Torniamo a parlare di Three body problem, ed entriamo subito nel merito dell’analisi di questa nuova serie creata e scritta da David Benioff e D.B. Weiss (che chiameremo D&D), cercando di capire se le aspettative di cui si è trattato del nostro approfondimento precedente sono state deluse.
Per chi non ne avesse ancora mai sentito parlare, la trama si snoda attraverso un intricato labirinto di scienza speculativa, misteri e conseguenze imprevedibili: Quando dei segnali dallo spazio aprono la porta ad un universo di possibilità, un gruppo di scienziati e l’umanità intera si trova alle prese con un’evento senza precedenti, che muterà per sempre la loro comprensione della realtà. La serie esplora il lato più oscuro dell’universo e la possibilità di una minaccia aliena si staglia con una freddezza ed una lucidità di intenti mai vista prima in un racconto di fantascienza.
Il materiale narrativo si basa sull’omonima trilogia di Cixin Liu, e nel 2023 è già uscita una trasposizione ad opera di TenCent Video (per la quale vi rimandiamo al precedente articolo).
Cosa è andato storto (spoiler: quasi tutto)
Le spiegazioni scientifiche:
La parte più affascinante di tutto il progetto, quella speculativa, che riflette sulla fisica, la scienza, ed ipotizza scenari estremamente interessanti, viene prontamente trascurata. Ciò che accade viene illustrato con spiegazioni ridotte all’osso che banalizzano a tal punto i fenomeni da mutarne la natura stessa, lo spettatore che guarda questa serie si ritroverebbe a nutrire seri dubbi sulla coerenza consequenziale degli accadimenti. La civiltà aliena dei trisolariani (chiamati San-Ti) si esprime in maniera illogica, e vengono da subito umanizzati nel dialogo, perdendo completamente la specificità del loro pensiero. Il supercomputer alieno Sophon ridotto a banale Villain, che si esprime come l’antagonista di un B movie, tramite frasi ad effetto ed hackeraggi inutilmente scenografici. Le iterazioni dei fenomeni presenti nel Three body game sono scarne e raccapezzate, si perde così di vista l’enorme epopea evolutiva dei trisolariani (San-Ti), fatta di distruzione e ricostruzione. Una delle parti più affascinanti del racconto della civiltà San-Ti, quella di un super computer composto da persone, presentata in pochi secondi, senza spiegazioni, e lasciata morire senza possibilità di apprezzare quasi nulla del potente concetto sottostante.
I personaggi:
partiamo con quelli salvabili: poliziotto Da Shi (il bravo Benedict Wong) presenta una personalità che si distingue dalla serie tv controparte cinese ma si regge molto bene ed è uno dei personaggi migliori, Thomas Wade (Liam Cunningham) non sfigura anche se talvolta risulta leggermente cliché nelle sue pose e poco duro rispetto a come dovrebbe apparire (non dimentichiamoci che è un uomo disposto a sacrificare l’intera umanità senza pensarci due volte, per fermare i trisolariani, ed è capace di omicidi a sangue freddo), Jin Cheng, interpretata dalla brava Jess Hong regge ottimamente il ruolo, il suo personaggio si amalgama bene con la vicenda, ed è forse l’unico esempio di stravolgimento che funziona, a livello di riscrittura: il suo personaggio compare nel secondo libro, in un’epoca futura, ma i nostri due autori qui riescono ad inserirla da subito e a garantire coerenza al suo arco narrativo. Infine, il personaggio di Ye Wenjie, in entrambe le versioni, odierna e flashback, ci pare azzeccata.
Tutti gli altri personaggi sono un disastro: l’esperta in nanomacchine Auggie Salazar (Eliza Gonzalez) che rappresenta una delle sfaccettature di Wang Miao, ha la classica attitudine dell’eroina determinata moralista ed aggressiva, fastidiosa, banale, una personalità completamente plasmata dai nostri due autori che qui hanno prodotto uno dei peggiori risultati su schermo della loro intera carriera. Gli altri due della combriccola degli “Oxford five”, mosci e affannati, privi di humour e di verve, sono uno strazio da vedere, come è uno strazio assistere a tutti i relationship drama inventati ad hoc dagli autori, ai quali viene dedicata una spaventosa quantità di spazio, che viene tolto inevitabilmente alla grandiosità fantascientifica che gridava disperatamente di venire raccontata. Uno di questi due, Saul Durand, interpretato da Jovan Adepo, ricoprirà il ruolo di Wallfacer (Luo Ji), possiamo tranquillamente definirlo il personaggio in assoluto più fondamentale di tutti. E speriamo fortemente quindi nel potenziale di questo attore (ad ora ingiudicabile, dato che il personaggio comincia a prendere forma solo nel finale) che nella seconda stagione dovrà emergere in tutta la sua complessità.
La rappresentazione del Three Body Game:
Ci aspettavamo grandi cose, ci siamo ritrovati con qualche momento buffo ed una resa atmosferica al di sotto delle aspettative. Anche in questo caso, nonostante l’enorme differenza di budget la controparte cinese surclassa questa, dalla quale sarebbe stato più che legittimo richiedere uno sforzo creativo (non stiamo parlando di budget, quello c’era) superiore.
La durata:
Nutrivamo dubbi sul fatto di riuscire a raccontare in otto episodi l’intero primo libro mantenendo intatta la comprensione degli accadimenti, bene, lo hanno raccontato in sei, di cui quasi la metà riservati a dialoghi scadenti e superflui. Invece di esplorare le implicazioni scientifiche dei fenomeni presentati, e portarne alla luce le profonde riflessioni, anche filosofiche, che ne conseguono, la trama indugia troppo spesso su relazioni personali e drammi emotivi, gettando alle ortiche l’opportunità di stimolare la curiosità del pubblico su argomenti complessi.
È chiaro che D&D abbiano cercato disperatamente di creare e replicare personalità che potessero compiacere un pubblico di riferimento, con tutto lo starting pack di amicizie, rivalità, amori e conflitti che dovrebbe aggiungere profondità alla trama e ai personaggi stessi. Da qui parte il concetto di frammentare un unico personaggio (come era in origine) in cinque brandelli distinti, ne sono usciti mostri animati da un barlume di soffio vitale, fatto di azione ma che si spegne ogni volta che emerge il sentimento. E’ talmente evidente la scollatura tra lo stupore prodotto dalla grandiosità della trama e le dinamiche interpersonali dei protagonisti, da rendere altamente improbabili alcune battute dei personaggi con cui abbiamo a che fare.
Questa disanima potrà sembrare eccessivamente severa, saremmo potuti arrivare a tre stelle nella valutazione finale, ma a rendere più grave il risultato è proprio il fatto che gli showrunner avevano una strada tracciata dalla quale si sarebbe potuto e dovuto fare di meglio, dato che, come abbiamo già detto nel precedente approfondimento, la serie cinese aveva ampi margini di miglioramento.
Consigliamo questa serie solo ed esclusivamente a coloro che non ritengono di voler dedicare più tempo alla saga di The Three Body Problem, per tutti gli altri statene alla larga e andate a recuperare la serie cinese e i libri, poi, se volete soddisfare la vostra curiosità, tornate pure su Netflix e guardatevi questa.E incrociamo le dita per la seconda stagione, che coinvolge maggiormente l’intrigo politico e la sfida psicologica, campi in cui D&D hanno dimostrato di saperci fare. La prima è andata malino.
Su Netflix dal 21 marzo 2024
Il problema dei tre corpi (The Three Body Problem ) – Showrunners: David Benioff, D.B.Weiss, Alexander Woo; regia: Minkie Spiro, Jeremy Podeswa, Derek Tsang, Andrew Stanton; musica: Ramin Djawadi; fotografia: Martin Ahlgren, P.J. Dillon, Richard Donnelly, Jonathan Freeman, montaggio: Simon Smith, Katie Weiland, Anna Hauger, Michael Ruscio; cast: Jovan Adepo, Liam Cunningham, Eiza González, Jess Hong, Benedict Wong, Marlo Kelly, Alex Sharp, Sea Shimooka, Rosalind Chao, Saamer Usmani, Jonathan Pryce, Gerard Monaco, John Bradley, Zine Tseng; produzione: Netflix; origine: Usa, 2024; episodi: 8.