Non c’è dubbio – anzi ne siamo certi – che James Cameron sia uno dei massimi cineasti viventi e insieme il maggiore giocatore cinematografico di poker al mondo. Basta compulsare la sua filmografia fatta, quasi sempre, di successi incredibili o di classici ormai consolidati della SF: prima i due Terminator (1984 e 1991) intervallati da Aliens – Scontro finale (1986) e The Abyss (1989), l’unico vero flop della sua carriera. Poi, dopo lo scivolone di True Lies (1994), il grandioso e romantico Titanic (1997, supercampione di incassi) e infine 12 anni di lavoro per realizzare il primo Avatar (2009), il massimo incasso di tutta la Storia del cinema (in un testa a testa con Avengers: Endgame, 2019), che si è aggiudicato tre Oscar nel 2010: miglior fotografia, miglior scenografia e migliori effetti speciali. E adesso in piena epoca di pandemia e di recessione del mercato cinematografica, rilancia il moribondo 3D che aveva resuscitato nel 2009, con questa seconda puntata del suo precedente blockbuster che è costato tra i 350 e 400 milioni dollari. Un rischio non da niente.
Il 14 dicembre esce in Italia il suo film in 1.200 copie (non ovviamente tutte in 3D), un’enormità – sembrerebbe la manna biblica per gli esercenti a Natale. Non siamo dei profeti ma ci sembra che anche questa ennesima scommessa cameroniana non si risolverà in un bluff al tavolo verde. E comunque noi gli auguriamo di tutto cuore un grande successo popolare, perché onestamente il suo ci sembra un gran bel film che rilancia l’idea del colossal ultraspettacolare – e non solo per la durata king size: la bellezza di tre ore e 16 minuti – senza però mortificare l’intelligenza e la pazienza dello spettatore più avvertito. Con una necessaria avvertenza, però: bisogna avere quel minimo sindacale di disponibilità a lasciarsi andare all’avventura – forse un tantino puerile, forse poco intellettuale –, di abbandonarsi al piacere puro delle immagini in movimento per cercare (per l’ultima volta, chissà?) di consumare il rito della santificazione della visione, nel buio di quella che un tempo veniva chiamata la Cattedrale laica, la grande sala del Cinema. Insomma, quello stesso rito di iniziazione al piacere gran-schermico che un altro grandissimo cineasta americano di successo, Steven Spielberg, presto ci farà vedere in un altro film meraviglioso: The Fabelsmans.
Ma basta con le chiacchiere introduttive o le evocazioni di principio e passiamo a parlare di Avatar 2: La via dell’acqua.
Come di prammatica qualche riga di trama – anche se la trama non gioca, come prevedibile, un ruolo così importante nella fascinazione di questo megafilm nato soprattutto dall’interesse e dall’attrazione del regista canadese (con tanto di autocitazioni da sue opere precedenti) per l’elemento acquatico.
Sono passati più di dieci anni – paradossalmente più o meno lo stesso tempo reale trascorso tra la prima e la seconda puntata di Avatar – da quando l’ex marine Jake Sully (Sam Worthington) ha lasciato il suo corpo umano con l’aiuto della „rete neurale“ di Pandora e si è finalmente unito al suo avatar, diventando un Na’vi anche lui. Insieme alla compagna Neytiri (Zoe Saldana), ha messo su e cresciuto una famiglia composta dai figli Neteyam e Lo’ak, il fratello minore, molto indisciplinato, e la sorellina Tuk. Hanno anche adottato un ragazzo umano, Javier detto “Spider” (personaggio chiave che ci introduce già alla terza, prossima puntata della saga cameroniana) e Kiri, un’adolescente e misteriosa Na’vi (evitiamo di metter il nome per non guastare una sorpresa).
L’avida RDA (L’Amministrazione per lo Sviluppo delle Risorse) è ovviamente tornata in forze a sfruttare Pandora, vuole colonizzare l’intera Luna anche perché la Terra sta per diventare inabitabile. Dopo la morte del colonnello Miles Quaritch (Stephen Lang) nel primo episodio, il generale Ardmore ha assunto il controllo della RDA e si avvale di una squadra di soldati Na’vi clonati, uno dei quali, il loro capo, è nato dal materiale genetico del colonello morto che, dotato anche dei suoi ricordi, vuole vendicarsi del suo nemico mortale Jake.
Inseguiti dai soldati, la casa dei Sully nella giungla di Omaticayan non è più sicura; perciò, sono costretti a lasciarla per cercare rifugio lontano presso il popolo dei Metkayina, guidato da Tonowari (Cliff Curtis) e dalla moglie incinta Ronal (Kate Winslet), che vive negli atolli sulle coste di Pandora. Jake e i suoi, lontani dalle foreste, devono ambientarsi nel nuovo mondo acquatico, e sarà per loro una sfida difficile. „L’acqua connette tutte le cose, la vita alla morte, il buio alla luce“.
Ora devono imparare molte cose, dalla giusta tecnica di respirazione per immergersi in acqua il più a lungo possibile a come comportarsi con gli animali marini della barriera corallina. Ma soprattutto si devono difendere, allo stremo, dai nemici sempre sulle loro tracce con alla testa il redivivo vilain Quaritch. Del quale, però, alla fine, si scoprirà che anche lui possiede un cuore di padre…
Come avveniva già anche nel primo episodio, la seconda parte della Via dell’Acqua è molto più originale, non soltanto perché nel suo elemento naturale prediletto Cameron ci mostra delle figure, degli animali (per esempio degli strani cetacei, una sorta di balene mansuete e benauguranti) o dei paesaggi che non conoscevamo dalla precedente puntata ma perché riesce ad inanellare un mix, particolarmente riuscito, fatto di tecnologie digitali (dove è un vero maestro) e sorprendenti invenzioni visive – cosa che con quanto sinora si è visto a riguardo, non è per niente facile. Il che consente anche ai più impazienti degli spettatori – lo speriamo – di superare quei rari momenti di stanca in una narrazione che mantiene dei ritmi di attenzione e di sorpresa invidiabili.
Il film è, dunque, si potrebbe dire, piuttosto kubrickiano, nel senso che vuole basarsi sostanzialmente sulla bellezza e sulla supremazia dell’immagine a scapito di tutto il resto – approfondimenti psicologici dei personaggi o dialoghi complessi sono esclusi a priori.
In definitiva si tratta allora di una fantascienza abbastanza classica, piena di citazioni e di miti ma anche di traumi storici che il nostro regista vuole (ri)proporre ad uno spettatore più giovane. Infatti, come già ci aveva abituato lo stesso Cameron o ancor prima gli esordi di Star Wars, il tutto è condito da un pizzico di misticismo, da una spruzzata di esoterismo e una qualche dose di ideologia pacifista e vagamente anticapitalista che ricorda la vecchia “Nuova Hollywood” dei primordi. Con in più tanto, tanto amore per la famiglia (questo in dosi persino eccessive – nostro personale punto di vista), tanto da superare lo stesso Steven Spielberg.
Pensiamo allora che il divertimento sia ampiamente assicurato in questo Avatar 2: La Via dell’Acqua. Ed allora, buon divertimento. La terza puntata (girata insieme a questa seconda) è già pronta per il Natale 2023 – poi si vedrà.
In sala dal 14 dicembre
Avatar 2: La Via dell’Acqua (Avatar 2: The Way of Water) – Regia: James Cameron; sceneggiatura: James Cameron, Josh Friedman; fotografia: Russell Carpenter; montaggio: David Brenner, James Cameron, John Refoua, Stephen E. Rivkin, Ian Silverstein; musica: Simon Franglen; interpreti: Sam Worthington, Zoe Saldana, Kate Winslet, Sigourney Weaver, Edie Falco, Michelle Yeoh, Stephen Lang, Joel David Moore, Jemaine Clement, Matt Gerald, Cliff Curtis, Giovanni Ribisi, Oona Chaplin, CCH Pounder, Keston John, Brendan Cowell, Chloe Coleman; produzione: Twentieth Century Fox, TSG Entertainment, Lightstorm Entertainment; origine: Usa, 2022; durata: 196’; distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures.