In memoria di Gigi Riva (1944-2024): Nel nostro cielo un rombo di tuono di Riccardo Milani

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In memoria ripubblichiamo, in occasione della morte, oggi 22 gennaio 2024 a 79 anni,  del grande Gigi Riva, il centravanti italiano più forte di sempre, la recensione del bel documentario a lui dedicato da Riccardo Milani.  

Aveva avuto una brevissima circolazione in sala nel novembre del 2022 e adesso è approdato su Sky il documentario intitolato Nel nostro cielo un rombo di tuono che Riccardo Milani ha dedicato a Gigi Riva, uno dei pochi calciatori italiani a cui ben si attaglia la definizione di mito. E le varie componenti di questo mito Milani con un lavoro davvero certosino le enuclea, le dettaglia tutte, ricorrendo qua e là (secondo me non ce ne sarebbe stato bisogno) a momenti fictional, con due giovani attori che interpretano il Gigi Riva bambino con la mamma e solo pochi anni dopo il giovanissimo Gigi Riva in collegio, in una breve sequenza che ha un po’ ricordato le analoghe sequenze di Rapito, l’ultimo film di Marco Bellocchio.

La prima componente del mito di Gigi Riva è il riscatto da un’infanzia pronunciatamene infelice, il ragazzino perde precocemente i genitori e il calcio rappresenta un risarcimento per quanto non ha avuto. Gigi Riva = Oliver Twist.

La seconda e più significativa componente è il trasferimento nel 1963 in Sardegna, Gigi Riva ha 19 anni e non è all’inizio esattamente entusiasta di questa nuova tappa della sua vita, salvo poi – per sempre – innamorarsi di quella terra e non lasciarla mai più. Pur non privo di un certo meccanicismo il film declina con molta tenacia l’omologia fra Gigi Riva e la Sardegna, un’omologia fatta di sobrietà, coraggio, umiltà, fedeltà, timidezza, fierezza. Per larghi tratti il documentario diventa così un film sulla Sardegna, raccontata attraverso personaggi per lo più poco noti che hanno avuto un rapporto con Gigi Riva ma non necessariamente. Fra le molte cose che vengono raccontate della Sardegna sarà sufficiente ricordare: l’arrivo dell’Aga Khan, cronologicamente più o meno coincidente con l’arrivo del calciatore, con la notevolissima differenza che Riva è venuto per esaltare l’identità sarda tramite i successi della squadra del Cagliari, l’Aga Khan è venuto per sfruttare, depredare in termini turistici l’isola. Molto spazio viene dedicato anche a un altro tentativo ingannevole – del tutto privo di sostenibilità – di sfruttamento della terra sarda, ovvero l’insediamento del petrolchimico di Ottana, mediante il quale il petroliere Angelo Moratti promette migliaia di posti di lavoro ai miseri disoccupati (o pastori) sardi, lasciando intravedere una crescita sociale che mai si compirà. Ciò spiega almeno in parte che fra i moltissimi personaggi convocati a testimoniare c’è anche il figlio di Angelo, ovvero Massimo Moratti, testimone di quella stagione oltreché del mondo calcistico (è stato, lo si sa, il presidente dell’Inter dal 1995 al 2004 e dal 2006 al 2013, il padre a sua volta Presidente dell’Inter dal 1955 al 1968 fu uno di coloro che con più accanimento tentarono di strappare Riva al Cagliari). Ma la Sardegna è presente nel film soprattutto nella sua forma arcaica fatta di natura aspra e bellissima, di costumi tradizionali, di antichi riti, canti e balli, di colonna sonora: da De André ai Tazenda fino a Paolo Fresu.

La terza componente del mito è ovviamente quella del calciatore, che in grazia del suo smisurato talento fu il condottiero di un’impresa ineguagliata: lo scudetto del Cagliari nella stagione 1969-1970. Si trattò di una squadra perfettamente orchestrata dall’allenatore Manlio Scopigno (1925-1993), detto “il Filosofo” che si fece amare da tutta l’Italia e che tanto fece a livello simbolico per la percezione della Sardegna come parte sostanziale dell’Italia. Qui il regista, oltre a ricorrere a tantissimo materiale d’archivio (edizioni della Domenica Sportiva condotte da personaggi storici della TV di Stato quali Alfredo Pigna, Tito Stagno, Lello Bersani ed Enzo Tortora) si permette altresì alcune licenze narrative volte a raccontare un ulteriore effetto positivo provocato dalla squadra che è stata quella di unificare la Sardegna stessa: le voci dei radiocronisti di “Tutto il calcio minuto per minuto” (Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Roberto Bortoluzzi) provenienti dalla radioline percorrono nell’oggi borghi e pascoli, botteghe e caffè dell’isola in un’unica collettiva identificazione con gli eroi dell’Amsicora (così si chiamava lo stadio di Cagliari), con Gigi Riva avanti a tutti. Una identificazione che non risparmiò nemmeno i grandi banditi, ricercati dappertutto, i quali pur di assistere alle partite del Cagliari rischiavano di essere catturati, si veda il caso del più celebre di tutti, ossia Graziano Mesina. È un grande merito di Milani tenere in equilibrio il racconto calcistico con il racconto sociale e del costume, alternare sapientemente invenzione e documento, magari con qualche ridondanza ma nell’insieme con molto ritmo.

La quarta componente del mito è quella che si potrebbe definire la precoce decadenza dell’eroe, dovuta a una serie di gravi incidenti, il più famigerato dei quali fu quello provocato nell’ottobre del 1970 dal difensore della nazionale austriaca Norbert Hof, da allora definito “il boia del Prater”. A seguito di ulteriore incidenti Gigi Riva smetterà di giocare all’inizio del 1977, all’età di 32 anni e pochi mesi, avendo alle spalle 164 goal tutti segnati militando solamente nella squadra del Cagliari per 14 anni e risultando per tre anni il capocannoniere. Riva è a tutt’oggi il calciatore che ha segnato più goal in Nazionale, ben 35 in sole 42 partite.

La quinta e ultima componente del mito Riva è, se così si può dire, la sua sparizione. Dopo essere stato per 25 anni capo delegazione della Nazionale, Riva si è ritirato nel 2013 (all’epoca aveva 69 anni) e da allora è letteralmente sparito di scena. Da qualche tempo l’ex calciatore non esce praticamente di casa. Ed è un grandissimo merito di Milani essere riuscito a “stanarlo”, a entrare nella sua casa, a farlo parlare, seppur non moltissimo, ché per lo più vediamo Riva seduto in poltrona, muto con la sua immancabile sigaretta accesa. Solo verso la fine Milani riesce a immortalarlo sull’amata spiaggia del Poetto convincendolo anche ad abbozzare un timido sorriso.

 

Ottima, davvero ottima, la scelta dei testimoni: tantissimi sardi delle più diverse provenienze, molti ex calciatori del mitico Cagliari degli anni ’60, Moratti (come già detto), ma anche Sandro Mazzola, Gianfranco Zola e Niccolò Barella allevato nella scuola di calcio cagliaritana che di Gigi Riva porta il nome.

Inutile negarlo: questo film fa venire una tremenda nostalgia, la nostalgia di un calcio più umano: i secondi tempi di “Tutto il calcio minuto per minuto” con le inconfondibili voci dei protagonisti, la nostalgia del bianco e nero, dei calciatori che andavano alla Domenica Sportiva in giacca e cravatta, i calciatori senza tatuaggi, i calciatori gente normale, i calciatori fedeli alla maglia. In queste settimane in cui il centrocampista del Milan Sandro Tonali, valutato 80 milioni di euro, parte per Newcastle, decine di giocatori vengono attratti dalle sirene dell’Arabia Saudita, il modello Gigi Riva, il modello Cagliari appare davvero mitico e incredibilmente remoto.

Su Sky 


Nel nostro cielo un rombo di tuono – Regia, sceneggiatura: Riccardo Milani; fotografia: Saverio Guarna; montaggio: Francesco Renda; musica: Paolo Fresu, Andrea Guerra; produzione: Wildside, Vision Distribution; ; origine: Italia 2022; durata: 165′; distribuzione cinema: Vision Distribution.

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