Solos (Stagione 1)

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All we have is now

La prima impressione che emerge già durante la visione dei primissimi episodi di Solos si trasforma presto in una certezza granitica: una serie così non si era mai vista. Sette episodi, per la nuova produzione antologica degli Amazon Studios, in cui otto attori di grande caratura – alcuni eccelsi, come Helen Mirren, Dan Stevens e Morgan Freeman – offrono la loro voce, i loro volti, tutto l’istrionismo di cui sono dotati e un quantitativo di energia inesauribile, per mettere semplicemente a nudo loro stessi, quindi noi tutti. Come personaggi, come singoli individui, come esseri umani fuori posto nel nostro stesso mondo.

Solos è sì una serie di esemplare messa in scena fantascientifica, ma solo, per l’appunto, a livello scenico. David Weil scandaglia con perizia il malessere della nostra società che viaggia a velocità supersonica – troppo veloce per la nostra condizione di animali abitudinari –, inducendo i personaggi protagonisti di ogni episodio e, con essi, lo spettatore, a riflettere su ciò che siamo, sulle strade delle nostre vite percorse, sugli sbagli commessi e, soprattutto, sulle possibilità mancate o perdute; attraverso una serie di racconti pregevolmente scritti e in grado di evitare senza pericolo di sorta la trappola di un didascalismo quasi fin troppo prevedibile – e questo grazie all’interazione dei protagonisti con elementi spesso alieni, ma congeniali alla narrazione e al contesto in cui sono collocati -, Solos si rivela un percorso filosofico alla riscoperta della bellezza e dell’importanza della riflessione, della lentezza come metodo per una quotidianità più affine e sincronizzata con le nostre esigenze di individui dotati di morale e difetti, molti difetti.
Ecco come la serie antologica intrattiene con garbo e cristallina delicatezza, sortendo gli stessi effetti di una breve, ma intensa, seduta psicanalitica: gli elementi di matrice sci-fi sono solo pretesti narrativi per sondare, sezionare e analizzare i pericoli e i rimedi di quei piccoli gesti, di tutti gli affetti e delle prospettive che spesso si danno per scontate, e ci riesce mantenendo perfino ben teso un sottilissimo fil rouge indispensabile per tessere una macrotrama che mantiene alta l’attenzione per i dettagli, senza appesantire la stessa struttura autoconclusiva dei singoli episodi.

Solos è un gioiello sfavillante, una stella luminosa in un cielo senza stelle; una serie di cui goderne esclusivamente in lingua originale, lasciando che siano le voci e il portamento scenico degli attori a guidare lo spettatore davanti lo specchio. Solos possiede lo stesso magico potere di un libro dimenticato, di una storia mai narrata, ma che, in fondo, ognuno di noi conosce già. Solos è, soprattutto, un lancinante grido d’allarme, un monito crudele creato ad arte per indurre a ricercare l’importanza nell’ovvio, la meraviglia nella semplicità, la bellezza nella normalità; di pari passo, Solos è un sospiro malinconico e ottimista, molto più reale perché non racconta un futuro a noi familiare, ma un presente che continueremo a non capire, finchè non capiremo gli insegnamenti di un passato che potremo soltanto rimpiangere.


Solos –  genere: drammatico, fantascienza; showrunner: David Weil; stagioni: 1 (in attesa di rinnovo); episodi miniserie: 7; interpreti principali: Uzo Aduba, Nicole Beharie, Morgan Freeman, Anne Hathaway, Anthony Mackie, Helen Mirren, Dan Stevens, Constance Wu; produzione: Amazon Studios; network: Amazon Prime Video (25 giugno 2021); origine: U.S.A., 2021; durata: 25′-35′; episodio cult: 1×03 – Peg

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