L’uomo che disegnò Dio di Franco Nero

  • Voto
2.5
Due universi distanti anni luce convergono nell’ ultimo lungometraggio di Franco Nero: il talento misterioso di un ritrattista anziano e scorbutico incontra e si scontra con la spirale fasulla alimentata dalla televisione spazzatura, cinica e decisa a fare notizia a qualunque costo, sorda e distante a qualunque dinamica umana. Ne L’ uomo che disegnò Dio l’autore parmense assume il duplice ruolo di regista  e protagonista, vestendo  i panni di un  artista burbero e non vedente alla prese con un insolita dote,  la capacità di ritrarre un volto umano ascoltandone il solo  suono della voce.  La parte,  tagliata su misura per l’ attore-regista, ne sottolinea il notevole  carisma, nonostante in alcuni momenti l’ interpretazione  risulti lievemente monocorde.

Il suo debutto alla regia risale al 2005, con Forever Blues, malinconico film focalizzato sull’improbabile amicizia tra un trombettista jazz e un bambino introverso, ai limiti dell’autistico. Quindi, con L’uomo che disegnò Dio, è tornato vent’anni dopo da questo suo esordio registico dietro la macchina da presa.

Il film, che trae ispirazione da una storia vera, ha anzitutto il difetto di unire, in modo confuso,  troppi spunti rischiando una carenza di approfondimento generale: il protagonista Emanuele  (sempre interpretato in modo carismatico dal Nostro), un ritrattista cieco capace di disegnare chiunque ascoltando il suono della voce, a causa della diffusione virale di un video da parte di Iaia, una ragazza africana che viene ospitata a casa sua assieme alla madre, diventa improvvisamente “famoso” e viene portato alla ribalta  dalla TV spazzatura come fosse un fenomeno da circo.

Il punto è che l’intreccio di partenza, potenzialmente interessante, si disperde tra le microstorie dei personaggi di contorno, che non vengono mai approfondite e con l’accusa finale di molestie sessuali, davvero poco credibile, ai danni  della stessa studentessa che l’artista ospita a casa con sua madre e con la quale, invece, lui instaura un legame puro e leale.

Kevin Spacey

L‘ elemento più riuscito, di un film tutto sommato lento e a tratti poco incisivo, è la contrapposizione netta  tra il segreto quasi magico che custodisce Emanuele, capace, pur essendo cieco,  di ritrarre volti umani per una sorte di “dote speciale”  e la falsa umanità prodotta dai programmi televisivi spazzatura. 

Inoltre, il carattere chiuso del protagonista è  tratteggiato nel dettaglio e la sua calma serafica e la sicurezza sprigionata ne fanno un uomo d’altri tempi:  introverso, distante ma dotato di un’intelligenza e sensibilità, rare e sottili. Un personaggio interessante, spigoloso ma dotato di poche sfumature. 

Pola (una convincente Stefania Rocca), la sua assistente sociale, sembra, tra tutti,  l’ unica in grado di capirlo e pronta ad aiutarlo e a supportarlo anche nei momenti più difficili. Emanuele e Pola rappresentano, quindi,  un universo morale attorno al quale ruotano, come satelliti, anche Maria e la Piccola Iaia, le due donne africane ospitate da Emanuele in cambio di un aiuto in casa. Lentamente tra loro  si instaura un legame di affettività domestica, che addolcisce lievemente il carattere ritroso e distante del protagonista.

Fuori dal loro piccolo cosmo,  c’è purtroppo la desolazione spirituale e un mondo vano e poco interessante, incarnato dai Talent Show, interessati solo a guadagnare denaro e visibilità mettendo alla berlina individui poco ordinari.

La storia, potenzialmente interessante, finisce dunque per  legare assieme, in modo disordinato, troppi aspetti e sembra seguire, soprattutto nella seconda parte, direzioni  confuse e poco chiare che rischiano  di sfilacciare l’ intreccio rendendolo meno credibile e fluido.

Comunque,  nonostante la lentezza di alcuni momenti e lo sfilacciamento della trama, L’ uomo che disegnò Dio risulta piacevole grazie al carisma sempre eterno del suo interprete-regista e all’intreccio di partenza, originale e stimolante.

Ps: Il film ha sicuramente il merito – e non è poco – di aver riportato sullo schermo, in un piccolo ma significativo cameo, Kevin Spacey, dopo  anni di allontanamento  e di ostracismo da parte  dei set hollywoodiani a causa delle accuse per molestie sessuali  risalenti al  2017. 

In sala dal 2 marzo 


L’uomo che disegnò Dio; regia: Franco Nero; sceneggiatura: Eugenio MasciariLorenzo De Luca; fotografia: Gerardo Fornari; montaggio: Paolo Guerrieri; musiche: Giuliano Taviani; interpreti: Franco NeroKevin SpaceyStefania RoccaRobert DaviAlessia AlciatiDiana Dell’ErbaIsabel CiammaglichellaWehazit Efrem AbrhamMassimo RanieriVittorio BoscoloSimona NasiSofia NistratovaAndrea CoccoDiego Casale; produzioneL’AltroFilm, Tadross Media Group e BuldDog Brothers; origine: Italia, 2023; durata: 110 minuti; distribuzione: L’Altrofilm

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