Parte da un’idea quasi ambiziosa Il mio amico Massimo, docu dal titolo così diretto dedicato alla parabola artistica ed umana di Massimo Troisi (1953 – 1994, dunque a quasi settant’anni dalla sua nascita): il regista Alessandro Bencivegna inizia infatti da Gerardo Ferrara, (contro) figura parallela e speculare: doppio ombra dal sorriso solare, colui il quale non solo sostituì in alcune scene uno scavato e deperito Massimo durante la complessa lavorazione nel 1994 de Il postino (Troisi, affetto da una grave disfunzione cardiaca, sarebbe morto poco tempo dopo la fine delle riprese), ma ne fu in qualche maniera un garbato e ammirato custode di quel significativo momento di vita e di cinema.
E in effetti la somiglianza tra i due rimane tutt’ora evidente, tanto che sembra di avere la possibilità di vedere, nelle primissime inquadrature in cui Ferrara si presenta e ci introduce al viaggio “back to the future” che stiamo per intraprendere, una versione matura di Troisi che non abbiamo mai potuto ammirare . Non c’è nessun effetto morphing o manipolazione virtuale però, le rughe sono quelle autentiche di un volto altro e familiare eternamente fissate in un sorriso fanciullesco e in uno sguardo precocemente malinconico.
Gerardo Ferrara dovrebbe essere dunque il personaggio guida di una rievocazione più intima e affettiva di Massimo Troisi, ma in realtà si limita ad una presenza che apre e chiude il film, introducendo con poche parole commosse la sua relazione con l’attore-regista e lasciando l’ immagine al repertorio, in particolare televisivo, e la voce a uno dei più significativi compagni di viaggio, Lello Arena. Da questo punto in poi, il docu si articola su un doppio binario, lasciando talvolta un dubbioso senso sul perché di questa scelta: la parte lineare delle testimonianze degli amici e collaboratori di Troisi, con un ottimo e ricco uso del materiale d’archivio che, tra l’altro, ci ricorda l’impatto geniale e sperimentale che ebbe nella tv degli anni ’80 la comicità de “La smorfia” ( il trio comico formato da Troisi con Arena ed Enzo Decaro) è interessante e coinvolgente. La ricostruzione in forma di fiction dell’ infanzia a San Giorgio a Cremano appare dunque un po’ superflua e si riduce talvolta in siparietti che non aggiungono nulla, quando invece vorremo sapere di più sul piano documentario, in particolare rispetto agli esordi nel teatro sperimentale in quella fucina vulcanica e anarchica che è stata la scena napoletana degli anni 70.
Emerge sicuramente un altro modo di essere artista e al tempo stesso personaggio popolare in un periodo di passaggio e trasformazione della commedia all’italiana. Una delle testimonianze più importanti è infatti quella di Carlo Verdone che rievoca una dimensione nella quale si poteva essere in competizione al box office (Ricomincio da tre e Bianco, rosso e Verdone aprirono la stagione, poi proliferata per tutti gli ’80 e buona parte dei’ 90, di una ritrova affezione del grande pubblico per una comicità intelligente e nazional-popolare al tempo stesso) e condividere una rapporto di confidenze e complicità (le visioni pomeridiane in decentrati cinema romani per non farsi riconoscere dalla folla).
Si tratta ovviamente di un omaggio e non di un ritratto sfumato o complesso: tutti parlano con sostanziale ammirazione, amore e nostalgia del Troisi uomo, che pure, proprio a causa di quel cuore malato di cui era consapevole da tanto tempo, possedeva un tratto struggente e sfuggente in contrasto con la sua vitalità e simpatia. La pigrizia, quasi intesa però in un senso virtuoso di ozio esistenziale , è la caratteristica caratteriale più “problematica” che esce fuori, ma la sensazione è che si voglia raccontare più il sentimento di mancanza costante che la precoce perdita di Massimo ha lasciato in chi è restato e chi è venuto dopo. Ficarra e Picone, popolare due siciliano ora celebrato in una comicità più colta e raffinata nell’ultimo film di Roberto Andò La stranezza , raccontano di aver ricevuto proprio da Lello Arena un sorta di passaggio di testimone nella possibilità di poter interpretare insieme a lui il celebre sketch sull’annunciazione dell’ Arcangelo Gabriele alla Madonna, uno dei più popolari tra quelli portati in teatro e in tv da “La Smorfia”. Tutto sembra però uno spunto, un accenno, qualcosa che non riesce mai – perché magari non ne ha intenzione – ad andare oltre quel velo di malinconia e in parte di mistero che una figura apparentemente tanto cristallina come quella di Troisi portava e esprimeva anche nel suo cinema dalle risonanze amare e non sempre risolte, come le note blues del suo amico e alter ego musicale Pino Daniele, autore di buona parte delle colonne sonore dei suoi film. C’è molto del rapporto con Philippe Noiret, che interpretava Neruda ne Il postino, ma non c’è nulla di quello altrettanto significativo con un altro grande “attore grande” come Marcello Mastroianni, o con Ettore Scola, regista che fu il mentore di una sua versione più adulta, poetica e archetipica della maschera del guitto nel (dis)incanto da decadente fellinismo del bellissimo Il viaggio di Capitan Fracassa (1990).
Rimane la carrellata finale di sorrisi e sguardi commossi dei vari intervistati, e poi quella sala cinematografica della giovinezza, luogo simbolo da dove nacque la scoperta e la passione per le immagini, tra l’altro grazie a Roma città aperta di Rossellini. Il “viaggio” che il buon Gerardo Ferrara ci annunciava all’inizio e abbiamo intrapreso alla riscoperta del suo amico Massimo (che però non abbiamo mai visto attraverso i suoi occhi e le sue parole…) è stato più un excursus abbozzato, la celebrazione di un brindisi tra gli amici al bar.
C’è , però, un’immagine che resta: Gerardo che guarda di spalle dalla scogliera e il doppio digitale di Massimo nei panni del postino che gli appare affianco. La suggestione di un immaginario fatto ormai di fantasmi, proiezioni, sogni ricostruiti e ricostruibili da una memoria che per diventare collettiva e universale ha bisogno di essere sempre più soggettiva e personale.
In sala dal 15 dicembre
Il mio amico Massimo ; Regia e sceneggiatura: Alessandro Bencivegna; fotografia: Giorgio Fracassi; montaggio: Corrado Measso; voci narranti: Lello Arena, Cloris Brosca; interpreti: Gerardo Ferrara, Carlo Verdone, Nino Frassica, Clarissa Burt, Maria Grazia Cucinotta, Salvo Picarra, Valentino Picone; produzione: Piano B Distribuzione; origine: Italia, 2022; durata: 85′; distribuzione: Lucky Red.