiatura: Andrea Papini, Manuela Tovo; fotografia: Dario Di Mella; montaggio: Maurizio Baglivo, Cristina Bartoletti; costumi: Chiara Capaccioli; musica: Fabrizio Bondi; interpreti: Peppino Mazzotta, Francesco Di Leva, Maria Roveran, Daphne Scoccia, Denise Tantucci, Teresa Saponangelo, Thierry Toscan, Elia Schilton, Francesco Calogero, Marta Pizzigallo, Domenico Gennaro, Francesca Mazza, Denis Campitelli, Vladimir Doda, Prince Obi; produzione: Atomo Film, con il contributo del Ministero della Cultura, con il sostegno di Regione Lazio, Emilia-Romagna Film Commission; origine: Italia, 2022; durata: 119’; distribuzione: Atomo Film.