The Outrun di Nora Fingscheidt – (Festival di Berlino – Panorama)

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Probabilmente tra i film migliori presenti in Panorama (aveva avuto la sua prima al Concorso del “Sundance”),  The Outrun  racconta la drammatica lotta personale di Rona per uscire dall’alcolismo. La regista tedesca Nora Fingscheidt con i suoi precedenti film, il documentario Ohne diese Welt (2017) su una comunità di mennoniti tedeschi in Argentina, e il film su una bambina estremamente aggressiva in Systemsprenger (2019), presentato in Concorso alla Berlinale e vincitore dell’Orso d’argento, ci aveva già abituato alla sua predilezione per storie estreme.

The Outrun non è da meno. Prende spunto dall’omonimo romanzo autobiografico della scrittrice scozzese Amy Liptrot e, come il libro, è ambientato alle isole Orcadi, nella punta Nord della Scozia, dove sulle scogliere battono senza tregua le correnti del Mare del Nord, pochi abitanti si confrontano ogni giorno con le forze imprevedibili della natura e, come racconta la protagonista, coscienti o no, assorbono e subiscono sul proprio corpo le vibrazioni che le onde rilasciano sugli scogli, e si fanno irrequieti; le energie sprigionate dal mare si trasformano, ma non si estinguono.

Ed è qui, fra onde e vento, che Rona, – ruolo interpretato da una particolarmente convincente Saoirse Ronan –, ventinove anni e un master in biologia, è tornata alla sua casa natale dopo gli anni di vita sfrenata vissuti a Londra. Ha perso la bussola, lo strumento che da bambina le aveva regalato il padre, ma anche più idealmente l’orientamento nella vita. Delle folli notti passate ai tecno rave oramai rimane solo una lieve sfumatura blu sulle punte dei capelli e una forte depressione. Abbandonata dal suo fidanzato Daynin (Paapa Essiedu) e scampata per poco ad uno stupro, deve ora fare i conti con sé stessa e la sua dipendenza dall’alcool. Se non è mai facile ripartire, lo è ancora di più per chi come Rona si ritrova con un padre (Stephen Dillane) affetto da un forte disturbo bipolare, una madre (Saskia Reeves) che si è rifugiata nella religione e nella preghiera come ultime vie di fuga, e per di più, su un’isola che probabilmente conta un numero di pecore più alto di quello degli abitanti locali.

Rona prova più volte a uscirne, frequenta anche il programma più duro della lega alcolisti anonimi: il cosiddetto Zero Tolerance Program, e come d’uso, comincia a contare i giorni di astinenza partendo dal giorno ‘zero’: Day 0. Intanto si dà da fare aiutando il padre con il pascolo delle pecore e lavora ad un programma sulla fauna locale, per il quale si mette alla ricerca dell’ormai rara presenza del re di quaglie sulle isole.

In un complicato e fitto montaggio temporale si mescolano il presente e i ricordi del passato. Flashback della vita londinese scorrono sullo schermo: ai momenti felici con gli amici, ai balli sfrenati in discoteca, succedono i più drammatici crolli fisici dovuti alla dipendenza. A questi si aggiungono i lontani ricordi di bambina, quando Rona assisteva impotente all’alternanza fra fasi maniacali e le più lunghe fasi depressive del padre. Inoltre, la sua voce in off narra mitiche e antiche leggende celtiche, accompagnate da immagini acquatiche di foche e di Rona, immerse fra le alghe di fondali marini.

Rona prende la decisione di separarsi dalla famiglia, isolarsi sull’isola più lontana delle Westray, la Papay, dove sarà il contatto con la natura più aspra ad aiutarla a raggiungere un maggior controllo su sé stessa. È qui dove il mare e il vento non sostano proprio mai, sull’isola con solo sessanta abitanti, che riesce finalmente a integrarsi nella comunità, partecipare alle feste, e raggiungere, per la prima volta senza il bisogno dell’alcol, l’ebbrezza; e sentirsi così veramente in armonia.

The Outrun è un film che parla degli alti e bassi della vita e innesca nello spettatore grandi emozioni in un crescendo ritmico, quasi voglia seguire il moto delle onde fin quando non si rifrangono sugli scogli. Un elogio all’energia nascosta nella natura e nell’uomo.

Nota sul titolo: normalmente il verbo inglese to outrun viene usato per indicare qualcuno che fugge o scappa dai problemi. The outrun invece è il nome che solo gli scozzesi danno alla parte più selvaggia del prato dove pascolano le pecore. L’autrice Amy Liptrot, senza ombra di dubbio, si è divertita a giocare su questo doppio significato che si adatta perfettamente alla storia.


The Outrunregia: Nora Fingscheidt, sceneggiatura: Nora Fingscheidt, Amy Liptrot; fotografia: Yunus Roy Imer; montaggio: Stephan Bechinger ; musica: John Gürtler, Jan Miserre; interpreti: Saoirse Ronan, Paapa Essiedu, Saskia Reeves, Stephen Dillane, Nabil Elouahabi, Izuka Hoyle, Lauren Lyle; produzione: Arcade Pictures, BBC Film, Brock Media; origine: Regno Unito/Germania, 2024; durata: 118 minuti.

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